Il Giro d’Italia si è concluso da meno di 24 ore ed è già tempo di guardare avanti al Tour de France. Ma per farlo bisogna passare dal Critérium du Dauphiné, per tutti il Delfinato, l’antipasto storico della Grande Boucle, che scatterà l’8 giugno da Domerat. Quest’anno sarà un antipasto ancora più gustoso, in quanto saranno presenti i tre maggiori contendenti alla maglia gialla: Tadej Pogacar, Jonas Vingegaard e Remco Evenepoel.
Ma come si affronta un Delfinato quando poi il grande obiettivo termina un mese abbondante dopo? E soprattutto, come lo si affronta quando ci sono tutti i tuoi rivali? Ne abbiamo parlato con un ex corridore che di Tour se ne intende: Vincenzo Nibali.


Cosa significa per uno che, ovviamente come te, doveva vincerlo il Tour, andare al Delfinato? Come ci si va?
Il Delfinato è un passaggio. Un passaggio quasi obbligato per andare verso il Tour de France, un po’ perché a volte ricalca il percorso del Tour stesso e quindi hai anche modo di studiare in corsa le strade, e poi soprattutto perché vedi come sono messi i tuoi rivali dal punto di vista della condizione. Vedi quello che è un pochino più indietro, quello che è con i tempi giusti, quello che invece è già in super condizione e forse è un po’ troppo avanti.
Che ricordi hai dei tuoi Delfinato?
Sono state occasioni che ho sofferto maledettamente, perché comunque lo affrontavo dopo un periodo di altura. Avevo bisogno di metabolizzare il lavoro e quindi facevo fatica. In alcune occasioni invece sono andato molto bene. Però diciamo che, a prescindere da come va, non c’è da fasciarsi troppo la testa perché poi l’appuntamento clou rimane comunque il Tour de France.
Chiaro…
Prima ho parlato delle strade. Un aspetto molto importante è prendere confidenza con quel tipo di percorsi e di tattiche. Con quello che troverai lungo le strade, abituarsi al modo di correre francese… sempre un po’ particolare e… scattoso. E’ un antipasto del Tour, insomma.




Bisogna arrivarci in condizione oppure si può anche non essere al top?
Oggi è molto importante arrivare in condizione in una gara che sicuramente potrebbe essere meno importante, ma che poi meno importante non è. Mi spiego: al Delfinato capita molte volte che si vada più forte del Tour de France.
Non sei il primo che lo dice…
Davvero si va più forte. Qualcuno deve guadagnarsi il posto… E’ dunque un riferimento importante. Si cominciano a vedere un po’ di numeri importanti sul computerino. E quelli sono molto indicativi, si prendono dati importanti. Perché se trovi corridori che vanno fortissimo già dal Delfinato, è normale che poi prima o poi caleranno. Almeno si spera… Ci sono invece squadre che hanno già programmato tutto il team per il Tour e prendono davvero il Delfinato come un avvicinamento. E questo è stato spesso il mio caso.
Raccontaci…
Sapevo da tempo cosa dovevo fare e con chi. Pertanto lo affrontavo per migliorare la condizione, tanto è vero che dopo il Delfinato inserivo un altro blocco di lavoro in altura. Magari media altura, ma era un completamento di preparazione, di un programma.
Tra pochi giorni vedremo tutti e tre i maggiori contendenti del Tour impegnati al Delfinato: cosa ti aspetti da loro? Ognuno seguirà il proprio programma o si punzecchieranno?
Non è facile da dire. Loro sono stati tantissimo fuori gara. Quello che più di tutti è rimasto fuori gara è stato Remco per i suoi problemi legati all’infortunio. Pogacar, lo sappiamo, può rientrare anche il giorno prima senza aver mai corso e andare forte. Vingegaard invece per me è da valutare e per me è quello più pericoloso, se non altro per capire come arriverà a questo appuntamento.


Questo ciclismo corre tantissimo e, anche se sono passati pochi anni, è diverso dai tuoi tempi il Delfinato attuale?
Oggi è diverso il modo di correre, perché sono state affinate le tecniche di allenamento. Ormai sappiamo tutti che i carboidrati, l’alimentazione, i materiali fanno una grandissima differenza. Se ne parlava anche al Giro con gli stessi corridori. Abbiamo visto le medie altissime, specialmente nelle prime ore. Basti pensare che nella tappa del Mortirolo, a fine discesa, avevano 38 di media, una media altissima. È vero che le bici sono più veloci, è vero che l’abbinamento è molto più tecnico, però alla fine la devi spingere, devi pedalare. Resta dunque valida l’idea che non ci si debba arrivare troppo in forma.
Lo vince uno dei tre? E chi secondo te?
Non lo so, perché a volte vengono fuori anche degli outsider, ma credo che Pogacar vorrà far vedere sin da subito chi comanda.
Qual è il tuo aneddoto del Delfinato, Vincenzo?
Difficile ricordare! Forse non c’è un aneddoto particolare, ma dire tutto il mio primo Delfinato. Lì mi sono reso conto che era qualcosa di diverso: era duro, era difficile ed ero mi trovavo sempre staccato. Ero giovane e avevo un mal di gambe pazzesco. Vedevo i campioni vicino a me che lottavano e prendevano, come ho detto, i vari riferimenti per il Tour de France, su grandi salite come Croix de Fer, Télégraphe… E io facevo tanta, tanta fatica!