Si rivede Schachmann, alla ricerca del tempo perduto

28.07.2023
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Al Tour non c’era e la cosa per certi versi poteva risultare sorprendente. D’altronde la stagione di Maximilian Schachmann procede un po’ così, a sobbalzi, lontana da quei picchi a cui il tedesco della Bora Hansgrohe aveva abituato. Non dimentichiamo che parliamo di un corridore protagonista assoluto nelle classiche e nelle brevi corse a tappe, due volte primo alla Parigi-Nizza, capace di lottare alla pari con i “mammasantissima” come Pogacar e Van Aert.

Il suo nome è rispuntato fuori proprio mentre si correva sulle strade francesi. Schachmann ha dovuto ripiegare sulla Romania, sul Sibiu Cycling Tour dove è tornato a svettare, cogliendo la vittoria che gli sfuggiva ormai da un paio d’anni. E che certamente influiva sul suo umore, sulla sua voglia di ripresa.

La vittoria solitaria nella terza tappa della corsa di Sibiu. Un successo atteso due anni (foto organizzatori)
La vittoria solitaria nella terza tappa della corsa di Sibiu. Un successo atteso due anni (foto organizzatori)

«Ovviamente – ammette il corridore di Berlino – non sono contento della mia stagione. A inizio primavera ho preso un virus che mi ha fatto stare fermo 6 settimane: ero in procinto di esordire e ho visto tutto cancellato. Davvero un pessimo inizio. Così sto ancora cercando di tornare al mio vecchio livello, ma non è facile viste le premesse».

Quanto è stata importante, soprattutto dal punto di vista morale, la vittoria di Sibiu?

E’ sempre bello vincere di nuovo una gara ciclistica. Non era certamente la più grande corsa dell’anno, ma tagliare il traguardo per primo non è mai facile. E’ stato bello per la sensazione, ma c’è ancora molto lavoro da fare, per tornare quello che voglio essere.

Per il tedesco due anni di grandi sofferenze, che hanno incrinato il suo sorriso
Per il tedesco due anni di grandi sofferenze, che hanno incrinato il suo sorriso
Nel 2019 avevi vinto 7 corse ed eri stato grande protagonista nelle classiche. Al di là dei tuoi risultati successivi, pensi che gli anni del Covid abbiano un po’ frenato la tua crescita?

Sì, questo è certo. Nel 2021 non ero certamente andato male, anche nelle classiche avevo fatto belle corse come il terzo posto all’Amstel. Poi nel 2022, in primavera ho avuto il Covid e poi ho avuto un altro virus e in estate di nuovo il Covid e quest’anno in primavera ancora un virus. Insomma, non è la maniera migliore per affrontare una carriera. Mi dispiace perché d’inverno sembrava che pian piano le cose stessero tornando a posto e prima della Parigi-Nizza mi sentivo bene, ma tutto è andato in fumo e stavo davvero molto male. E’ vero che sono incerti del nostro mestiere, ma mi pare di aver un po’ ecceduto nella sfortuna…

A proposito di Parigi-Nizza, qual è la tua dimensione ideale, nelle corse d’un giorno o nelle corse a tappe come quella transalpina?

E’ difficile da dire. Ovviamente ho vinto due volte la corsa francese, quindi è stato davvero bello, ma anche nelle classiche sono andato spesso bene e mi trovo a mio agio. Non saprei dare una risposta netta. Mi ritengo un corridore versatile.

La Parigi-Nizza era quasi diventata il suo regno: due vittorie di fila, nel 2020 e 2021
La Parigi-Nizza era quasi diventata il suo regno: due vittorie di fila, nel 2020 e 2021
Ti dispiace non essere stato al Tour de France? Visto il percorso pensi che avresti potuto essere protagonista al fianco di Hindley?

Non è mai bello perdere la più grande gara ciclistica del mondo, ma penso che sia stata la decisione giusta quest’anno. Penso che rimanere a casa sia stato importante, fare un passo indietro e provare ad essere più cauti e prudenti durante questa stagione per ritrovare la stabilità. Per certi versi, mi vedo già proiettato verso il 2024, anche se non mancheranno occasioni da qui a fine stagione, ma vorrei finalmente affrontare una stagione dall’inizio senza intoppi.

Tu hai 29 anni e sei nel WorldTour dal 2017, con un contratto già firmato per il prossimo anno. Pensi che questo ciclismo logori e sarà sempre più difficile superare i trent’anni ai massimi livelli?

Penso che prima di tutto quello che conta sia riuscire a fare grandi prestazioni in ogni gara, perché il ciclismo attuale non perdona nulla. Devi essere sempre al massimo e non puoi pensare di affrontare una corsa solo in preparazione, con una forma non brillante. Corridori che oltre i trent’anni sono ancora ai massimi livelli ci sono, Roglic tanto per fare un nome. Se i giovani di oggi, la generazione dei Pogacar e quella dei Rodriguez riusciranno a fare altrettanto è difficile da dire, forse sì o forse no. Penso che questo sia qualcosa che potremo capirlo solo con il tempo.

Nelle Ardenne, Schachmann è molto popolare, per le sue prestazioni a Freccia e Liegi
Nelle Ardenne, Schachmann è molto popolare, per le sue prestazioni a Freccia e Liegi
Tu sarai al mondiale di Glasgow: quel percorso ti piace?

Io resto dell’opinione che sia una gara nella quale emergeranno ruote veloci e resistenti: io ho buon fondo, ma la velocità non è una mia caratteristica. E’ comunque una gara lunga e difficile e penso che il clima possa giocare un ruolo importante. Sarà fondamentale vedere il percorso, poi potremo farci un’idea della strategia e dei ruoli di ognuno.

Tu hai avuto finora una carriera molto importante e vincente, ma c’è un sogno che vorresti ancora raggiungere?

Onestamente, a questo punto della mia carriera e visto quel che è successo, la cosa più importante per me è tornare al successo, a un successo di valore ossia in una categoria importante. Solo poi penserò ai grandi obiettivi. Ma in questo momento, per me, quel che conta è tornare a un livello molto alto e costante.