Il 2023 vede un bel rientro nel gruppo dei professionisti, si tratta di Nicolas Dalla Valle. Nella stagione scorsa il veneto aveva fatto quel passo indietro, ritornando tra le continental. Il 2021 era finito con la mancata riconferma alla Bardiani. La squadra da cui ripartire, invece, aveva il nome di Giotti Victoria. Quando succede una cosa del genere, è difficile reagire e riallacciare il filo che si era interrotto. Ma Dalla Valle, dopo appena una stagione, torna in una squadra professional: la Corratec.
Immaginiamo tu sia contento di essere tornato tra i professionisti…
Sì, e lo sono ancor di più perché correrò in una squadra che ambisce ad un determinato calendario. Me ne sono accorto la scorsa stagione di quanto sia fondamentale fare delle corse di buon livello per continuare a crescere.
Come è iniziato questo 2023?
Bene, il tempo è clemente e pedalare diventa meno faticoso. Ripartirò a correre il 30 gennaio al Saudi Tour, quindi manca ancora poco e si ricomincia.
Alla Giotti hai avuto come diesse Stefano Giuliani, come ti sei trovato con lui?
In realtà lo conosco da sempre, sia per nome che per fama. E’ stato anche diesse di mio padre Gabriele alla Mobilvetta tra il 1998 ed il 1999. Giuliani è una figura molto carismatica e con tanta voglia di fare, quando ci siamo parlati mi ha dato subito fiducia e mi ha promesso anche un buon calendario. E così è stato, per una continental non è mai semplice ma Stefano ha avuto il merito di mantenere la promessa fatta. Nel 2022 ho fatto 55 giorni di corsa.
Come trasmette il proprio carisma alla squadra?
Lui è una persona molto seria e professionale, il suo lavoro lo fa sempre al massimo. Punta ad essere una figura di riferimento per tutti i suoi ragazzi. Una cosa che mi ha sempre colpito è che nelle sue squadre siano passati tanti corridori come me in cerca di riscatto e che molti sono riusciti a ricostruirsi. Sapete, quando ce la fa uno o due magari non ci si fa molto caso, ma quando iniziano ad essere di più vuol dire che del merito c’è.
In che modo secondo te riesce a “ricostruire” i corridori?
Giuliani è molto esigente, pretende sempre il massimo impegno, però non è mai esagerato, è in grado anche di premiare i ragazzi trovando sempre il momento giusto. Vi faccio un esempio: al Sibiu Tour, dopo la prima tappa, lunga 210 chilometri e corsa sotto la pioggia, dove ero arrivato secondo, al posto della pasta, a cena, ci ha fatto trovare una pizza. E’ un modo per premiare gli sforzi che fa bene al morale di un corridore.
Nel biennio alla Bardiani non hai avuto così tanta continuità.
Sono state due stagioni sfortunate (il 2020 ed il 2021, ndr), nelle quali non ho trovato la possibilità di mettermi in mostra. La prima annata con i Reverberi ho messo insieme 29 giorni di corsa, la seconda 32. La continuità aiuta a crescere e migliorare corsa dopo corsa.
Come si affronta il ritorno nella categoria continental?
Lo si vive sempre come una sconfitta, Giuliani in questo è stato bravo insegnandomi che non lo è affatto. La prima cosa da fare è ricostruirsi, analizzarsi ed accettare i propri sbagli. Si tira una bella linea sul passato e si inizia da zero.
A 24 anni, una volta tornato in una continental c’è il pensiero che possa essere l’ultima spiaggia?
Certo, questo pensiero deve esserci perché la realtà va affrontata. Ma non bisogna farsi abbattere, bensì trarne motivazione e spinta. La prima vittoria mi ha dato una grande mano per ritrovare la fiducia, anche se devo essere sincero: sentivo che qualcosa si stesse sbloccando anche prima.
Come è arrivata la possibilità Corratec?
Il mercato del ciclismo è sempre difficile e c’erano tanti fattori da considerare: l’età ed il fatto che ci sia una crisi tra le squadre e molte chiudono. A 25 anni sei considerato vecchio e questo non aiuta, però i buoni risultati ottenuti (quattordici top 10, due vittorie, tre secondi posti e due terzi posti, ndr) mi hanno permesso di guadagnarmi il mio spazio. Giuliani mi ha dato una mano anche in questo visto che grazie a lui, nel mese di settembre, sono riuscito ad entrare in contatto con Fondriest ed Alberati.
Da quanto abbiamo capito il calendario ed i risultati sono stati i fattori che ti hanno permesso di emergere.
Sì, è innegabile. Correre il Tour of Hellas, il Giro di Ungheria e tutte le corse a tappe in Romania, più quelle italiane mi ha dato un qualcosa in più. La fiducia di cui parlavamo anche prima passa dal fare corse di alto livello.
Qualcuno potrebbe storcere il naso sentendo definire quelle gare come di “alto livello”.
La realtà è che lo sono, nel tempo sono sempre migliorate. Al Giro di Ungheria c’erano velocisti di primo livello: Kooij, Viviani, Groenewegen, Jakobsen… Al Sibiu Tour erano presenti ben sei squadre WorldTour, mentre in Grecia le WorldTour erano due ma c’erano tante professional: come la Drone-Hopper, la Bingoal, Caja Rural e Novo Nordisk.
Ritornare tra le professional lo consideri un arrivo?
No. E’ una possibilità che la Corratec mi sta dando, un’altra ripartenza, diversa da quella che ho fatto l’anno scorso con la Giotti, ma sempre di una ripartenza si tratta.
E’ stata più difficile la ripartenza dell’anno scorso o lo sarà più quella di quest’anno?
Sono due cose molto diverse. Da un lato c’era la sconfitta per non essere riuscito a rimanere tra i professionisti. Questa la considero una ripartenza vittoriosa, l’obiettivo era quello di tornare nel ciclismo dei grandi e ci sono riuscito, ora devo dimostrare di poterci rimanere.