Vingegaard, Kuss e poi Roglic. Già sembra insolito che succeda alla Roubaix, figurarsi sulla cima del Tourmalet. Oggi alla Vuelta va così, con la Jumbo-Visma che domina e gioca con gli avversari. Qualcosa di mai visto, ma niente di strano, considerato il livello degli atleti in ballo. Negli ultimi due anni uno solo ha provato a contrastarli – Tadej Pogacar – che però non è alla Vuelta. E anche lui comunque negli ultimi due Tour ha dovuto chinare il capo.
L’altro grande favorito, Remco Evenepoel, è uscito di scena prima ancora che la tappa entrasse nel vivo e a pensarci bene è questa la vera notizia. Si è staccato con tutta la squadra a 90 chilometri dall’arrivo ed è arrivato dopo 27 minuti. Nei giorni scorsi la Soudal-Quick Step aveva escluso che stesse male, soprattutto dopo che era andato a casa Bagioli, vedremo che cosa verrà fuori stasera. Di sicuro doveva essere il giorno in cui scoprire le sue attitudini per le salite lunghe e stando al risultato, l’esame andrà quantomeno ripetuto. Anche per lui e i suoi 23 anni tuttavia, il livello di Vingegaard, Roglic e del sorprendente Kuss è ancora troppo alto. Ma quanto va forte Kuss, che ha fatto il Giro e anche il Tour?
Ayuso testa dura
Alle loro spalle ha provato a tenere alta la testa il solo Juan Ayuso, che di anni ne ha appena venti ed è stato il solo fra quelli del gruppetto di testa a provare una reazione. Sul traguardo c’è arrivato quarto a 38 secondi. Non abbastanza per sognare in grande, ma quanto basta per coltivare la possibilità di un piazzamento a ridosso dei marziani.
«Vanno forte davvero – dice Manuele Mori che ha seguito lo spagnolo dall’ammiraglia del UAE Team Emirtates – non c’è niente da dire, ma anche Ayuso va forte. Rischiano di far primo, secondo e terzo, anche perché Juan è rimasto uno contro tre, purtroppo. Almeida invece sta prendendo l’antibiotico, perché da due giorni non si sente bene. Da dopo la crono ha iniziato a combattere col mal di gola. Se c’era lui, per la gamba che aveva, era lì di sicuro e allora eravamo in tre contro tre. E poi al conto della sfortuna, va aggiunta la caduta di Jai Vine. Ma adesso bisognerà cercare di inventarsi qualcosa, anche se non è facile. Ayuso sta bene, due giorni fa è caduto pure lui e oggi l’ha sentita. Però è l’unico che ci ha provato, gli altri stavano passivi. Dispiace anche per Remco, non se lo aspettava nessuno. Lui poteva essere un valido alleato…».
La resa di Remco
Nei primi minuti dopo l’arrivo, il belga non ha trovato la voglia di parlare e lo si può ben capire. In ogni caso il suo carisma di leader è stato confermato dal fatto che tutti i compagni gli siano rimasti intorno, a conferma del fatto che se anche la classifica è persa, si lotterà per altri risultati. Sempre sperando che Remco non prenda la palla al balzo per lasciare la compagnia.
«Ovviamente siamo delusi – ha detto Pieter Serry – Remco ha avuto una brutta giornata, non c’è certamente nulla di cui vergognarsi. Ha vissuto una stagione fantastica, solo perché non ha reso oggi non significa che non ci riuscirà in futuro. Ha dato una spiegazione? Non proprio. Mi ha semplicemente chiesto scusa”. Cos’altro dovrebbe dire? Se non va, non va. L’intenzione ora è girare l’interruttore e provare a vincere un’altra tappa. Questa finora è sempre stata la mentalità nella nostra squadra».
«Non c’è molto da dire su questa tappa – ha aggiunto il diesse Klaas Lodewyck – è stata semplicemente una brutta giornata per Remco: non era malato né ferito. E’ un peccato, ma può succedere. Il ciclismo non è correre su un simulatore, siamo tutti esseri umani. Stasera ci siederemo tutti insieme, valuteremo cosa è successo e troveremo nuovi obiettivi per il resto della gara».
La dedica di Vingegaard
Ben altro sentire nel clan dei vincitori, con le strade francesi che restano favorevoli a Vingegaard, commosso e sfinito dopo l’arrivo. Dominati gli ultimi due Tour, il danese è venuto a prendersi una vittoria sul Tourmalet, su cui la Vuelta ha sconfinato. Questa volta però non ci sono state scene di abbracci familiari dopo l’arrivo ed è proprio lui a spiegare il perché.
«Questo è il posto migliore – ha sorriso Jonas – per la mia prima vittoria di tappa alla Vuelta. Ha reso la giornata ancora migliore. Sono così felice perché oggi è il compleanno di mia figlia e volevo vincere per lei. Sono felice, questa è una vittoria per Frida. Il nostro piano era di guadagnare tempo quando se ne fosse presentata l’opportunità e anche questo ha funzionato. E’ stato anche meglio di quanto avessimo previsto».
La grinta di Uijtdebroeks
In questa sorta di antologia di voci dal Tourmalet, non si può non sottolineare anche la prestazione di Cian Uijtdebroeks. Il giovane belga, quinto all’arrivo, ha vent’anni come Ayuso che l’ha preceduto e nel 2022 ha vinto il Tour de l’Avenir: non è sempre immediato riuscire a confermarsi a certi livelli.
«Mi sono sentito benissimo fin dall’inizio – ha detto – e sull’ultima salita è come scattato un interruttore. Non ho pensato più a niente e ho cercato di tenere duro il più possibile. Seguire Vingegaard non era possibile, sarei scoppiato. Quindi ho semplicemente provato a stare con gli altri. Quando ho ricevuto la notizia che Vingegaard e compagni avrebbero partecipato alla Vuelta, ho pensato che la classifica fosse un capitolo proibito, ma è fantastico aver potuto partecipare a questa tappa. Le gambe mi fanno male, soffro di piaghe al soprassella, ma la testa sta benissimo. E’ un processo di apprendimento fantastico».