Quando Giorgia Bronzini ha parlato del Giro Rosa, la diesse piacentina della Trek-Segafredo non ha usato mezzi termini: un errore tirarlo via dal calendario WorldTour, dopo tutto il lavoro fatto da Rivolta nel 2020, se la motivazione è l’assenza della diretta. Il discorso merita un approfondimento. La produzione di immagini è ritenuta dall’Uci come il modo di esportare il ciclismo femminile in tutto il mondo. Il guaio è che nel frattempo il Covid ha cambiato le priorità, per cui nell’organizzare una gara come il Giro, soprattutto lo scorso anno è stato necessario destinare risorse importanti all’aspetto sanitario. Mentre altre corse hanno preferito rinviare al 2021.
Rivolta risponde
Giuseppe Rivolta del Giro Rosa è l’organizzatore da anni e con atteggiamento fatalista preferisce soffermarsi sui messaggi di solidarietà ricevuti, piuttosto che mostrarsi offeso.
«Tante squadre – dice – ci hanno scritto dicendo che sono dalla nostra parte e che l’Uci ha sbagliato. Personalmente non sono d’accordo sul fatto di essere obbligati a produrre 45 minuti di diretta ogni giorno. Potrei rivolgermi a qualche emittente minore, ma ritengo che la finestra di 15 minuti che la Rai ci dà all’interno del Tour de France sia anche meglio. A qualcuno dà fastidio che andiamo in onda durante il Tour?».
WorldTour di fatto
Sta di fatto che essendo passato con la sua corsa fra le Pro Series, Rivolta ha ricominciato a fare i sui conti.
«Abbiamo l’obbligo di avere al via almeno 4 squadre WorldTour – dice – ma io penso che ci saranno tutte e nove. Inviterò 24 gruppi sportivi a fronte di 38 richieste. Mi dispiace per chi resterà fuori, ma abbiamo un numero massimo di atlete».
Quanto è stato complicato mettere in strada il Giro nel 2020?
Complicatissimo, ma l’Uci non ha capito quel che abbiamo passato. Quest’anno sarà più facile? Bella domanda, sarà lo stesso, nel momento in cui si parla di terza ondata del Covid. Eppure, a titolo personale, penso che alcune regole imposte dalla pandemia non siano tutte negative. La necessità di creare una bolla e di conseguenza degli spazi in cui le ragazze stiano da sole senza interferenze è qualcosa che potrebbe benissimo rimanere.
Però se non altro questa volta sapete cosa fare…
Abbiamo già provato tutto l’anno scorso e abbiamo anche fatto un bel lavoro. Non abbiamo avuto un solo caso Covid.
Il percorso è pronto?
Quasi tutto definito. Si parte dal Piemonte e in 10 tappe si arriva in Friuli. Tutto al Nord, dopo che lo scorso anno abbiamo fatto il Sud.
Sa che Lizzie Deignan ha proposto che il Tour abbia 3 settimane come quello degli uomini?
Qualche anno fa pensammo di fare 12-13 giorni di gara, con un riposo nel mezzo. Immaginare però ora un Giro oppure un Tour di 3 settimane mi sembra eccessivo, ma se il livello continuerò a salire, potremo riparlare.
Il livello delle atlete sale, dunque?
Sale tantissimo. Nel 2002 avevamo 140 partenti e 15 che davvero facevano la corsa. Oggi quelle che corrono davvero sono 95. Mentre ad esempio sullo Zoncolan partimmo in 133 e arrivammo in 133: un risultato ottimo.
Anche il movimento sembra più solido.
Tanto, quanto a organizzazioni e società. Qualche squadra italiana viaggia ancora a velocità ridotta, ma principalmente per problemi di budget.
Spenderete di meno fuori dal WorldTour?
Pagheremo 1.000 euro alle squadre WorldTour, anziché i soliti 2.000. Ne faranno loro le spese. Ho parlato con Bronzini e Guercilena e il Giro resta il Giro. Se poi il Tour avrà la capacità di farci lo sgambetto, che cosa potrò dire?
Fa paura il Tour?
Benvenga, ma mi piacerebbe trovare un calendario diverso. Pare che il Tour delle donne inizierà alla fine di quello degli uomini, quindi ad agosto. Mi piacerebbe fare lo stesso col Giro: prima loro e dopo noi. Sarebbe davvero una buona cosa e anche i tifosi non avrebbero quel senso di vuoto di quando la corsa finisce. In più ci sarebbero nel mezzo quasi 40 giorni prima del Tour per ricaricare le batterie