Moscon sullo Stelvio prepara il tricolore e la sfida del Tour

15.06.2024
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L’ultimo bollettino della neve sullo Stelvio parla di 90 di minima e 340 di massima: per essere giugno, davvero tanta roba. Moscon è arrivato lassù mercoledì sera e giovedì si è limitato a una girata sui rulli. Poi il lavoro è entrato nel vivo. Mancano due settimane all’inizio del Tour, una ai campionati italiani. Il trentino ha preferito un richiamo di altura vicino casa, piuttosto che raggiungere i pochi compagni che si sono ritrovati a Isola 2000 con Evenepoel.

E’ notizia di due giorni fa che un’altra importante pedina della Soudal-Quick Step per la sfida francese sia finito fuori gioco. Martedì, Pieter Serry (35 anni) è stato investito da un’auto durante un allenamento a Kruishoutem. Non ha riportato fratture, ma a causa della commozione cerebrale, la sua vista non è ancora al 100% impedendogli di allenarsi. Se Serry non sarà della partita, la responsabilità sulle spalle di Moscon sarà parecchio superiore. Non tanti corridori della squadra belga sanno cosa significhi lavorare per un leader di classifica al Tour, Gianni è l’unico ad averlo fatto negli anni di Sky, correndo nei team che vinsero la maglia gialla con Thomas e con Bernal alla Ineos.

Lo troviamo nel tardo pomeriggio, lupo di montagna sul passo che tre settimane fa respinse il Giro d’Italia. Il tono di voce calmo di chi ha faticato e ora riduce i giri per recuperare. L’accento trentino che chiudi gli occhi e ti sembra di vedere Moser. Gianni Moscon è uno di quelli su cui scommetteresti ancora un mese di stipendio, eppure ogni volta sulla sua strada ha trovato ostacoli troppo alti. Nel suo carattere, nelle opinioni altrui, nella salute. La ripartenza alla Soudal-Quick Step ha toni e ambizioni diverse, ma si capisce che la voglia di spiccare ci sarebbe ancora e viene tenuta giù per realismo e opportunità. Eppure fa di tutto per abbassare i toni, ridurre le aspettative o tenerle lontane.

Moscon ha partecipato al Tour 2019 vinto da Ineos con Bernal: eccolo alla Grand Depart da Bruxelles
Moscon ha partecipato al Tour 2019 vinto da Ineos con Bernal: eccolo alla Grand Depart da Bruxelles
Sei andato su per… sciare?

Quando sono arrivato (sorride, ndr) aveva appena smesso di nevicare e ne aveva fatti altri 15 centimetri. Il primo giorno ho fatto rulli, ma poi si scende e al ritorno farò la salita. Sono quassù da solo, mi viene comodo venirci da casa. Se vai lontano, stai via così tanto tempo che quando inizia il Tour sei già stufo. Una parte della squadra è in Francia, ma non sono tutti. Fra poco ci sono i campionati nazionali, ritiri tutti insieme ne abbiamo già fatti.

Come sta andando la preparazione al Tour? Al Delfinato ti è toccato lavorare parecchio…

Benvenga, insomma, che ci sia da lavorare: vuol dire che si va bene. Speriamo di avere lavoro anche al Tour. Al Delfinato siamo andati bene.  Anche la prestazione di Remco è stata buona, considerando da dove viene, dall’infortunio dei Baschi. Se penso a come l’ho visto a Sierra Nevada nel ritiro di maggio… Era molto indietro e vederlo vincere la cronometro e perdere solo poco in salita, vuol dire che sta recuperando bene. Fare nei dieci al Delfinato vuol dire che vai già forte. E quindi penso che se migliora da qui al Tour, potrebbe fare davvero bene.

Gianni invece come sta?

