Le critiche di Villa e una suggestione: «Torna la Sei Giorni»

16.02.2023
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Uno dei grandi pregi di Marco Villa, tale da renderlo uno dei più acclamati e vincenti tecnici azzurri omnisport, è il fatto che, analizzando un evento, vada al di là dai successi e delle medaglie per mettere l’accento su quel che non ha funzionato. L’Italia a Grenchen ha portato a casa 7 medaglie, di cui ben 5 provenienti dalle discipline olimpiche (più che nell’edizione precedente di Monaco 2022), ma il cittì azzurro ha tenuto a fine manifestazione a sottolineare quello che servirebbe all’Italia per salire ancora di livello.

Villa ha messo il dito sulla piaga degli impianti. Montichiari dal 2018 (e neanche per tutto il tempo a seguire) è stato utilizzabile per gli allenamenti, ma non è regolarizzato a norma di sicurezza per l’organizzazione di gare e questo rappresenta un grave handicap nella preparazione invernale.

«Durante l’inverno Nazioni come Gran Bretagna o Danimarca fanno un’attività regolare – afferma il tecnico azzurro – allestiscono anche i campionati nazionali e quindi sono arrivate agli europei molto più rodate. Noi abbiamo bisogno che i ragazzi e ancor di più le ragazze facciano attività d’inverno, perché gli allenamenti sono una cosa, ma certi meccanismi li acquisisci solo gareggiando».

Il velodromo di Montichiari non è ancora agibile per le gare. Lo sarà per il prossimo inverno?
Il velodromo di Montichiari non è ancora agibile per le gare. Lo sarà per il prossimo inverno?
C’è possibilità che il nodo Montichiari possa essere sciolto in tempo per il prossimo inverno, per impostare nella maniera migliore la preparazione olimpica?

Ne ho parlato con il presidente Dagnoni che mi ha garantito che farà tutto il possibile per rendere l’impianto pienamente operativo. Ma non solo: abbiamo anche parlato – ed è sua ferma intenzione – di allestire a Montichiari una prova in più giornate. L’obiettivo sarebbe una vera Sei Giorni, ma magari anche avere 3 o 4 giorni di gare sarebbe utilissimo. E magari portare a Montichiari nei mesi freddi anche i campionati nazionali darebbe un motivo in più per partecipare. Non parliamo solo di impianti, infatti, perché il problema è più profondo.

In che misura?

Guardate l’edizione dei tricolori dello scorso anno a San Francesco al Campo: vedere gare di omnium con 10 corridori, una madison con sole 5 coppie fa davvero male, non rispecchia le potenzialità del nostro movimento. Non ho visto in quell’occasione un solo team under 23 che abbia portato un ragazzo a gareggiare. Inutile girarci intorno: è ancora un problema di cultura, la pista viene da molti dirigenti vista come un fastidio e questo è profondamente sbagliato.

Consonni è stato il grande protagonista di Grenchen, con 2 ori e 2 argenti
Consonni è stato il grande protagonista di Grenchen, con 2 ori e 2 argenti
Molti lamentano di non avere l’attrezzatura…

E’ un falso problema. Per i campionati giovanili, che si svolgevano a Noto e quindi non proprio dietro casa, abbiamo portato in Sicilia due pullmini pieni di bici e i meccanici della nazionale. Bastava fare richiesta e si poteva gareggiare con le bici appropriate e il giusto seguito tecnico. Il problema non è certo quello. Io penso che se potessimo fare attività invernale, quindi lontano dalla stagione su strada, ci sarebbero molte più possibilità, oltretutto per gli atleti sarebbe una perfetta aggiunta alla preparazione. CI stiamo muovendo in tal senso.

Nelle analisi post evento hai sottolineato come nelle specialità tecniche siamo stati deficitari in alcuni aspetti…

C’è una mancanza di abitudine a certi tipi di sforzo: in finali come quelle di Grenchen devi sopportare fatiche oltre il limite, la gara ti abitua ad affrontare quei 10″-15” dove devi tenere duro per fare la differenza. Nella gara della madison femminile ad esempio ho visto tanti errori, cambi sbagliati nella fase centrale nei tempi e nei modi, l’ultima volata fallita perché è mancato il cambio finale quando si poteva anche agguantare l’argento. Tutto ciò è normale, se non provi in gara ripetutamente. Nell’avvicinamento alle Olimpiadi bisognerà affinare i sincronismi e migliorare la tecnica se vorremo competere per le medaglie. C’è poi un altro problema…

Per Guazzini e Balsamo un bel bronzo nella madison, ma per Villa c’è ancora molto da lavorare
Per Guazzini e Balsamo un bel bronzo nella madison, ma per Villa c’è ancora molto da lavorare
Quale?

