Uno attento ai millesimi di secondo. Ai body studiati in galleria del vento per essere più aerodinamico possibile. L’altro che carica tende e scarponi. Una bici in carbonio leggerissima e super rigida da una parte, un “trattore” in acciaio dall’altra. Uno è Jonathan Milan, l’altro è Dino Lanzaretti. Campione olimpico su pista e ottimo stradista il primo (che conosciamo!), viaggiatore e avventuriero l’altro, un vero fenomeno e punto di riferimento dei viaggi in bici. Uno che è tornato d’inverno dall’estremo della Russia, tanto per dirne una.
Cosa può legare due ciclisti così diversi? La passione senza dubbio. Ma anche la curiosità. Milan seguiva Lanzaretti sui social. «Sono un suo ammiratore», ci aveva confidato. Quindi li abbiamo fatti conoscere. Per adesso l’incontro è stato virtuale, su Google Meet. Ma in futuro chissà.
Ecco quindi il loro dialogo…
Milan: «Piacere di conoscerti Dino».
Lanzaretti: «Ciao Jonathan, piacere mio».
Milan: «Ti seguivo su YouTube e sui social. Eri ritornato da uno dei tuoi viaggi. Mi sono guardato tutti i tuoi video. Giuro! Ho iniziato ad avere la passione per il viaggio anche io. Pensa che poi ho iniziato a cercare di progettare anch’io un’avventura. Ho iniziato a progettarlo, ma ancora devo farlo. Saranno stati quattro anni fa. Mi ricordo che avevo finito la mia prima stagione da under 23 o ero a metà della stagione. Iniziavo a progettare il viaggio da ottobre a novembre. Un mesetto via da casa facendomi quelle due settimane di recupero, due settimane di vacanza. Mi ero informato sulle applicazioni per fare la traccia, cosa portarmi dietro… Mi mancava solo di partire.
Lanzaretti: «E come mai non sei più partito?».
Milan: «Una cosa tira l’altra. Metti che mi capita qualcosa per strada? Iniziavano gli impegni con la nazionale di pista per andare a fare la Coppa del Mondo… E non sono più andato. Mi dispiace ancora un sacco».
Lanzaretti: «Dove volevi andare?».
Milan: «Sarei voluto andare a Capo Nord, per poi tornare in aereo perché per me quei 3.000 chilometri erano già abbastanza! Mi ero studiato le strade meno pericolose dove passare».
Lanzaretti: «Cavolo, sei stato sul pezzo! Ti sei veramente impegnato veramente. Quello è un giro classico».
Milan: «Ho visto anche i tuoi video di come costruire i fornelletti. Mi sono informato sulla temperatura che poteva esserci lassù, che tipo di cambio poteva andare meglio, quale tenda. E poi il cibo. L’avena che ti sei portato dietro anche tu… Davvero, Dino, mi piace, ma non ho tempo per fare queste cose. E in più con il lavoro che faccio devo stare attento».
Lanzaretti: «Immagino cosa possa essere la tua carriera e quanto preziose siano le tue gambe. Quando viaggi devi vivere da nomade e tu sei una macchina perfetta per pedalare. Mi stupisce questa passione e guarda, sappi che fra 25-30 anni quando smetterai di correre ci sarà lo stesso questo mondo che ti aspetta. Capo Nord non scappa. La tua passione è una cosa strana perché non ci sono personaggi che arrivano dal mondo agonistico, che hanno questa vocazione per l’avventura. Il cronometro e i tempi: è quella la tua vita. Però quando hai anche questa volontà e quel motore incredibile… è un attimo che ti mangi tutte le gare di endurance! Il giorno che ti stanchi della strada hai veramente tutto in discesa. Adesso poi faranno i mondiali di gravel».
Milan: «E tu lo fai il mondiale gravel?».
