Dopo cinque anni rieccoci alle prese con la gara olimpica. Domani, nella notte italiana (alle 4), prenderà il via la gara in linea maschile ai Giochi di Tokyo. Sappiamo che il percorso è duro okay, ma quanto? Come saranno distribuiti gli oltre 230 chilometri previsti? Dai nostri ragazzi che hanno effettuato il sopralluogo in questi ultimi giorni il giudizio che è arrivato è stato unanime: tracciato molto duro, reso ancora più tosto dal caldo, dall’afa e da questo Mikuni Pass.
Un rendering del Musashinonomori Park, sede di partenza L’uscita da Tokyo…
Un rendering del Musashinonomori Park, sede di partenza L’uscita da Tokyo…
Numeri da tappone alpino
Vediamo quindi il tracciato nei suoi numeri e nella distribuzione delle difficoltà altimetriche. Da affrontare ci sono 234 chilometri e 4.865 metri di dislivello, in pratica un tappone alpino. Si parte dal Musashinonomori Park, nel quadrante occidentale di Tokyo, uno di quei parchi che nel periodo dei mandorli in fiore è una vera perla, e si arriva all’autodromo Fuji International Speedway, a circa 120 chilometri a sudovest della capitale giapponese.
In tutto ci sono da affrontare cinque Gpm ma dalle voci che giungono da chi è sul campo, pare non ci sia pianura. Una di queste voci è quella di Evenepoel. «Non solo ci sono tante salite nella seconda parte, ma non c’è un metro di pianura in tutta la corsa. Neanche nella prima parte. E non me lo aspettavo», ha detto Remco ad una tv belga.


Pianura questa sconosciuta
I primi 70-75 chilometri sono quindi molto nervosi ed ondulati. Un saliscendi che potranno “spianare” la strada ad eventuali attacchi di coloro che vorranno approfittare di questa vetrina planetaria. Gente con buone gambe, ma che magari corre da sola. Nomi tipo: Sepulveda dell’Argentina, Riabuschenko della Bielorussia, Amador della Costa Rica. Ma magari scatta subito una gara tattica ed ecco che in fuga ci entra anche uno dei nostri, un belga, un colombiano… E’ da vedere.
Chiusa questa prima parte ondulata, al chilometro 70 inizia la prima vera scalata: la Doshi Road. Forse è la più facile di quelle in programma. Questa misura 5,9 chilometri e ha una pendenza media del 5,7 per cento. Dalla vetta, che si raggiunge tramite un tunnel, però non si scende e si resta un po’ in quota (siamo sui 1.100 metri) dove l’afa dovrebbe essere meno persistente. Ancora strappi, il breve Kagosaka Pass (circa 2,5 chilometri) e poi si scende verso la valle del Fuji. A questo punto siamo esattamente a metà corsa.
Questa fase intermedia, che su carta sembra pianeggiante, ma che in realtà non lo è, è il momento buono per iniziare a fare la conta: riordinare le idee, vedere chi c’è e chi non c’è e come girano le gambe.
Discese veloci e quasi mai troppo tecniche Tanti strappi e dossi lungo tutto il tracciato, qui gli olandesi in ricognizione
Discese veloci e quasi mai troppo tecniche Tanti strappi e dossi lungo tutto il tracciato, qui gli olandesi in ricognizione
Il Fuji e la parte centrale
Al chilometro 128 inizia la salita simbolo di questa gara olimpica: il Monte Fuji, che tra l’altro con i suoi 14,3 chilometri è la più lunga di giornata. Si tratta però di una salita pedalabile, almeno stando alla pendenza media (6%) ma bisognerà vedere se è anche regolare. I nostri dal Giappone hanno parlato spesso di rampe. Si scollina ad oltre 1.400 metri di quota.
La discesa (quasi 20 chilometri) porta poi in una lunga fase intermedia, davvero molto pericolosa a livello tattico. Un lungo segmento frammentato, di oltre 25 chilometri che porta alla scalata più dura: il Mikuni Pass. Prima di parlare di questa salita, che di fatto apre il finale, è doveroso soffermarsi ad analizzare questo tratto che va dai piedi della discesa del Fuji all’attacco del Mikuni.
Veniamo dal Tour e come più volte abbiamo scritto si potrebbe paragonare alla pianura francese, ma a quella della Bretagna, che come abbiamo visto nelle prime frazioni dell’ultima Grande Boucle non era affatto pianura, ma un susseguirsi di colline.
E’ un tratto di quasi 40 chilometri davvero insidioso. Ci si potrà consumare perché farà caldissimo e lì c’è molta afa, come ha confermato anche Damiano Caruso (nella foto di apertura sul Mikuni con Moscon, ndr). Non c’è più tempo per controllare o “fare la conta” come prima e corridori che in salita si sentono battuti possono scattare. Gente alla Van Avermaet, per esempio, alla Uran (anche se non esce benissimo dal Tour), alla Hirschi… Corridori buoni e che se sono lì dopo quasi 200 chilometri tanto male non stanno. E se qualche squadra dovesse restare imbrigliata in tatticismi, o non avere gli uomini (già pochi in partenza) per chiudere, da fase intermedia si potrebbe trasformare in fase decisiva.


Zoncolan del “Sol Levante”
Ma veniamo alla salita più dura e ipotizziamo un andamento della corsa più lineare. Il Mikuni Pass è un piccolo Zoncolan: 6,5 chilometri al 10,6%, di pendenza, più o meno quella del Mostro carnico. E la sua parte centrale, circa 4 chilometri, sale costantemente oltre il 12-13% ed ha una punta del 22%, esattamente come lo Zoncolan da Ovaro (non a caso le Granfondo del Fuji e dello Zoncolan erano gemellate). Considerando che la salita si attacca al chilometro 199 di gara va da sé che farà emergere chi ha più energie, i più forti.
E’ questo il punto chiave quindi? Sì, non ne abbiamo la certezza chiaramente, ma con enorme probabilità sarà così. Magari non dirà il vincitore, ma decreterà chi scapperà via verso l’arrivo. Chi ci sarà e chi no.
In tal senso rendono bene l’idea le parole di uno dei favoritissimi: Van Aert: «Se dopo il Mikuna Pass sarò con i primi, le mie chances di vittoria aumentaranno di molto».


Finale per uomini in forma
Breve discesa del Mikuni e ci si immette sulle strade affrontate un centinaio di chilometri prima in quella sorta di “altopiano” dopo il primo Gpm. In pratica si fa un anello. Trampolino di lancio sarà infatti di nuovo il Kagosaka Pass. Questo Gpm è l’ultimo della giornata ed è posto a circa 20 chilometri dall’arrivo. Segue una discesa abbastanza lunga (11 chilometri) ma non troppo tecnica, né pendente (quindi per gente “pesante”). Gli ultimi 9 chilometri che introducono nell’autodromo che sono collinari ma con tendenza a salire. Di nuovo un tratto per gente in forma, di fondo.
Infatti, più che essere veloci per caratteristiche, bisogna essere freschi, o meno stanchi degli avversari in caso di arrivo in volata. Un po’ quello che è successo quest’anno al Fiandre fra Asgreen e Van der Poel. L’olandese è decisamente più sprinter del danese, eppure “La Ronde” se l’è portata a casa lui.







