Gambe e calma interiore: così Philipsen si è preso Parigi

27.07.2022
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L’unico che avrebbe potuto batterlo era Van Aert, lo aveva già fatto l’anno scorso. Non certo Jakobsen, sfinito e disperso nelle retrovie, senza Morkov a pilotarlo. Non sappiamo se Philipsen sapesse che la maglia verde avesse rinunciato alla volata, ma di certo quando si è voltato a sinistra sui Campi Elisi, ha capito che Groenewegen e Kristoff lo avrebbero affiancato solo dopo la riga. E si è reso anche conto di aver realizzato uno dei sogni di bambino.

Un anno dopo la sconfitta, Philipsen è tornato a Parigi e ha vinto
Un anno dopo la sconfitta, Philipsen è tornato a Parigi e ha vinto

Il sogno di bambino

Il belga della Alpecin-Deceuninck lo ha raccontato ieri ad Aalst (in apertura, fra Thomas e Lampaert, foto @belga), a margine del criterium cui erano stati invitati anche Vingegaard, Van Aert e Pogacar, che però hanno declinato l’invito.

«Non voglio parlare di vendetta – ha raccontato – ma solo di contrasto totale rispetto al 2021. Un anno fa sui Campi Elisi ho pianto, invece domenica ero la persona più felice al mondo. Nell’ultimo anno, è successo tutto molto rapidamente. Vincere la tappa di Parigi significa aver realizzato un sogno d’infanzia e quello di qualsiasi corridore. Parigi rimarrà sempre una tappa speciale, soprattutto quando sei un velocista. E’ la vittoria più bella della mia carriera e finire il Tour così è straordinario».

L’esultanza dopo l’ultima volata del Tour gli resterà a lungo nei ricordi
L’esultanza dopo l’ultima volata del Tour gli resterà a lungo nei ricordi

Vittoria scaccia stress

Per Philipsen, il Tour è stato un viaggio dentro se stesso. Non può essere altrimenti per un atleta che nelle tappe di montagna, soprattutto con il grande caldo e il ritmo indiavolato dei primi, è in lotta perenne con la tentazione di mollare tutto. Per questo la vittoria di Carcassonne era già stata la svolta mentale per arrivare a Parigi senza troppa tensione negativa.

«Per certe corse – ha spiegato dopo quel primo successo – c’è davvero bisogno di pace mentale. Nelle prime due settimane, non l’ho avuta. Nelle tappe sulle Alpi ho vagato senza una meta, solo per fare numero. Ma anche questo è stressante, perché sei sempre lì ad aspettare che arrivi un’altra possibilità. La vittoria mi ha dato la calma. L’obiettivo principale di vincere una tappa al Tour è stato spuntato. La pressione si è spenta. Anche se non ho lasciato andare del tutto le emozioni represse, ho percepito chiaro quel rilascio. Tutto quello che verrà d’ora in avanti sarà un bonus. Certo, se non vinco a Parigi, rimarrò deluso. Ma non come un anno fa, quando Parigi era anche l’ultima spiaggia».

La vittoria di Carcassonne (qui Philipsen rinfrescato da Pogacar) è servita per dissipare il nervosismo
La vittoria di Carcassonne (qui Philipsen rinfrescato da Pogacar) è servita per dissipare il nervosismo

Crono di recupero

Per questo in gruppo un po’ se lo aspettavano. La vittoria di Carcassonne aveva già dimostrato che Jasper avesse superato ottimamente la seconda settimana, con le Alpi e l’arrivo di Mende del giorno prima. C’era da capire come avrebbe digerito i Pirenei, tenendo conto che agli altri velocisti le cose non stessero andando probabilmente meglio. E che lui, per i 24 anni e i 75 chili (è alto 1,76), avesse doti di maggior recupero. Per questo la crono del giorno prima è stata un passaggio da affrontare con la giusta consapevolezza.

«Sulla bici da crono – ha detto la sera di Rocamadour – sei scomodo, quindi non sei molto rilassato. Per questo non si può dire che la crono sia un giorno di riposo. Dopo venti tappe, ogni sforzo sembra pesante. In più non volevo correre rischi. Non sono ancora caduto in questo Tour e volevo continuare così. Sono migliorato tappa dopo tappa e credo di avere ancora forza nelle gambe. Ho superato le tre settimane meglio degli ultimi anni e questo mi rassicura anche per il futuro».

Nella volata in leggera salita di Aalst, Philipsen ha preceduto Lampaert (@belga)
Nella volata in leggera salita di Aalst, Philipsen ha preceduto Lampaert (@belga)

«A Parigi – ha sorriso – conta solo la vittoria e non sarà certo facile. Ci sono molti corridori come Jakobsen, Ewan e Groenewegen che si sono trascinati attraverso le montagne e non vedono l’ora che arrivi domani. Anche se uno sprint dopo 21 giorni è ancora un’altra cosa. Nessuno sarà davvero molto fresco».

Il sogno è finito

E adesso che ha vinto a Parigi e il circuito di Alst su un fondo in ciottoli gli ha ricordato i Campi Elisi, Philipsen riparte ancor più convinto di poter salire al livello dei velocisti che ha sempre ammirato.

«Ho ricevuto tanti messaggi – dice – ma il più apprezzato è stato quello di Mark Cavendish, l’uomo che mi ha battuto a Carcassonne l’anno scorso. E’ bello sapere che qualcuno che ammiro può anche essere sinceramente felice per me. Mark è sempre stato un grande modello. Ed è ancora un grande gentiluomo. Vivo in un sogno da domenica. Tutto sembra magico. Peccato solo che il Tour de France sia finito».