Sto bene, ho sensazioni positive e numeri anche positivi. Poi si va sempre più forte, quindi ormai dovrei migliorare un 10 per cento per essere competitivo con i primi. Perciò faccio il mio, cerco di rendermi utile alla squadra finché riesco. Le ambizioni personali sono sempre lì, ma ci vogliono le gambe. Quando vai alle corse ti scontri con la realtà e mi sembra oggettivo che adesso si vada più forte di quando vincevo. Devi riuscire a trovare qualcosa in più. Perciò continuo, faccio il mio. E quando vedo che sono competitivo per giocarmi le corse, me le gioco. Altrimenti cerco di capire la mia posizione e rendermi utile.

Alla Soudal-Quick Step, Moscon ha avuto spazio per sé al Nord, poi è passato al servizio dei capitani
Alla Soudal-Quick Step, Moscon ha avuto spazio per sé al Nord, poi è passato al servizio dei capitani
Anche quello è un ruolo importante, del resto…

E’ un lavoro apprezzato, se uno lo fa bene. Certo che è bello essere davanti e giocarsi le corse, si può anche fare, ma non per tutto l’anno. Sono molto contento della squadra. Mi stanno dando gli spazi che cercavo e un ruolo in cui mi sto muovendo bene.

Tu ha vissuto le vigilie del Team Sky che andava per vincere il Tour: ci sono affinità con quella di quest’anno?

Remco va in Francia per la prima volta. Ci sono delle similitudini su come si lavora, alla fine bene o male si fanno tutti le stesse cose. Quelle che cambiano semmai sono le consapevolezze. Il Team Sky con cui si andava al Tour era comunque una squadra già rodata, ognuno aveva il suo ruolo e sapeva alla perfezione come farlo. Si conoscevano le potenzialità di ognuno e per quello si veniva selezionati. Qui invece, tolti Remco e Landa che sono due campioni che tutti conoscono, per il resto bisogna trovare un po’ di equilibri. Non si tratta di una squadra organizzata per lavorare. Anche nell’ottica ipotetica di avere la maglia gialla, non so se sarebbe una squadra in grado di gestirla.

E come si fa?

Penso che ci si improvviserebbe strada facendo. E poi l’esperienza dice che se c’è da lavorare per un obiettivo più grande, tutti riescono a dare il massimo. Viene più naturale.

Quell’esperienza ti è rimasta addosso?

Sì, assolutamente. Per me è naturalissimo correre come serve in un Tour e penso di poterla mettere a disposizione della squadra. Penso che potrei avere un ruolo importante in questo senso. Detto questo, il Tour è una corsa dove se hai le gambe, qualche soddisfazione te la togli. Come dico sempre, l’importante è avere le gambe.

Moscon porterà la sua esperienza di Tour. Landa è un veterano, Evenepoel sarà al debutto
Moscon porterà la sua esperienza di Tour. Landa è un veterano, Evenepoel sarà al debutto
Gli ultimi due anni all’Astana sono stati buttati per entrambi, oppure in termini di esperienza a qualcosa sono serviti?

Diciamo che non sono stati i due anni migliori per me, per vari motivi. Però alla fine penso che ogni cosa faccia parte di un disegno più ampio. Bisogna tirare le somme alla fine. Magari tra cinque anni capirò che quei due anni mi hanno insegnato qualcosa, mi hanno dato una formazione che mi tornerà utile per affrontare altre situazioni. Da questo punto di vista, non sto a guardare gli anni persi, ma guardo avanti.

Il campionato italiano può essere un obiettivo oppure l’ultima distanza prima del Tour?

Sicuramente è un obiettivo. Ultimamente non ci sono più certezze, tu vai forte, gli altri vanno forte. Per cui cosa vi posso dire? La prendo come una corsa qualunque, vado a Firenze e do il massimo. Poi quello che viene, viene. Ormai non mi sento più in grado di dichiarare gli obiettivi, perché il livello è così alto che per dare garanzie ci vuole essere davvero superiori.

Quando scendi da lassù?

Penso mercoledì, in tempo per cambiare la valigia e andare giù a Firenze. I tempi sono molto stretti, sono già fortunato ad aver passato due giorni a casa, lunedì e martedì. Per cui adesso sono qua per allenarmi. Fuori c’è un bel panorama, il cielo è limpido. Speriamo che regga così.