Lanzaretti: «Ma scherzi! Ho ancora il titanio che spunta fuori dal malleolo per una frattura. Nell’ultimo viaggio che ho fatto sono andato con un super atleta, uno che di lavoro fa l’avventuriero e quindi per la prima volta mi sono dovuto allenare. Mi sono informato. Ho cercato di fare una preparazione, le ripetute, il contare le pedalate… cose che neanche sapevo esistessero. Credimi, mi si è aperto un mondo. Ho iniziato a provare questo qualcosa che per te, immagino, sia linfa vitale: questa adrenalina nell’andare forte. Arrivare dove vuoi, ma arrivarci con una performance fisica. L’anno scorso ho fatto delle gare amatoriali. Avevo di fianco gente che lo faceva per vincere. Dopo un’ora ero staccato. Però ho capito il meccanismo. E’ complicatissimo. Ma come fate ad andare così forte? Non riuscirei ad avere una disciplina mentale così tenace».
Milan: «Ci si abitua!».
Lanzaretti: «Tu hai il preparatore atletico, ma sono sicuro che conosci il tuo corpo. Sai cosa devi fare, cosa devi mangiare… La mia domanda è: ma anche a livello meccanico sei preparato? Perché quel cambio è fatto in quel modo e non in un altro?».
Milan: «Nel mondo del ciclismo professionistico non è obbligatorio saper intervenire sulla bici, ma col tempo s’impara. Se uno vuole si informa, come per l’allenatore o il nutrizionista. Per quanto riguarda i componenti meccanici neanch’io li conosco benissimo tutti. Se tu mi dici di smontare il cambio sì: lo so fare. Ma perché è una cosa che piace a me. Le mie bici da gara e da allenamento sono completamente uguali e mi piace tenerle con cura. Quando usi un mezzo tutti i giorni penso che sia bello sapere come è fatto e come funziona».
Milan: «La prima cosa che mi impressiona di te, Dino, è fin dove ti spingi. Pensi all’ultimo posto nel mondo, dove un ciclista non andrebbe e tu ci sei stato. Nessuno penserebbe: vado in Siberia. Non solo non ci andrebbe, ma se proprio dovesse partire lo farebbe d’estate. Non d’inverno col rischio di morire di freddo, pensando che dopo la pedalata deve fare la legna per il fuoco. Noi pro’ siamo seguiti, dobbiamo fare una preparazione ma anche tu però ti prepari. Siamo sullo stesso mondo, ma in due binari diversi che corrono paralleli. E questo mi impressiona. Che poi è la tua volontà di andare nel rischio. Hai incontrato -50° gradi… io ho freddo ad uscire con -3°!».
Lanzaretti: «Abbiamo in comune la bici, ma veniamo da storie diverse. La mia passione era fare il viaggiatore. Avevo un lavoro che mi permetteva di stare in giro 5-6 mesi l’anno. Viaggiare non è andarsene su una spiaggia tropicale dove ti portano il mojito. Il viaggio è andare in un posto perché hai la curiosità di andarci. Prima ho preso lo zaino e sono andato. Poi ho cominciato a scalare montagne perché volevo vedere altro. E poi ancora è arrivata la bici. Ma il motore che io avevo non erano i muscoli, era la voglia di scoprire. Ho capito che la bici mi dava questa possibilità di raggiungere posti nel modo più onesto. Il tramonto in cima a un passo di montagna è tuo. Te lo sei guadagnato. Non sei arrivato lassù in elicottero. Sono andato in Tibet perché ero curioso di vedere come le persone vivono lì».
Milan: «Però anche tu ti informi sempre prima di partire…»
Lanzaretti: «Adesso che sono stato al freddo sapevo già un sacco di cose. Non sono stato sprovveduto come uno spagnolo che è andato dopo di me e a cui taglieranno i piedi. Però quando ho iniziato io non c’era internet per informarsi. Quando è arrivata la rete, io ero già stato in metà pianeta. Nei viaggi che faccio la bici è il 30%. Tutto il resto è, come dici tu: stare vivo di notte, interfacciarsi con la gente del posto, vivere le esperienze che ti riserva l’avventura. Però ammetto anche che adesso fare un giretto più spinto per alzare il mio livello.. lo trovo figo. Jonathan, spiegami un po’ dei tuoi allenamenti?».
