E dalla Francia risponde Pogacar: Slovenia padrona

12.03.2023
5 min
Salva

No, non è Eddy Merckx è Tadej Pogacar. Lo sloveno alla Parigi-Nizza ha fatto il Cannibale. Ma lui è così: vuol divertirsi, correre e se si vince tanto meglio. In questa edizione di quella che in Francia chiamano la “Corsa del Sole”, l’asso della UAE Emirates ha vinto la generale, tre tappe, la maglia bianca di miglior giovane e quella a punti. Ha lasciato quella di miglior scalatore al danese Jonas Gregaard ma solo perché andava a caccia dei Gpm nelle fughe del mattino. Infatti è finito “solo” secondo.

Se in Italia il connazionale Roglic dominava la Tirreno, Pogacar non stava a guardare in Francia dunque. Dall’inizio della stagione, Tadej ha inanellato tredici giorni gare e sette vittorie sull’arrivo, più due classifiche generali, quindi nove vittorie. Incredibile. Qualcosa davvero degno dei tempi di Eddy Merckx. Tra lui e il Cannibale ormai ballano solo le volate che molto spesso il belga faceva.

Andrea Agostini (classe 1970) è chief operating officer della UAE Emirates
Andrea Agostini (classe 1970) è chief operating officer della UAE Emirates

La psicologia conta 

Tadej ha dato show nella crono a squadre e ha conquistato tre tappe, le tre frazioni più dure. E soprattutto ha sempre voluto domare il suo rivale numero uno: Jonas Vingegaard, colui che ha “osato” defraudarlo del Tour de France 2022. 

Se vogliamo c’era in ballo anche una sorta di rivincita. Di predominio psicologico.

«Questo è il modo di correre di Tadej – ci dice Andrea Agostini, uno dei dirigenti della UAE Emirates – Quando va alle corse vuole vincere e questo penso sia la parte bella, quella che amano anche i suoi fans.

«Poi è vero, anche dal punto di vista psicologico era una partita a scacchi, è inutile che ci nascondiamo. Era importante dal punto di vista mentale non andare alle corse con un senso di inferiorità. Questa è la cosa che sapevamo noi, che sapeva benissimo anche Tadej. Ed era anche rischioso, perché poi se ci fossimo trovati davanti Vingegaard di nuovo? Stavolta è andata bene a noi sicuramente e questo riporta la posizione in parità tra i due da un punto di vista psicologico».

Tadej e l’istinto

E Agostini ha ragione sia quando parla dell’aspetto psicologico, sia quando accenna ai fans. Un corridore così, che attacca, che va d’istinto piace. Gli italiani – e non solo loro – si ricordano di Chiappucci, figuriamoci se c’è un atleta che oltre ad attaccare vince anche.

«Pogacar – continua Agostini – è un ragazzo che si gestisce bene, nel senso che comunque ascolta, quando facciamo le riunioni. Poi è chiaro che la tattica la fai in base agli uomini che hai e con un corridore come Tadej diventa più facile perché sai che è un finalizzatore. Tu diesse puoi realizzare la miglior tattica del mondo, ma se non hai chi la porta a termine è difficile vincere».

«Se bisogna frenarlo? A volte sì – ride Agostini – ma questo è Pogacar. L’anno scorso, durante il Fiandre, c’era Baldato che lo teneva fermo perché voleva partire a non so quanti chilometri dall’arrivo. Tadej è così: è molto istintivo, dotato da madre natura, il che è bellissimo, ma a volte sbaglia anche. Come è successo al Tour de France 2022. Ha fatto errori lui, perché comunque ha sprecato tanto, e abbiamo fatto errori anche noi. Però è questo che ti fa innamorare del ciclismo».

«O ancora sul Poggio un anno fa. Tutti sapevano che doveva scattare più avanti, ma è partito lì. Cosa ci vogliamo fare? Non è una Playstation. La verità è che quando Tadej ha la gamba non ha paura di partire».

Però qualche calcolo andrebbe fatto, forse. In fin dei conti aveva già vinto due tappe. Aveva dominato il rivale numero uno e prendere dei rischi in discesa dal Col d’Eze poteva costare caro. Magari a mente fredda lo faranno ragionare.

«Se nel ciclismo dovessimo calcolare i rischi che corrono questi ragazzi, in ogni tappa, in ogni corsa troveremmo un motivo per non andare a tutta. Quindi direi di no: nessuno gli dirà che non sarebbe dovuto partire. E poi volete sapere una cosa? Tadej aveva cerchiato in rosso questa tappa prima ancora che partisse per la Parigi-Nizza. Questa era la frazione che voleva vincere perché lui vive lì, si allena lì».

Il podio finale della Parigi-Nizza: 1° Pogacar, 2° Gaudu, 3° Vingegaard
Il podio finale della Parigi-Nizza: 1° Pogacar, 2° Gaudu, 3° Vingegaard

Pogacar alle stelle

E Pogacar cosa dice? Con la sua solita naturalezza ha dimostrato la sua gioia. Se ieri sull’arrivo in salita era più contento per aver battuto Vingegaard e non tanto per la vittoria in sé, oggi si è proprio goduto la corsa. Non solo voleva vincere, ma voleva vincere in quel modo.

«Non avevo mai preso parte alla Parigi-Nizza – ha detto Pogacar – avevo fatto due volte la Tirreno-Adriatico. Mi sono sempre sentito in forma nelle prime gare di quest’anno pertanto era il mio obiettivo e il mio sogno vincere questa gara. Ed ora che ci sono riuscito posso dire che è fantastico».

E proprio lo sloveno in qualche modo ha parlato anche dei rischi nella planata verso Nizza.

«Conosco molto bene queste strade. Mi alleno qui spesso e quindi sapevo esattamente com’era la discesa e ancora prima come stavano le mie gambe sull’ultima salita, la potenza che avrei potuto sviluppare fino in cima. Ero bravo in matematica! E ho fatto bene i miei conti».