Ieri mattina sull’Adriatico c’è stato finalmente il tempo per parlare. Si ragionava con un personaggio del gruppo sulle squadre e sulle corse, lontano da transenne e antipatici ometti del servizio d’ordine, mentre i corridori lentamente si avviavano al foglio firma.
«Sono cambiate tante cose – diceva – dal modo di essere dei corridori, al tempo che gli viene dedicato. Ieri sentendo la radio pensavo che un corridore si fosse staccato perché non ce la faceva più, invece la sera ho visto il direttore sportivo arrabbiato nero e ho capito che ha mollato perché si è distratto. Sono distratti. Hanno sul manubrio un Gps grande come un televisore e l’auricolare, eppure si distraggono. Tanti trovano motivazione soltanto nelle grandi corse, senza rendersi conto che i risultati importanti arrivano gradualmente. Il primo step è finirle, poi si va ad aumentare. Forse i soldi portano via la fame, ma in questo ciclismo, senza motivazioni non vai da nessuna parte».
Corridori svuotati
A questo punto vorrete conoscere il nome del nostro interlocutore, ma quando le cose vengono dette in confidenza, è giusto mantenere l’impegno. Resta però il tema che abbiamo più volte sbandierato. Il corridore si distrae nella tappa decisiva: non sarà proprio perché ha l’auricolare e quello schermo sul manubrio?
«Questo è il discorso che fai da appassionato di ciclismo e che farei anche io – diceva – poi però passi di qua e capisci che se applicassi questo modo di pensare, dovresti tagliare il 30 per cento degli staff delle squadre. Fa comodo che il corridore sia svuotato e che non pensi, perché si possano mantenere delle figure professionali che sono utili, ma non indispensabili. Se invece diventi indispensabile, hai raggiunto il tuo scopo. E se in 20 anni riesci a risparmiare una bella somma, cosa ti importa dei corridori? Se uno smette, ne trovi un altro. Allenatori, nutrizionisti e psicologi sono utilissimi, impensabile fare attività di alto livello senza di loro. Però nel giorno della corsa dovrebbe contare solo quello che dice il corridore. A cosa serve una riunione pre-gara di mezz’ora, che sembra più un seminario scientifico?».
Progresso boomerang
Il progresso è veloce e vorace e poggia sugli atleti. Lasciamo perdere Pogacar, Van Aert, Roglic e quelli dotati di maggiore personalità. Lasciamo stare i più esperti, che questo cambiamento l’hanno visto arrivare e hanno trovato un modo per non farsene travolgere. Non tutti si lasciano svuotare, alcuni per fortuna hanno trovato il modo per conviverci. Pensiamo però ai giovani, che entrano nel grande circo e pensano che questo sia l’unico habitat possibile. Ciò che viene da chiedersi è se si percepisca che c’è un limite oltre il quale tanta ricerca della perfezione diventa un boomerang.
«I corridori hanno un nome – diceva – ed è importante riconoscere la loro umanità. Anche se dicono di no, hanno bisogno del rapporto umano. Bisogna andare oltre la facciata. Tanti allenatori passano il tempo a guardare i file e non gli occhi dei corridori, ma potrebbero fare le stesse cose anche da casa. Solo che se stai a casa ti pago 40 mila euro e non 250. Gli psicologi hanno dei master ai massimi livelli, ma se non hai esperienza di ciclismo e non sai che cosa vivono davvero i corridori, cosa ti serve essere super preparato, se ti manca la base? Gli organizzatori fissano gli orari, ti danno l’hotel a tre ore dal traguardo e probabilmente tutto il resto non lo considerano. E alla fine viene fuori che la sera è tutto un correre. I massaggiatori hanno sempre meno tempo, si cena di fretta e i direttori sportivi non fanno più il giro delle camere. Uno perché deve seguire la logistica, un altro perché non sempre trova il tempo. Con Pogacar ora va tutto bene, ma cosa succederebbe al primo vero intoppo? Vanno bene i mega staff, ma poi ci sarebbe qualcuno in grado di parlarci?».
Tutti a Sanremo
Poi l’ultima tappa della Tirreno-Adriatico è partita portando con sé pensieri e suggestioni e lasciandoci lì a rimuginare su quanto detto. Bauhaus ha vinto la tappa, Tadej Pogacar la classifica. Il gruppo vola, a volte la fretta e la velocità sono il pretesto perfetto per non fermarsi a fare analisi. Facciamo rotta sulla Sanremo e poi sarà già tempo di tornare al Nord.