Finale al cardiopalma. La fuga e Tarozzi battono il gruppo

04.10.2024
6 min
Salva

KULAI (Malesia) – Si può essere al mondiale o ad una corsa all’Equatore, ma la lotta tra la fuga e il gruppo per contendersi la tappa è sempre da mangiarsi le unghie. Sul filo dei secondi. E’ adrenalina pura e a chi ama e conosce nel profondo questo sport esalta tante sottigliezze tecniche e tattiche. Se poi a vincere è un italiano, allora tutto è più potente. E oggi ha vinto Manuele Tarozzi.

Questa frazione del Tour de Langkawi era forse la meno indicata per l’arrivo allo sprint: tappa piatta e corta, che si snodava fra vaste coltivazioni di palme e rettilinei infiniti. Si partiva da Batu Pahat poco dopo l’alba in quanto è venerdì, la nostra domenica, e all’ora di pranzo gran parte della popolazione deve recarsi in Moschea per la preghiera grande della settimana. Pertanto meglio anticipare.

E per dirla tutta, si partiva presto anche perché l’intera carovana doveva spostarsi nel Borneo, isola ancora più a Sud per metà Indonesia. Un aereo attendeva prima gli atleti, poi i giornalisti e tutti gli altri.

Tutto studiato

Ricordate? Qualche giorno fa pubblicammo una foto in cui Alessandro Donati, direttore sportivo della VF Group-Bardiani consolava proprio Tarozzi e gli diceva: «Tranquillo, se corri così prima o poi la vittoria arriva». Oggi quello stesso abbraccio era di gioia. «Te lo avevo detto che sarebbe arrivata!».

«Noi non abbiamo l’uomo di classifica – continua Donati – e dovevamo provarci. Tutti i giorni all’attacco. Oggi abbiamo programmato tutto nel dettaglio. I tratti ondulati nel finale, la difficoltà nel controllare la corsa… E anche l’averne messi due in fuga su quattro non è stato casuale. Gabburo doveva tirare un po’ di più e far risparmiare qualcosa a “Taro” che è più veloce».

E lo stesso Davide Gabburo conferma tutto dopo il traguardo: «Io mi sono staccato ai meno 10, perché su uno strappetto non ne avevo proprio più. Abbiamo tirato fortissimo tutto il giorno, sempre sopra ai 50 all’ora. Ho cercato di far limare un po’ di più Tarozzi, così che arrivasse più fresco nel finale. Direi che abbiamo fatto un bel lavoro. E’ andata bene così!».

Questa è zona di coltivazioni di olio di palma. Siamo nel lembo meridionale della Malesia continentale. Tra poco si va nel Borneo
Questa è zona di coltivazioni di olio di palma nel lembo meridionale della Malesia continentale. Tra poco si va nel Borneo

Tattiche e controtattiche

Parte quindi questa tappa particolare: 123 chilometri da fare in un sol boccone. La media della prima ora è da capogiro: 50,7 orari. Alla fine sarà la quarta frazione più veloce della storia della corsa malese. Il finale è leggermente ondulato, ma sempre velocissimo. La fuga guadagna 2’30” e davanti ci sono passisti che spingono. Gente che sa prendere aria: Stefan De Bod, al terzo giorno di fuga, Gabburo, Tarozzi e il bravo svizzero della Corratec-Vini Fantini, Valentin Darbellay.

Ai meno 30 il gruppo guadagna, ma davanti non crollano. Anzi, come si usa fare ora, accelerano un po’. Stavolta l’Astana-Qazaqstan non tira, che il lavoro lo faccia la Tudor Pro Cycling di De Kleijn, che è lo sprinter più forte. Non sia mai che i turchesi tirino e a vincere sia poi l’olandese. 

E ancora: il livello generale non è super e se davanti ci sono quattro passistoni, basta un team importante che non tira che chiudere diventa complicato. Non basta un uomo di un team, uno di un altro… Questi giochi di potere vanno a vantaggio dei fuggitivi. I quali a loro volta giocano ottimamente le loro carte.

Il cuore che batte

«Stavolta – racconta Manuele Tarozzi dopo il traguardo – non volevo assolutamente che si ripetesse quello che è successo due giorni fa a Bentong, quando proprio io e Stefan De Bod ci siamo guardati nell’ultimo chilometro e il gruppo ci ha ripreso nel finale. Quella notte non ci ho dormito. Non volevo rimpianti. E infatti ci siamo parlati. Piuttosto facciamo secondi, ma si deve arrivare. Lui è fortissimo. In fuga tira come “una bestia”».

E’ un tira e molla di secondi e chilometri: 8 chilometri al traguardo e 30”, 6 chilometri e 25”, 2 chilometri e 18”. 

«Negli ultimi 10 chilometri – dice Tarozzi – abbiamo visto che il vantaggio era ancora buono e così abbiamo preso più fiducia e abbiamo accelerato ancora un po’. Da quattro siamo rimasti in due. Anche per merito di Gabburo avevo qualche cosina in più di De Bod nelle gambe. Lui è partito lunghissimo. Io ho risposto bene e ai 300 metri ho lanciato la mia volata. Una volata a due è sempre un po’ particolare… ma è andata bene».

Una volata che ai 100 metri era già finita. Tarozzi ha avuto tutto il tempo di voltarsi per controllare e per esultare, mentre il gruppo arrivava a tutta velocità. Anche se con ben 9” secondi di distacco. Un dato che la dice lunga su quanto davanti siano andati forte.

Il finale era velocissimo. Tendeva a scendere e guarda caso, molte corone da 54 denti viste nei giorni scorsi si sono trasformate in 55. De Kleijn addirittura oggi aveva una monocorona aerodinamica da 56 denti. Ma non è bastata. Dopo l’arrivo era piuttosto nervoso. 

L’arrivo di Tarozzi che si volta prima della linea d’arrivo. Dietro si vede il gruppo, ormai spacciato
L’arrivo di Tarozzi che si volta prima della linea d’arrivo. Dietro si vede il gruppo, ormai spacciato

Tarozzi solido

La nota positiva, oltre alla vittoria di Manuele Tarozzi e di una squadra italiana, è il fatto che questo ragazzo sta continuando a maturare. Lui, e lo abbiamo scritto più di una volta, appartiene a quella schiera di atleti che non è passata presto, né è nata con le stigmate del campione. Quel che ha ottenuto se l’è dovuto sudare.

«Adesso sono più consapevole – ci ha detto Tarozzi – in fuga mi trovo bene… ma servono le gambe per andarci, non basta dire che ci si è portati. Quest’anno ho fatto il Giro d’Italia ed è vero che ti cambia. Non tanto perché ti fa spingere quel dente in più, ma per il recupero. E recuperando prima, col passare delle tappe vai meglio. Come proseguirà la mia stagione? Probabilmente finirò con questo Tour de Langkawi. Se così non fosse ci potrebbe essere una corsa in Italia, di quelle in Veneto, ma vedremo».

Ora è tempo di godersi la vittoria. Tra l’altro la seconda in Asia e la seconda quest’anno, ottenuta proprio nella “vicina” Cina al Qinghai Lake, anche lì dopo una lunghissima fuga.