La sala riunioni del Grand Hotel Savoia di Cortina d’Ampezzo si trasforma ben presto in un ambiente colloquiale poco prima di andare a pranzo. Il motivo dell’evento indetto dalla Bardiani-Csf-Faizanè era rimasto pressoché segreto a tutti e la vigilia per noi si era trasformata in una sorta di toto-conferenza.
I protagonisti, appena si accomodano e malgrado l’importanza del ritrovo, tolgono subito il tipico alone di formalità e danno l’annuncio con estrema chiarezza. Anche perché persone come Bruno e Roberto Reverberi sono sempre andate dritti al punto, senza troppi giri di parole.
L’annuncio
Seduto al tavolo in mezzo a loro c’è Tommaso Giuliano, giovane imprenditore veneziano e titolare della Green Project Agency. Giusto il tempo di una veloce introduzione ed ecco l’annuncio. A partire dal 2023 e per i successivi cinque anni la sua azienda sarà il main sponsor del team professional dei Reverberi. Il nuovo nome sarà Green Project Bardiani Csf Faizanè, quasi una liturgia da ripetere per chi dovrà parlare dei risultati della squadra ma nel ciclismo funziona così da sempre.
«Si è presentata una occasione irripetibile per noi – spiega Bruno Reverberi – e con questo acccordo ora possiamo permetterci di trattenere o andare a prendere i migliori giovani italiani, senza che debbano emigrare all’estero. Siamo onorati di aver suscitato l’interesse di una azienda come la Green Project Agency e la ringraziamo per la fiducia che ci ha dato subito. Così come ringrazio le ditte Bardiani, Csf e Faizanè che, nonostante l’ingresso del nuovo sponsor, non hanno fatto alcun passo indietro, garantendoci la stessa attuale partecipazione anche per il futuro.
«Lo sapete, noi non promettiamo nulla, ma faremo conoscere il nuovo marchio a tutti con vittorie e andando sempre in fuga. D’altronde noi non retrocediamo mica in serie B (lo dice ridendo, ndr)».
Dal Venezia al Giro
La stoccata del boss di Cavriago è riferita alla sponsorizzazione della Green Project Agency sulle maglie del Venezia Calcio durante la scorsa stagione e chiusa con la retrocessione della formazione lagunare. E proprio da qui, a fine conferenza e dopo le foto di rito, partiamo con la nostra chiacchierata con Tommaso Giuliano.
Che esperienza è stata col calcio?
Da piccolo ci ho giocato ed è uno sport che crea molte emozioni in un ragazzo, perché è lo sport nazionale. Però è una passione che resta in campo. Mi aspettavo un’altra cosa, devo essere sincero. Sono rimasto un po’ deluso, ma soprattutto sono rimasto scioccato letteralmente di come non si possa avere una possibilità di fare qualcosa senza tirare fuori milioni di euro. Il calcio è solo economia, partendo da un certo budget in avanti. Se sei nelle prime quattro guardano la maglia ovunque, se sei l’ultima in classifica resti geolocalizzato nella regione al massimo di quella squadra. Diciamo che nel calcio ci sono sponsor già consolidati, mentre noi siamo una realtà più adatta al ciclismo professionistico.
L’avvicinamento al ciclismo com’è avvenuto?
Mi sono appassionato grazie a mio padre ormai tantissimi anni fa, non c’è un reale motivo. Vi confesso che in un certo senso sono onorato di poter parlare con voi addetti ai lavori. Da quando ho aperto l’azienda, ho sempre fatto fare dei completini per i ciclisti, fondando un piccolissima società amatoriale con tutti gli amici. Ogni anno faccio una divisa nuova. Il calcio ti unisce per 90 minuti, il ciclismo lo fa tutti i giorni per più ore al giorno, condividendo fatica e soddisfazione nel pedalare assieme.
Che differenze hai notato tra questi due mondi?
Sono due sport diversi nel loro insieme. Nel calcio due squadre sono rivali fino ad arrivare ad odiarsi. In bici hai tanti avversari, ma a fine gara, torna tutto come prima. Il calcio ti chiude in un campo. Il ciclismo ti può portare a coprire tutti e 1800 chilometri dell’Italia. Il ciclismo dopo che lo hai provato una volta da semplice amatore, diventa una passione che ti porti dietro per tutta la vita. Nel calcio non tutti possono giocare a San Siro, in bici tutti possono fare il Passo Giau. Nel calcio si resta focalizzati agli undici giocatori.
Hai detto che hai cominciato in uno scantinato. Avresti mai immaginato di fare un annuncio come questo?
Un po’ no e un po’ sì. Ho iniziato a lavorare per un’azienda di San Donà di Piave che vendeva impianti fotovoltaici. E’ fallita col crollo degli incentivi del GSE (Gestore Servizi Energetici, ndr) e io non ho voluto perdere quei pochi anni di esperienza che avevo accumulato. In questo settore ci credevo e ci credo. Mio padre mi ha messo a disposizione la sua taverna che io ho allestito ad ufficio. Ho ripreso in mano la lista dei clienti andando a proporre, porta a porta, assistenza a quegli impianti. Ho lavorato sulla fidelizzazione dei clienti. Da lì, poco per volta, è nato questo business.
Che tipo di azienda è la vostra?
Siamo circa in 300 in tutto. Nasciamo nel 2016 con lo scopo di rendere più efficienti tutte le abitazioni con tutte le energie rinnovabili che si possono conoscere ed incentivate dallo Stato. Siamo cresciuti lentamente col fine di lasciare un segno nelle case degli italiani. Stiamo diventando una bella realtà, ci stiamo allargando, ma sempre in maniera graduale. Inutile fare salti troppo lunghi perché bisogna poi essere pronti per eventuale frenate da parte dello Stato. Nonostante la chiusura della cessione dei crediti, che per noi del rinnovabile sono un punto forte, abbiamo comunque raddoppiato il fatturato e siamo solidi.
Tra te e Bruno c’è una bella differenza di età, ma sembra esserci molta sintonia…
Assolutamente sì. Siamo complementari e simili. Credo molto che green e ciclismo sia un binomio vincente. Sono ambizioso, ma resto comunque con i piedi per terra, facendo il passo successivo solo se posso farlo. Ho una filosofia uguale a quella di Bruno Reverberi. Se guadagno un milione, il trenta per cento lo investo e il resto lo tengo per il futuro e per l’azienda. Devo pensare che ho ragazzi che sono con me dall’inizio e finora nessuno è andato via per andare a lavorare altrove. Credo molto nei giovani, è giusto che vengano pagati bene. E’ giusto che facciano le loro otto ore senza straordinari. Ora siamo un’azienda più grande, ma il mio percorso viene dal commerciale.
Che obiettivi vi siete prefissati?
Intanto devo dire che sarà davvero una grande emozione vedere il nome della propria azienda partecipare ad una manifestazione prestigiosa e grande come il Giro d’Italia. Vorremo dare un senso a tutti i giorni dell’anno. Al WorldTour non dobbiamo per forza arrivarci e adesso non bisogna pensarci. Vogliamo partire con calma. Cinque anni sono stati fatti apposta per crearci un’immagine e ampliare il nostro business. E poi dare la possibilità alla squadra di migliorare la propria rosa di corridori. Il sogno sarebbe poter vincere il Giro d’Italia. Ma ne ho un altro. Portare Pogacar da noi. Lui è sloveno, noi veneziani. Siamo vicini di casa, magari lo diventiamo ancora di più.