Continua il nostro viaggio nel mondo dei procuratori. Dopo aver ascoltato il parere di Alex Carera, ci siamo rivolti ad un altro procuratore di lungo corso, Raimondo Scimone. A lui abbiamo rivolto sostanzialmente le stesse domande del suo collega. Abbiamo gettato sul piatto della discussione lo stesso argomento, vale a dire come viene stabilito il valore di un corridore.
Età fondamentale
Scimone ha iniziato questo mestiere all’inizio degli anni 2000, i primi contatti con il ciclismo sono del 1999 ma effettivamente opera da vent’anni.
«Come si stabilisce il valore di un corridore? Ah, che domandona! Non è un argomento da poco – scherza Scimone – Il valore di un corridore è chiaramente soggettivo e varia da atleta ad atleta. Il primo parametro che mi viene in mente è l’età, soprattutto in questo periodo in cui le squadre vanno alla ricerca dei giovani.
«È tutto più esasperato. Mi verrebbe quasi da dire che i giovani non hanno più diritto alla gioventù visto che vengono richiesti appunto giovani, esperti, già formati e forti».
«Con la ricerca di giovani questi assumono più valore. E’ anche più facile che un ragazzo di buone prospettive guadagni di più rispetto ad un corridore che già è professionista da 10 anni. Penso ad un atleta di sostanza, che magari non vince moltissimo ma che è sempre presente e ad un neopro’ che ha fatto intravedere qualche risultato. Oggi si ragiona moltissimo in prospettiva».
Velocista, passista o scalatore?
Anche per par condicio con Scimone abbiamo, come detto, impostato l’intervista sullo stesso binario di Carera, qualche differenza però c’è. E con Raimondo infatti il discorso del valore dell’atleta passa anche dalla tipologia del corridore stesso.
«Oggi il mondo dei professionisti è pieno di passisti veloci. Si sentono moltissimi corridori dire: “Tengo bene, sono veloce, la volata di gruppo non la vinco, ma posso regolare un gruppetto di 20-25 atleti”. E questa tipologia è ancora più frequente nel ciclismo “anglosassone” e per anglosassone intendo un po’ tutto il resto d’Europa tolta la Movistar. Questo per dire che uno scalatore lo “vendo” meglio di un passista, per il semplice fatto che sul mercato ce ne sono di meno».
«Almeno personalmente, ho meno difficoltà nel piazzare lo scalatore piuttosto che il passista veloce. Poi è chiaro che se lo scalatore ha zero vittorie e solo un paio di piazzamenti e il passista veloce ha 12 vittorie, forse riesco a venderlo bene ugualmente. In più bisogna considerare che oggi una figura come lo scalatore puro emerge del tutto solo su salite estreme come il Mortirolo o lo Zoncolan».
«Penso per esempio a Matteo Fabbro, guardando ai corridori di “casa mia”. Dopo un periodo di apprendistato, è venuto fuori lo scalatore che c’è in lui, soprattutto dopo gli ultimi due Giri d’Italia. Matteo però prima ha dovuto guadagnare qualcosa sul passo e in consistenza in generale, e solo successivamente è potuto tornare a valorizzare la sua caratteristica di scalatore. Nella valutazione quindi bisogna considerare anche situazioni simili».
I “microparametri”
Lo scalatore si piazza meglio dunque. Il che non fa una piega, è il classico discorso della domanda e dell’offerta.
Scimone poi chiarisce anche che parliamo di corridori bravi. Ci si riferisce quindi ad uno standard medio-alto. Il corridore scarso generalmente dopo il primo contratto non trova più una collocazione, mentre il fenomeno la squadra la trova “da solo”.
«Lo scalatore vale più del passista veloce – riprende il procuratore – Poi dipende anche da dove va e qui entrano in gioco quelli che io chiamo i “micro sottoparametri”, vale a dire quelle caselle che quel team deve riempire. Se per esempio ad una squadra manca il passista veloce magari te lo paga un po’ di più».
«Un altro di questi parametri è la mentalità del risparmio. C’è quel team che è più esposto a questa dinamica e chi invece bada più al sodo e colma quel gap (lo stipendio del corridore, ndr) un po’ più facilmente.
«Faccio un esempio: un cronoman è conteso fra due team, ma per questa serie di “piccoli motivi” o semplicemente perché necessita di un cronoman appunto, da una parte questo corridore prende 100.000 euro di più che dall’altra. Quindi a volte sono anche le esigenze di spogliatoio a determinare la valutazione di un atleta».
Scouting in prima persona
È curioso poi anche capire come avviene l’approccio fra procuratore e corridore. Chiaramente ognuno ha i suoi metodi. Noi ci immaginiamo il procuratore che va alle corse e si avvicina al ragazzo che lo ha colpito con la sua azione sul campo.
Per esempio, avevamo visto che Alex Carera aveva una sua rete di talent scout e lui stesso poi osservava i files di ordini d’arrivo e palmares.
«Io – riprende Scimone – non ho questa rete definita di talent scout. L’approccio lo faccio da me, anche per questo motivo ho meno atleti rispetto ai Carera. Ascolto il passaparola soprattutto dei corridori che già seguo. Ho dei rapporti con dei direttori sportivi, con questo o con quel team… Parlo con loro chiaramente e poi sgomitiamo con gli altri procuratori!».
«La categoria che inizio ad osservare è quella degli juniores, gli allievi assolutamente no – ribatte secco Simone – è anche vero però che anni fa dicevo tutto ciò degli juniores e adesso invece si va a pescare proprio lì».
«In questa categoria (juniores, ndr) i ragazzi non hanno una maturità fisica e neanche psichica. Tutto può cambiare in breve tempo. E anche in corsa spesso si vedono strategie scriteriate. Quindi ancora di più non mi sento di approcciare gli allievi. Poi è anche vero che se il De Marchi della situazione (suo assistito, ndr) ha un fratello che corre negli allievi e mi dice: “Raimondo, voglio che lo segui te”, un occhio glielo dò. Ma è tutt’altra tipologia di approccio».
I primi stipendi
Il procuratore è una figura molto importante per il corridore, cura i suoi interessi e il più importante è chiaramente quello dello stipendio. Ma quando si inizia lavorare con corridori così giovani, come gli juniores, quando percepisce la sua percentuale il procuratore? Prende qualcosa già da quando gli trova squadra fra gli U23?
«Prima di tutto – conclude Scimone – io vorrei che il corridore non vedesse il procuratore come una figura che incide nel suo bilancio e basta. Io dedico del tempo e del denaro per portarlo al professionismo. Poi da lì chiaramente anche io inizierò a guadagnare.
«Prima di arrivare ai professionisti non percepisco nulla dal mio assistito. Chiedo, parlo, e mi muovo presso i team con cui ho più confidenza, ma nella trattativa non metto bocca. E addirittura anche dopo essere arrivato al professionismo, se quell’atleta non raggiunge un livello economico soddisfacente io non prendo nulla. Ognuno ha il suo metodo».