Valerio Conti sarà un nuovo corridore del team Corratec, squadra nata la scorsa stagione come continental che dal 2023 sarà professional. Il corridore romano è il primo nome di spicco che si accasa alla corte di Parsani, la curiosità su dove possa arrivare questo progetto è tanta. Conti arriva infatti dall’Astana, dove ha corso solamente per una stagione, quella passata.
Come stai Valerio?
Bene dai, in questi giorni sono stato in un centro di fisioterapia per curare qualche problema che ho avuto. Si tratta di una protusione alla schiena con interessamento del nervo sciatico, che mi ha condizionato per gran parte del 2022, dal Giro in poi. Ora ho risolto il problema, però la prevenzione e la cura non sono da sottovalutare quindi abbiamo fatto dei trattamenti, sblocchi ed esercizi in vista dell’inizio di stagione.
Hai corso solamente un anno all’Astana, come mai?
Inizialmente mi sono trovato bene, però negli ultimi periodi ci sono state delle incomprensioni dal Giro d’Italia in poi. Queste hanno poi portato allo scioglimento consensuale del contratto a stagione conclusa. Ho comunque voluto onorare l’impegno preso fino in fondo.
Ora sei alla Corratec, come è nato il contatto?
E’ nato tutto a fine stagione, è una cosa proprio nuova. Insieme al mio procuratore Carera ero alla ricerca di una squadra e parlando con Parsani abbiamo avuto la sensazione che la Corratec facesse al caso mio. Mi sono confrontato con tutti i dirigenti, con Frassi parlo quasi tutti i giorni, mi ha parlato delle situazioni tecniche e mi ha spiegato il progetto. Qualche volta mi chiede qualche consiglio anche se la stagione non è iniziata. E’ una squadra che ascolta molto i corridori e le loro sensazioni.
Che cosa ti ha convinto?
L’aspetto umano in primis, senza sapere di che tipo di contratto, si tratta di una professional che sta crescendo. Volevo trovare un’ambiente con tanta umanità e umiltà. Sono molto convinti di creare un bel progetto e stanno sentendo tanti corridori. Tra gli altri anche due che hanno appena concluso dei contratti con squadre WorldTour. Ho pensato alla parte umana, volevo stare in una squadra che credesse in me e con uno spirito umile e sincero.
La Corratec è una squadra che già lo scorso anno ha fatto un calendario interessante con tante corse all’estero…
Delle gare parleremo più avanti e faremo un programma. Sicuramente uno degli obiettivi sarà quello di ottenere l’invito al Giro d’Italia, non sarà facile ma lavoreremo per meritarcelo. Anche correre all’estero aiuta ed è ormai diventato importante per avere un livello alto, il livello è alto in tutte le gare ormai, quindi si ha la possibilità di creare la forma in corsa.
Visto che è una professional non è da escludere che arriveranno dei ragazzi giovani.
Sì, il mio ruolo sarà anche quello di essere un “uomo squadra”. Mi hanno preso perché mi considerano una persona intelligente con una buona esperienza alle spalle. Potrò insegnare qualcosa ai più giovani.
Le stagioni passate non sono state semplici, dopo la maglia rosa del 2019 hai avuto delle difficoltà.
Questo è vero e non si può negare, nel 2020 complici le poche corse effettuate a causa del Covid ho fatto fatica a trovare il colpo di pedale giusto. Nel 2021 ho avuto qualche problema fisico a inizio stagione ed in più non ho avuto un gran feeling con la UAE. Dal 2019 al (quasi) 2023 il tempo è volato, l’obiettivo è di ritrovare la serenità ed il piacere di correre.
Moralmente che anni sono stati?
Non semplici – sorride amaramente – ovviamente quando non si rende come si può si è dispiaciuti. Un atleta quando non raggiunge il cento per cento non è felice, non sono mai stato infelice ma nemmeno entusiasta.
Tu sei passato da giovane in una WorldTour, la Lampre, forse ti è mancato il passaggio intermedio?
E’ una cosa molto soggettiva. Ora se sei un corridore di alto profilo non ti accorgi del passaggio. Al contrario, se sei uno “normale” passare in una WorldTour piuttosto che in una professional è più difficile. Non si è sempre seguiti o comunque ascoltati fino in fondo. Io in Lampre sono stato fortunato, ho potuto pedalare fin da subito. Dal punto di vista umano la Lampre era come una professional. A parte di pedalare subito, dal punto di vista umano valeva molto.
Dici che in questi anni è cambiato così tanto il mondo del ciclismo?
Già dal 2014 al 2022 il mondo del professionismo è cambiato, si va più forte perché tutti sono obbligati a fare le cose in maniera perfetta. Non è concesso sbagliare, anche perché i contratti sono di due anni, il margine per riparare è minimo se non inesistente.
Ai nostri giovani servirebbe una WorldTour italiana?
Sì, la Lampre era una squadra italiana, con organico italiano con un clima più tranquillo e sereno. I nostri ragazzi forse sarebbero più seguiti o comunque avrebbero più possibilità di essere ascoltati.