Per gareggiare nelle specialità serve che ragazzi e ragazze ottengano 250 punti Uci, ma durante la stagione su strada trovare il tempo per gareggiare su pista non è facile. Avere delle occasioni invernali risolverebbe la questione senza colpo ferire e darebbe la possibilità di affinare la pratica.

A proposito di errori, la finale del quartetto maschile a dispetto della vittoria ha mostra anche qualche errore. Che cosa hai detto ai ragazzi?

Quest’anno abbiamo con noi il Gruppo Performance che consente di rivedere ogni singola gara al video nel minimo dettaglio. L’abbiamo esaminata minuziosamente e ho mostrato loro quel che non è andato: con Lamon abbiamo deciso di cambiare qualcosa rispetto a Tokyo, ora fa due giri e mezzo di lancio invece di due, il che gli consente di spendere ancora qualcosa per lanciare il quartetto, ma chiaramente va a discapito della sua seconda parte di rilancio. Bisogna dargli il tempo per recuperare, ma a Grenchen non è stato fatto, perché Milan e Ganna non hanno cambiato nei tempi giusti. Bastava tirassero mezzo giro meno a testa e avrebbero dato a Francesco la possibilità di dare un secondo strattone prima di staccarsi. Sono cose che abbiamo rivisto con i ragazzi, per capire dove hanno sbagliato e che cosa fare le prossime volte.

Villa e il quartetto olimpionico: nella finale vinta non tutto è andato liscio
Villa e il quartetto olimpionico: nella finale vinta non tutto è andato liscio
Sei soddisfatto della trasferta elvetica?

Certamente, il bilancio è lusinghiero, soprattutto per i quartetti che servono per stabilire le quote di qualificazione per Parigi 2024. Io ribadisco: voglio andare in Francia con l’obiettivo di 6 medaglie, Consonni ha dimostrato che possiamo essere competitivi dappertutto. Ma dobbiamo lavorare tanto perché succeda.

Ora si riparte…

Domenica voliamo a Jakarta in Indonesia per la prima tappa di Nations Cup e per formare la nazionale ho avuto bei problemi. Basti pensare che per le ragazze avrò a disposizione solo Fidanza e Zanardi del gruppo di Grenchen, per il resto mi sono affidato alle under 23. In campo maschile toccherà a Lamon, Bertazzo, Scartezzini, Pinazzi e Boscaro correre il quartetto, anche Moro resta a casa per sfruttare la buona condizione su strada. Ma non andiamo certo per essere semplici comparse…

6 Giorni Rotterdam

Martinello: «Le Sei Giorni hanno bisogno di un rilancio»

12.11.2021
4 min
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Silvio Martinello è il detentore italiano del primato di successi nelle Sei Giorni, ben 28 su 99 corse, fra il 1989 e il 2002. Ha quindi vissuto l’ultima epopea dei grandi eventi in pista, delle serate che univano sport e mondanità perché il mondo delle 6 Giorni è qualcosa che va al di là del puro aspetto agonistico, spesso non era neanche quello principale: andare a una serata della Sei Giorni di Milano, cenare al tavolo guardando una gara dopo l’altra aveva un gusto simile a quello di una serata al Lido di Parigi…

Le cose sono da allora profondamente cambiate: la prossima settimana si disputa la Sei Giorni di Gand che forse è quella più prestigiosa rimasta in calendario, un’espressione del bel tempo che fu e in queste giornate il cuore di Martinello per certi versi sanguina, proprio pensando al passato: «Il circo delle Sei Giorni come lo conoscevamo è in grande difficoltà, direi in agonia e la causa affonda ai tempi del ciclismo malato: a cavallo del secolo l’epicentro dell’attività era la Germania, con le prove di Dortmund, Monaco, Berlino, Stoccarda. Lo scandalo doping che coinvolse la Telekom diede una frenata terribile all’intero ciclismo tedesco, che non si è più ripreso e anche il mondo delle 6 Giorni ne ha risentito, perdendo i suoi riferimenti».

Martinello e Villa (qui a Sydney 2000): nelle Sei Giorni hanno collezionato ben 16 vittorie in coppia
Martinello e Villa (qui a Sydney 2000): nelle Sei Giorni hanno collezionato ben 16 vittorie in coppia
Quali sono state le ripercussioni?

