La smorfia di fatica di Mathieu Van der Poel era quasi palpabile quando è passato sotto di noi ai 70 metri. Il collo tutto tirato in avanti, la bocca spalancata, i muscoli del polpaccio che esplodevano. E una figura possente, che quasi nascondeva Biniam Girmay.
Lo spettacolo del Giro d’Italia si apre così. Sulla collina di Visegrad, di un verde rigoglioso e dove alle spalle dell’arrivo c’è anche una pista da sci, sembra si sia radunata l’Ungheria intera. La gente è tantissima. Il calore anche. Il tifo e i cori non cessano un minuto. E’ festa vera.
Una folla incredibilmente numerosa ha accompagnato l’uscita del Giro da Budapest Gianni Savio ci teneva: «Voglio la prima fuga del Giro». Bais e Taliani lo hanno accontentato Una chiatta per camion ha trasportato le persone da una sponda all’altra del Danubio
Abbraccio ungherese
E’ festa vera come lo era questa mattina a Budapest. Mai avremmo pensato di vedere tanta gente. Pensate che ad un certo punto sono arrivati anche dall’altra sponda del Danubio per raggiungere l’arrivo. Le barche non bastavano più ed è stata attivata una chiatta, trainata da un rimorchiatore.
In tutto ciò Mathieu Van der Poel partiva con i favori del pronostico. Lo avevamo scritto noi. Lo aveva detto lui che teneva moltissimo alla maglia rosa, tanto più dopo aver indossato quella gialla. E di fatto lo diceva il percorso, con il finale perfetto per un corridore super potente come lui.
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E il mare erano i 195 chilometri per la linea d’arrivo. La corsa è stata semplice tutto sommato, ma in quei quattro chilometri finali si è lottato quasi con violenza.
Duello annunciato
Girmay non ci stava e forse non è mai andato così forte. Neanche quando ha vinto la Gand ha tirato fuori tanti watt dalle sue gambe. Era il corridore della Intermaché-Wanty Gobert l’altro favorito.
Anche lui si piega dalla fatica e poi lascia scorrere la bici verso valle. Verso i bus parcheggiati in pratica dalla parte opposta da dove si saliva. «E’ stato il primo scontro con Van der Poel – ha detto l’eritreo – lui è un campione. Va bene così. Ma queste sfide sono belle».
Ma piegato è anche Van der Poel. Lui neanche si ferma. Apre un varco con la sua stazza potente tra fotografi, giornalisti, massaggiatori… e appena trova la forza per frenare parcheggia la bici tra due auto e si stende sull’erba, parecchi metri dopo il traguardo.
La sua cassa toracica si gonfia e si sgonfia dismisura. Solo dopo tre minuti abbondanti tira su la testa. E fa una linguaccia di gioia al compagno Tobias Bayer che gli dà il cinque e gli dice: «Pink jersey, guy (sei maglia rosa, ragazzo)».
Missione compiuta
Stamattina, prima del via, Van der Poel aveva detto apertamente e ancora una volta che la maglia rosa era n’opportunità, ma anche che in molti la volevano.
Passa una manciata di ore e…
«Sono felicissimo – ha detto Mathieu – è incredibile vestire la Maglia Rosa dopo aver indossato in passato la maglia gialla.
«E’ stata molto dura. Sapevo che sarebbe stato importantissimo essere in buona posizione all’attacco della salita finale. E trovare lo spazio è stato molto difficile. In un paio di occasioni mi sono ritrovato chiuso. Temevo i velocisti, ma ho capito che potevo batterli solo all’ultimo chilometro. A quel punto era troppo dura per loro».
Era dura ma Caleb Ewan non ci è andato lontano. Poi è caduto, non avrebbe vinto lo stesso, ma era lì.
Leysen racconta
«È un sogno – dice il suo fedelissimo, Senne Leysen – è un ottimo inizio per iniziare questa lunga corsa. Un vittoria non è mai facile. C’erano molti contendenti. Tutti pensavano che sarebbe stata una vittoria facile, ma, queste sono invece probabilmente le vittorie più difficili da ottenere. E noi l’abbiamo fatto come una squadra».
«Abbiamo voluto questa corsa sin dall’inizio. Abbiamo mandato un uomo in testa al gruppo. Per fortuna poi ci hanno aiutato anche altri. Abbiamo lottato per portarlo davanti, il pensiero che lo affliggeva di più. Poi Mathieu ha finito il nostro lavoro. Ma la pressione era tutta su di lui.
«Lui dice che non è un problema avere molta pressione, soprattutto ora che è maturo. Ma dentro di sé ciò che avverte è diverso da quel che si vede fuori, ne sono certo».
Leysen è il compagno forse più stretto di allenamento di VdP. Ammette che ha talento, ma anche che si allena tanto e seriamente. «In Spagna prima del Giro ha fatto molto, pensava molto a questo giorno e oggi è stato semplicemente fantastico».
Ora la crono
Neanche il tempo di godersi la maglia rosa che Mathieu già è chiamato a pensare a domani. Alla crono.
«E domani? Io che lo conosco bene – conclude Leysen – posso dire che domani può tenere la maglia. Ci sono altri corridori più favoriti di noi, ma sono nove chilometri. E in passato Mathieu ha fatto delle belle crono. Quando si tratta di lui, io non ho mai il coraggio di dire che non ce la può fare!».
E Mathieu cosa dice? «C’è una cronometro domani. Non so se riuscirò a difendere la maglia rosa, ma di sicuro ci proverò».