Sarebbe morto pur di non perdere questo sprint. Jai Hindley è partito più lungo di tutti e ha resistito alla rimonta di Bardet e Carapaz, ingobbendosi sul manubrio e lasciando che le gambe si accartocciassero attorno a un rapporto troppo lungo. Per il ragazzo di Perth che da quest’anno corre alla Bora-Hansgrohe c’era in ballo il ritorno alla vita. A un certo tipo di vita, quantomeno. Ultima vittoria ai Laghi di Cancano, Giro d’Italia del 2020: quello di ottobre e dei ragazzini terribili che poi sono spariti. Da lui, appunto, fino a Tao Geoghegan Hart. E ora ha lo stesso sorriso incredulo di allora, anche se nel mezzo se l’è vista brutta.
Abruzzese d’Australia
Dice sorridendo che negli ultimi minuti di corsa nei suoi occhi sono passati i ricordi degli allenamenti da dilettante a Passo Lanciano: la salita che per i corridori abruzzesi è palestra e verifica.
«Da dilettante – ricorda Hindley con la faccia da bambino e la voce da uomo fatto – ho vissuto per sei mesi in Abruzzo con la squadra Aran Cucine di Umberto Di Giuseppe. Ero solito allenarmi su Passo Lanciano e conoscevo la salita molto bene. Questo posto è come una seconda casa per me ed è stato molto bello vincere. E’ passato un bel po’ dall’ultima volta che ho avuto il livello per vincere. Come ho detto in altre interviste, l’anno scorso non è stato per niente un buon anno. Una serie di cadute e poi al Giro ho sofferto una cattiva salute e sono uscito dalla corsa. Ho preso un lungo periodo di recupero e questo ha condizionato il resto della mia stagione».
Il lavoro di Porte
Non c’è la folla delle grandi occasioni sul Blockhaus, pare perché tre versanti su quattro sono stati chiusi da ieri e la gente non è potuta venire su con i camper, eppure adesso che comincia la discesa verso valle, le strade si riempiono di tifosi saltati fuori chissà da dove.
La Ineos aveva promesso di spaccare tutto ed è stata di parola, con un Porte stellare di cui nessuno parla. Carapaz aveva promesso di staccare tutti e ci è andato vicino: Bardet e Landa gli hanno tenuto testa e rimandato alla prossima volta.
Di sicuro la montagna di Chieti, che in tempi lontani tenne a battesimo Eddy Merckx, ha rispedito a casa le ambizioni di Simon Yates (11’15” di ritardo), del giovane Vansevenant, di Tom Dumoulin e in modo parecchio più pesante quelle di Giulio Ciccone. Si è rivisto invece Nibali, pimpante come non capitava da tempo: se la gamba continua a crescere, il finale dello Squalo sarà un quadro d’autore. E se la maglia rosa rimane sulle spalle di “Juanpe” Lopez, la classifica adesso è cortissima.
Otto in un minuto
Otto corridori in meno di un minuto, fra loro c’è Pozzovivo e Hindley è salito in quinta posizione a 20 secondi dal primato.
«Siamo venuti con ambizioni molto alte – spiega Hindley – con tre leader (oggi Kamna e soprattutto Kelderman hanno pagato pesantemente dazio, ndr). Siamo alla fine della prima parte della corsa, è ancora lunga e sono ancora contento che abbiamo più opzioni. Sapevo che quando Richie si è spostato, sarebbero iniziati gli attacchi. Non mi sentivo super esplosivo. Ho sofferto un po’, ho fatto il mio passo. Ho cercato di mantenere il distacco e di non perdere terreno. Alla fine siamo rientrati. Almeida è stato super forte, io ho cercato di sopravvivere. Sapevo che gli ultimi chilometri un po’ spianavano, li ho usati per recuperare un po’. E sapevo anche di dover entrare in testa nell’ultima curva e che ai 200 metri bisognava partire».