BARCELONETTE (Francia) – Dice Campenaerts che per vincere questa tappa al Tour è stato per nove settimane a Sierra Nevada. Per quattro, ci sono stati anche i suoi compagni di squadra, poi loro se ne sono andati e lui è rimasto. Il primo ad arrivare, l’ultimo ad andarsene. La famiglia è stata con lui a lungo, come lo hanno seguito nella settimana centrale del Tour, piuttosto vicina al Belgio. Hanno passato del tempo insieme. Dice che gli piacerebbe stare a casa con loro, ma se prevalesse questo sentimento, allora non potrebbe fare il Tour de France.
Dice Campenaerts di aver cerchiato questa tappa da dicembre, quando gli hanno detto che la Lotto Dstny sarebbe venuta in Francia con De Lie. Arnaud è un grande velocista, ma che lui per vincere avrebbe avuto bisogno di una tappa come questa. E infatti l’ha vinta, come vinse quella di Gorizia al Giro 2021, chiudendo idealmente la porta su ciò che di interlocutorio c’è stato in questa corsa così bella.
A casa di Remco
Domani infatti cominciano i tre giorni che decideranno il Tour de France. Si potrebbe dire che tutto sia ormai definito, ma le due tappe di montagna e poi la crono finale sono così cattive che la minima flessione potrebbe costare parecchio. Pogacar ha appena sottolineato l’importanza di conoscere le strade e ha escluso ogni alleanza con Evenepoel, perché saranno tappe che richiederanno più forza che tatticismi. Eppure il belga è l’oggetto misterioso. Non perché possa vincerlo, ma perché il passare dei giorni ha visto anche il crescere della sua fiducia.
Il suo Tour è una sorpresa e una conferma, questo dice Tom Steels, direttore sportivo della Soudal-Quick Step con 9 tappe vinte al Tour e 2 Gand-Wevelgem. Lui lo ha visto nascere, crescere e diventare corridore e sul suo Tour si è fatto un’idea. Parliamo all’ombra del pullman, l’asfalto si squaglia sotto i piedi.
«Siamo venuti qui con l’ambizione di arrivare tra i primi cinque – dice – e poi, passo dopo passo, di avvicinarci al podio. Abbiamo vinto la crono. Ora però ci sono ancora tre giorni duri, sarà molto difficile. Spero che riusciremo a difendere la posizione, ma possiamo essere fiduciosi. Remco ha comunque recuperato molto bene. Salire sul podio a Nizza va bene, se viene fuori qualcos’altro, ci proveremo».
Anche gli altri soffrono
In quell’attaccare sconclusionato di Pogacar nella tappa di ieri, l’allungo di Evenepoel nel finale è stato un punto di svolta. Di quelli che cambiano una carriera. Non tanto per il vantaggio, ma per averlo pensato e portato a termine.
«E’ stato importante – conferma Steels – è decisivo per lui sentire che è fisicamente è ancora vicino a Vingegaard e Pogacar. Deve rendersi conto che soffrono anche gli altri, anche se Pogacar adesso vola. Mentalmente è molto importante sentire di poter fare qualcosa. Vedremo come andrà domani, ma almeno sa di essere vicino al loro livello. Non sappiamo quale squadra scandirà il ritmo sulla Bonette o come sarà fatta la discesa. Poi Isola 2000 sarà difficile da affrontare. In ogni caso, Remco ha confermato che il Tour è il suo ambiente naturale. Non sente la pressione della gara e del fuori gara. Si comporta come quando non è al Tour e vi garantisco che qui c’è tanta pressione. Lui invece continua come al solito. Sono molto sorpreso dal percorso dalla prima tappa fino ad oggi, da come affronta la corsa. Questa per me è la vera sorpresa».
Parla l’allenatore
Certe cose non riescono se non si hanno grandi gambe. E la sensazione è che il ragazzino belga in maglia bianca stia crescendo. Forse è funzionale al fatto che poi ci saranno le Olimpiadi o forse si potrà davvero parlare di lui come di un corridore per corse a tappe. Koen Pelgrim che lo allena sembra ottimista circa la sua tenuta.
«Non mi aspettavo di trovarmi così a tre tappe dalla fine – dice – ma lo speravo. Sapevamo che se Remco fosse arrivato nella forma migliore, avrebbe potuto competere con i primi cinque. Penso che ogni giorno sia stato importante e lui è sempre stato stabile fin dai primi giorni in Italia, poi sul Galibier, gli sterrati e la crono. Non c’è stata una tappa in particolare: sta crescendo passo dopo passo. Sapevamo dalla Vuelta vinta che se avesse fatto un buon Tour, allora nell’ultima settimana avrebbe potuto recuperare il terreno perso e questo sta accadendo. Le due corse non sono paragonabili, troppe differenze di temperature, alture, distanze. Ma la sua costanza resta interessante da osservare, in una corsa che non ha avuto un solo giorno privo di agonismo. Stiamo traendo le indicazioni su cui ragionare e poi lavorare».
Due anni da colmare
All’arrivo di ogni corridore al pullman, Koen si ferma a parlare e ne chiede i feedback immediati. Landa è stanco, ma sembra stare bene. Van Wilder ha fastidio a un ginocchio. Moscon, arrivato per primo, sta alla grande. Forse nel valutare questa corsa, si dovrebbe considerare che Evenepoel ha due anni meno di Pogacar e quattro meno di Vingegaard.
«Il fatto di migliorare – spiega l’allenatore – è legato al crescere. Non penso che il cambio di ritmo sia il vero punto debole, soprattutto osservando le tappe qui. Il divario da Pogacar è dovuto al fatto che Tadej al momento è un corridore migliore, soffre di meno e quindi ha più margine per l’accelerazione. In più è un corridore esplosivo per natura. Quindi, se ha ancora molta riserva, la sua accelerazione è davvero impressionante. Penso sia solo un fatto di maturare e far crescere il motore. E se ci riusciamo, anche le accelerazioni saranno più facili da gestire. Forse domani sarà la chiave del suo Tour, con la Bonette così lunga il grande caldo. Guai però sottavalutare il giorno successivo. La tappa è più corta, il dislivello è maggiore. E poi c’è la crono. Sono tre giorni, ma saranno lunghissimi…».