Prendi Sagan e arriva il mondo. Jean René Bernaudeau deve averlo pensato quando, ottenuta la firma dello slovacco, si è trovato davanti alla porta di casa anche Daniel Oss e Maciej Bodnar, il direttore sportivo Jan Valach, l’addetto stampa Gabriele Uboldi, le bici Specialized (non solo quelle di Peter, ma la dotazione per tutta la squadra) e l’abbigliamento Sportful. Neanche Amazon avrebbe garantito una consegna così. E poco importa che il Team TotalEnergies non sia una squadra WorldTour. I francesi sono stati fra i primi a mettersi sulle tracce di Peter e il loro progetto è quello che più lo ha convinto. A cominciare dalla richiesta esplicita di divertirsi.
«La cosa più importante – dice Sagan – non è lo stato attuale della squadra, ma cosa ne faremo. Bernaudeau vuole salire di livello e io mi assicurerò di aiutarlo. Anche la Bora quando arrivai era una piccola squadra…».
Una micro azienda
Si capisce subito dalle parole di Bernaudeau che il mondo Sagan sia qualcosa fuori dall’ordinario. I due, ha raccontato Peter, si conobbero casualmente al Tour di tre anni fa, a una festa organizzata dal team francese, con ostriche, barbecue e un buon clima.
«In questo ciclismo moderno ed estenuante, che porta i corridori all’esaurimento – racconta Bernaudeau a L’Equipe – Peter cerca di preservare se stesso. Ha creato intorno a sé una sorta di micro impresa, con persone molto vicine, che gli permette di essere felice. Anche la sua visione del ciclismo è particolare. Quando l’ho incontrato nella sua casa di Monaco, mi ha chiesto quasi intimorito, se potesse partecipare a eventi gravel. “Ma certo!”, gli ho risposto, divertirsi è la chiave per continuare. E’ un nuovo mercato legato all’ecologia, alla mobilità urbana, al piacere che io e lui stiamo cercando. Questo aprirà nuove porte. Certo che sarà autorizzato, a partire dal 2022, a variare il suo calendario e inserire nel suo programma alcuni eventi gravel e mountain bike».
Bici e divertimento
Più dei soldi, che ovunque fosse andato sarebbero stati garantiti anche dagli sponsor, l’apertura mentale di Bernaudeau ha convinto “Peterone” di aver fatto la scelta giusta.
«Quando Jean René è venuto a trovarmi a Monaco qualche mese fa – racconta – ho capito subito che saremmo andati d’accordo. E’ serio e divertente allo stesso tempo. Mi ha detto: so che i corridori hanno bisogno di divertirsi, devi saperti divertire nel ciclismo oggi, è una delle chiavi del successo. C’è molto lavoro dietro, certo, non mi spaventa. So mettermi in gioco ed essere serio quando necessario, ma questo discorso mi è piaciuto molto. Questa è la prima volta che un manager mi chiede di divertirmi…».
Pressione crescente
Sono le stesse parole tirate in ballo da Bernal e da Valverde, da Viviani e Aru, Dumoulin e Cavendish. Divertirsi, la sola chiave per sopravvivere allo stress. Lo sport professionistico non si ferma davanti a niente e schiaccia i suoi attori principali senza interrogarsi se in realtà non sarebbe più lungimirante preservarli meglio.
«Il ciclismo – spiega Peter – è cambiato molto negli ultimi anni. La pressione è diventata enorme all’interno delle squadre. E’ uno sport sempre più esigente con un approccio quasi scientifico. Ma soprattutto si è evoluto l’aspetto extra sportivo, non potete immaginare tutto quello che si deve fare oltre ad andare in bici, i piccoli dettagli da affrontare. E poi ci sono gli affari. Fare il corridore è un lavoro a tempo pieno e a volte può essere pesante. Sono stato in questo business abbastanza a lungo da sapere come affrontare tutto questo, ma per i giovani può essere molto difficile psicologicamente. Poi so da me che la la pressione continuerò a mettermela da solo. Ho sopportato molte aspettative da quando sono diventato professionista e continuare a fare al meglio il mio lavoro è parte della mia responsabilità. Raggiungere risultati, premiare l’investimento degli sponsor e la fiducia della squadra…».
Classiche e Giri
Nonostante l’apertura per un ciclismo… alternativo, ancora tutto da pianificare, Sagan fa capire chiaramente che la priorità sarà per le corse su strada.
«Le classiche, le tappe, le classifiche a punti dei grandi Giri – dice – devo occuparmi di recuperare dal mio infortunio e finire la stagione con la Bora perché ci sono i mondiali e la Parigi-Roubaix in arrivo. Poi continuerò a puntare a ciò per cui sono stato creato. Quando mi sono ritirato dal Tour, il caso ha voluto che la Bora alloggiasse nello stesso hotel della TotalEnergies e così ne ho approfittato per conoscere meglio alcuni dei futuri compagni e tutto il personale.
«Avevo già parlato con Edvald Boasson Hagen di Anthony Turgis, che avevo visto andare forte al Nord. E’ un grande corridore, saremo in grado di fare grandi cose insieme. Sarà tutto una grande scoperta. Ho iniziato in squadre italiane, poi sono passato alla Tinkoff e alla Bora. Nella TotalEnergies ci sono pochi stranieri e soprattutto una forte identità francese. Sarà bello partecipare al Tour in una squadra nazionale. Ne approfitterò anche per imparare finalmente il francese».
Il Team Peter
Infine un cenno per il Team Peter, la micro impresa di cui parla Bernaudeau, che permette allo slovacco di non perdere i suoi riferimenti e che ben conosciamo da anni.
«Ho iniziato la mia carriera con questi ragazzi, nel 2010 alla Liquigas – dice Peter – e il destino ci ha fatto incontrare alla Bora. Oss e Bodnar sanno come posizionarmi mentre mi avvicino agli sprint. Mi fanno stare meglio. Probabilmente anche alcuni giovani sarebbero in grado di farlo, ma la mia fiducia in Daniel e Maciej è totale e solo il tempo può costruire un rapporto del genere. Alla TotalEnergies arriverà anche Jan Valach, un direttore sportivo che conosco da quando avevo quindici anni. E’ il mio uomo di fiducia, quello con cui parlo prima e dopo ogni gara. Mi ha permesso di vincere tre titoli mondiali, ma è anche uno che mi ha aiutato molto nella mia vita privata, cose che non c’entrano niente con la bici. E’ un amico indispensabile».