Jacopo Mosca è passato professionista nel 2017 ed è davvero un bravo ragazzo: così dicono tutti quelli che lo conoscono e proprio per questo forse la sua vita alla fine ha preso la direzione che il ragazzo piemontese aveva sempre sognato.
Nelle prime due stagioni alla Wilier Triestina, Mosca ha messo insieme una tappa e la vittoria al Tour of Hainan, mentre nella stagione successiva ha conquistato la maglia a punti della Tirreno-Adriatico. Poi però è stato lasciato a piedi, con la poco elegante spiegazione che non fosse adatto per fare il corridore.
Al suo fianco si è mobilitato così Matteo Provini, diesse fra gli under 23, poi gli ha spalancato le porte la continental D’Amico-Area Zero. E quando a metà stagione di lui si è ricordato Luca Guercilena, che lo aveva avuto come stagista, e lo ha portato alla Trek-Segafredo, lui quasi era in difficoltà con Massimo Codol e Ivan De Paolis che lo avevano salvato dall’appendere la bici al chiodo.
Il 2020 in fondo non è stato così male…
Una strana stagione in cui ho ottenuto più di quel che pensavo. Al campionato italiano su 12 volte cha abbiamo fatto la Rosina, ho tirato sempre io. Dal giorno in cui ho firmato con la Trek-Segafredo sono un’altra persona e ho capito che sto meglio in una squadra con dei capitani, perché riesco a tirar fuori un altro Jacopo.
Stai parlando di Vincenzo Nibali e Giulio Ciccone…
Cicco lo conoscevo da under 23. E’ rimasto genuino com’era nel 2015, ci vado tanto d’accordo perché posso dirgli le cose in faccia. Vincenzo invece l’ho sempre considerato inarrivabile, ma è molto alla mano. Lo vedi da come tratta i compagni e dal fatto che in corsa riesce a limare anche da solo. In una squadra così sei sempre nel vivo della corsa e non riesci a mollare.
Che cosa intendevi poco fa parlando di un altro Jacopo?
Un altro me stesso, un altro Jacopo Mosca. Pensavo che gli avvenimenti dei primi anni mi avessero segnato, ma ne sono uscito. E ora faccio il gregario, ben contento di aiutare i miei capitani a vincere.
Per il resto, cosa c’è nella tua vita?
Da novembre vivo a Genova perché la mia compagna Federica si sta specializzando lì in medicina. Il mare non mi fa impazzire, perché ho tutti i tratti del montanaro, per cui sto bene con la gente, ma anche da solo. Le montagne mi mancano, ma dopo aver rischiato di smettere, ci penso due volte prima di fasciarmi la testa.