Certe cose non cambiano, neanche se sei un campione olimpico. E’ stato bello vedere qualche giorno fa Jonathan Milan allenarsi con la sua vecchia squadra, il Cycling Team Friuli. Un’immagine di tradizione appunto, di amicizia e di semplicità.
Il gigante della Bahrain Victorious è uscito i giovani ragazzi che in qualche modo hanno preso il suo posto nella squadra di patron Roberto Bressan. Intendiamoci, non che Jonathan sia vecchio! Anzi.. però in gruppo quel giorno era il più esperto. Magari poteva raccontare qualche storia, una di quelle che ammaliano: le Olimpiadi, la vita con i campioni, le lunghe trasferte per il mondo…
Jonathan, fa un po’ strano, no? Tu che sei ancora super giovane l’altro giorno in quell’uscita coi tuoi ex compagni del CTF eri “il vecchio”…
Ora che mi ci fate pensare è così! In effetti è un po’ strano, però è anche bello vedere questi ragazzi crescere. Così come è bello uscire con mio fratello Matteo.
Ti hanno fatto qualche domanda particolare, ti hanno strappato qualche curiosità?
Quando si esce insieme si parla sempre del più e del meno. Magari ci si confida sugli obiettivi della stagione. Sì, qualche domanda me l’hanno fatta, ma più sul programma, sulla preparazione, sulla posizione da migliorare… ma sono più discorsi che domande. Semmai mi chiedono di altri corridori, a cominciare da Sonny (Colbrelli, ndr), Mohoric, Caruso…
E delle Olimpiadi ti hanno chiesto qualcosa?
No, perché con tanti di loro ci avevo già parlato, mentre i nuovi arrivati non mi hanno fatto domande su Tokyo.
Eri sempre tu in testa a tirare o giravate tutti “ad armi” pari?
Tutti ad armi pari! Anche perché girano forte questi ragazzi. Anzi, sin troppo per questo periodo. Infatti gli dicevo sempre: “Tranquilli ragazzi!”
Il CTF è una doppia casa per te: vieni da quel team e in più adesso è la giovanile della Bahrain. Ti hanno chiesto qualcosa su come funzionano le cose in prima squadra?
Qualcosa sul ritiro. So che i ragazzi adesso faranno un piccolo training camp a gennaio, ma non sono sicuro se verranno in Spagna nel nostro stesso hotel, anche se penso di sì. A me piacerebbe sinceramente, perché penso sia una cosa formativa per loro. Ripenso a quando ero io al loro posto. Vedono i ragazzi più grandi, vivono un ambiente differente, si confrontano con una realtà di alto livello che li vuole fare crescere. Cose che poi, è giusto ricordare, ha sempre fatto anche il CTF. Questo connubio con la mia squadra li porterà ad un livello più alto. E infatti devo dire che sono davvero contento che le mie due squadre si siano legate in qualche modo.
Secondo te quanto ha contato Jonathan Milan per questa unione?
Oddio, non saprei. Ma non penso più di tanto. Tanti ragazzi sono passati prima di me… E poi ci sono le persone del team, la voglia e l’amore che ci mettono per portare avanti la squadra. La passione… Perché è un grande impegno. Credo sia merito della loro competenza.
Invece a livello pratico come nasce un’uscita simile?
Abbiamo una nostra chat, ma comunque quando esco con loro non sono mai l’unico pro’. Spesso si aggiunge qualcun altro, tra cui il “Dema”, Alessandro De Marchi, che tra l’altro è uno di quelli che studia il giro da fare, gestisce l’allenamento… a lui chiedono i consigli! Comunque, ci sentiamo, in linea di massima sappiamo che loro partono dalla “casina” di Udine alle 9-9,30. Noi partiamo da Buja, più o meno alla stessa ora e ci veniamo incontro. C’è uno stradone che collega Buja ad Udine e li ci incrociamo. Io poi se non rispondo a questa chat, chiamo mio fratello e mi aggiorno tramite lui.
La sosta Coca Cola si fa?
Nei giorni di scarico con loro l’ho sempre fatta. Altre volte meno. Poi spesso capita che esca da solo in quanto ho dei lavori totalmente diversi da fare. Magari ho la palestra al mattino o degli specifici. Quel giorno però abbiamo fatto, se ben ricordo, 147 chilometri e 2.800 metri di dislivello a un po’ più di 29 di media oraria. Almeno io sono tornato a casa con questi numeri.
Prima hai detto: «C’era anche mio fratello, è stato bello». Come funziona con lui? In quel caso ti ritrovi a fare la chioccia? Lo riprendi?
No, no… i ragazzi devono divertirsi. Sono io il primo che chiacchiera. Poi non mancano gli scattini qua e là. L’importante è che quando arriva il momento di fare il lavoro ci si impegni. Ci vuole serietà. E mio fratello, come gli altri ragazzi, è serio. Certo, se devo dire qualcosa a Matteo, dargli qualche dritta gliela do. E lui il più del più delle volte le accetta.