Milan: «Quando esco su strada mi alleno una volta al giorno, su pista anche due. L’anno scorso è stata un’annata concentrata sulla pista: facevo più sprint, lavori con rapporti molto duri, palestra. Io non sono un grande amante della palestra. Prima di arrivare a fare dei buoni carichi di lavoro in palestra devo avere una buona stabilità a livello del bacino, perché sono molto alto e devo sviluppare prima altri muscoli affinché possa essere equilibrato. Quest’anno invece la stagione sarà più concentrata sulla strada. Farò molte più ore. Andiamo a ore, non a chilometri. Gli allenamenti cambiano in base alle gare. La mia prossima corsa sarà la Milano-Sanremo e nelle prossime settimane farò molto volume, cioè molte ore per adattare il mio fisico ad uno sforzo lungo».
Lanzaretti: «Tu esci e fai un circuito, o comunque più o meno le stesse strade: come fai a trovare la voglia di fare sempre lo stesso giro?».
Milan: «Cerco di cambiare sempre. Certo, ho le mie salite in allenamento, ma spesso mi guardo intorno e vado in quei paesini che mi piacciono di più o in quelli in cui non sono mai passato. Alla fine sono concentrato sul lavoro che devo fare».
Lanzaretti: «Come fai a valutare i miglioramenti?».
Milan: «Non si vedono in breve tempo. Serve un anno o due o tre mesi. Oggi faccio una volata e raggiungo questa potenza, fra un mese riesco a fare 10-15 watt in più: sono migliorato e appagato. Lo capisci anche da come arrivi in cima ad una salita. Magari fai 10′ di salita allo stesso ritmo della settimana precedente, ma ti accorgi che potresti continuare per altri 10’».
Lanzaretti:«Capisco, che figata! Quanti anni hai adesso?».
Milan: «Abbiamo parlato di watt, di sprint, di forza… ti capita mai di andare in acido lattico?».
Lanzaretti: «Assolutamente no. Io devo cercare di restare vivo, perché quando smetto di pedalare devo pensare al cibo, alla tenda… Quando eravamo in Siberia la parte più facile era la bici. Lo scopo era quello di respirare sempre con naso e non sudare mai, per non far bagnare assolutamente i vestiti. In certi viaggi sei estremamente sottodimensionato rispetto a potenza muscolare espressa. Penso di non essere mai andato in acido in tutta la mia vita. Però devi sempre avere la marcia buona perché, se devi scappare devi essere pronto. Su un rettilineo in Turkmenistan, ti fai 250 chilometri ai 20-30 all’ora».
Milan: «Io sistemo la bici al millimetro, anche tu o non senti grosse differenze?».
Lanzaretti: «Nel mio caso si parla di centimetri. Ho avuto problemi comunque con la posizione. Per esempio, una volta mi si sono schiacciati i tendini delle mani perché avevo una bici più piccola e il peso era caricato sulle mani appunto. Per due mesi non ho più potuto usare due dita di entrambe le mani. Ero in Asia e avevo difficoltà anche a mangiare. Poi con un pezzo di bambù ho alzato un po’ il manubrio ed è andata meglio. Più recentemente in Islanda ho utilizzato un reggisella ammortizzante con escursione di un centimetro. Mi sono massacrato: ad ogni pedalata variava la lunghezza del piede. Lo dissi al produttore: questa cosa puoi venderla a qualcuno che va in bici alla domenica ma non a chi sta in sella 15 ore al giorno».
Milan: «Io invece i millimetri li sento. Sono molto sensibile. Ad inizio stagione nel primo ritiro ho portato la vecchia bici da casa e ho preso quella nuova. Come ci sono salito ho detto: c’è qualcosa che non va. C’era forse un millimetro di differenza. Con le scarpe impazzisco. E infatti le faccio sistemare al meccanico. Sarei in grado di farlo anche io, ma ci starei ore. Mi fido ciecamente di lui».
«Bene ragazzi – interveniamo – non ci resta che farvi incontrare. Magari metteremo un body aero a Dino e faremo salire Jonathan su una bici con le borse».
Milan: «Magari»
Lanzaretti: «Quando volete!».