La mancanza di credibilità del ciclismo ha fatto scappare gli sponsor e gli organizzatori sono rimasti a corto di fondi: allestire una Sei Giorni è molto oneroso, non si tratta solo di pensare ai corridori, ma c’è tutto il contorno da curare, dove investire per avere un ritorno economico, dal catering agli spettacoli d’intrattenimento alternati alle gare. Se non hai fondi sufficienti non puoi fare niente.

Eppure una formula come quella in voga ai tuoi tempi avrebbe ancora riscontri, almeno in una società libera dal Covid…

Sicuramente, ma va considerato anche il fatto che perdurando la crisi delle Sei Giorni, vengono meno i personaggi ed è sempre più difficile coinvolgere i campioni della strada come avveniva ai miei tempi e prima, quando i Moser, i Saronni, i Gimondi non facevano mancare la loro presenza. Io spero che non sia una crisi irreversibile, anche se di appuntamenti importanti ne sono rimasti davvero pochi.

Viviani Keisse Gand 2018
Viviani insieme a Keisse a Gand nel 2018: la gara belga scatterà martedì ed è ormai la più famosa
Viviani Keisse Gand 2018
Viviani insieme a Keisse a Gand nel 2018: la gara belga scatterà martedì ed è ormai la più famosa
La televisione non potrebbe essere un veicolo per rilanciarle?

Anzi, secondo me è stata un danno e spiego il perché: in nome dell’audience televisiva i programmi delle Sei Giorni sono stati disegnati a suo uso e consumo, dimenticando che si trattava di gare di resistenza. Non dico che dovessero avere i regolamenti di una volta, nei quali un ciclista della coppia doveva sempre essere in azione, ma i programmi di gara erano più ricchi e diluiti nelle giornate, dalla mattina alla sera. Ora si concentra tutto quando c’è la Tv, è un’altra cosa che toglie fascino alla competizione. Poi c’è un’altra cosa…

Quale?

La Sei Giorni è una corsa che devi seguire dal vivo perché accade sempre qualcosa, magari non in testa alla corsa. Quando ho fatto il telecronista per Raisport ho capito quanto sia difficile cogliere da fuori ogni aspetto di una gara ciclistica, in una 6 Giorni è impossibile. Devo però dire che Eurosport ha il merito di seguire le poche gare rimaste, dà un contributo importante del quale gliene va dato atto.

Che tipo di gare erano quelle che disputavi tu?

Erano gare di resistenza pura. Ti trovavi a disputare una madison di 90 minuti, oppure una corsa di 100 chilometri e stavi in pista per ore. Si finiva quasi sempre alle 3 del mattino salvo alla domenica che gareggiavi solo al pomeriggio. Le gare a eliminazione erano sempre le più amate dal pubblico. Era un altro mondo, che rimpiango molto. Ora di quel mondo l’unica Sei Giorni rimasta è proprio quella di Gand, che fa leva su una sua cultura.

6 Giorni Milano 2004
Il parterre dell’ultima Sei Giorni di MIlano nel 2004, caratterizzato da un grande ristorante
6 Giorni Milano 2004
Il parterre dell’ultima Sei Giorni di MIlano nel 2004, caratterizzato da un grande ristorante
Che cosa bisognerebbe fare per rilanciarle?

Andrebbero innanzitutto ripensate, in base al ciclismo attuale. I rapporti che si usano oggi ad esempio erano impensabili un tempo. Io penso che se ben strutturate possano ancora avere un futuro richiamare anche grandi nomi. Pensate un momento a che cosa significherebbe avere il ritorno della Sei Giorni a Milano, con Viviani e Ganna: sarebbe un richiamo eccezionale, che andrebbe anche oltre i confini del ciclismo. Ma questo non basterebbe ancora: io credo che il movimento abbia anche bisogno di ricreare quel mondo di specialisti come erano un tempo Sercu, Pijnen, Fritz, Thurau, vedette che sapevano come coinvolgere il pubblico.

Non dimenticando che le Sei Giorni non sono solo un evento sportivo…

No, sono anche molto di più: gli organizzatori guadagnano soprattutto con l’indotto, dalle cene al merchandising, in Germania e nel Nord Europa in genere scorrono veri fiumi di birra. In Italia a Milano erano un appuntamento mondano quasi come andare alla Scala. Anche questo è un aspetto da considerare se si vuole rilanciare questo bellissimo mondo.