«Sabato abbiamo fatto quasi sei ore – dice Brambilla – la scorsa settimana ne sono saltate fuori 26. Per fortuna ieri c’è stato riposo».
Il ritiro della Trek-Segafredo procede con l’intensità giusta, nella bolla anti-Covid che rende tutto ovattato, ma nulla può contro la fatica. Il vicentino di stanza a Monaco ha ripreso di buona lena dopo il 2020 che era ripartito bene dopo il lockdown, ma si è infranto contro l’asfalto della tappa di Vieste, nella caduta che ha compromesso il ginocchio e a Piancavallo l’ha costretto al ritiro.
«Ma adesso sto bene – dice – è rimasta solo una brutta cicatrice. Ho fatto la risonanza e non c’erano lesioni, solo liquido. Per cui me la sono cavata con un periodo di riposo. Peccato, perché il 2020 fino a quel punto non era stato da buttare. E’ stato una stagione stranissima. Alla Tirreno avevo una buona condizione. E quando si è visto che Nibali non stava tanto bene, ho fatto io classifica e alla fine c’è scappato un nono posto. Il ritiro dal Giro scoccia, perché sentivo che avrei potuto fare davvero qualcosa di buono per Vincenzo».
Ormai hai la dimensione del gregario oppure ci sarà spazio anche per te?
Tutte le corse, se starò bene, saranno buone. Logico che se ci sono Vincenzo e Giulio (Ciccone, ndr), io corra per loro, ma non saremo sempre insieme. Nel mio calendario “libero” ci sarebbero Murcia e Almeria, se si faranno. Altrimenti Haut Var, Drome-Ardeche, Laigueglia, Strade Bianche, Catalunya e niente Tirreno. Poi altura sul Teide, quindi Trentino e Giro insieme a loro.
Pensi di aver lasciato delle occasioni lungo la strada?
Non rimpiango niente. Qualche volta, soprattutto negli ultimi anni, sono andato forte, ma non sono riuscito a concretizzare. All’Emilia del 2018 ho bucato all’ultimo chilometro, quando stavo per riprendere De Marchi che ha vinto. Nella tappa di Pinerolo al Giro del 2019 si poteva arrivare, ma Capecchi ha corso per perdere. Se ci penso altri 5 minuti trovo un altro mazzetto di occasioni perdute. La fortuna sarà cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo. Eppure la sensazione di poter andare ancora forte mi dà la motivazione per migliorare ogni anno.
Nel 2020 sei sembrato molto in palla.
E’ stato l’anno in cui mi avete visto più tirato, anche se poi al Giro è successo il patatrac. A volte mi rendo conto solo io che vado forte, perché non faccio risultato. Quest’anno compio 34 anni, il tempo passa, vado verso al maturità.
Giusto ieri abbiamo pubblicato un’intervista con Rebellin, lui cosa dovrebbe dire?
Mi sono allenato qualche volta con lui a Monaco e va forte. Nel 2019 l’ho trovato subito dopo il Giro, avevo una bella gamba e preparavamo entrambi il campionato italiano che ha vinto Formolo. Abbiamo fatto la salita di Seborga e andavamo forte, tanto che in cima abbiamo fatto la volata. Non c’è stato verso di staccarlo. E’ un personaggio umile, molto serio sul lavoro e come persona. Fa ciclismo in modo totale, addirittura porta con sé barrette che prepara da sé.
Rebellin dice di aver cambiato molte cose, dalla preparazione all’alimentazione.
Essere curioso fa parte anche del mio carattere, c’è sempre da imparare. Questo mi dà voglia di fare fatica e rende accettabile la lontananza da casa durante i ritiri. Per contro devo dire che il ciclismo ormai è il mio ambiente, sarebbe difficile fare senza. Non correrò fino a 50 anni, ma mi piacerebbe fare qualcosa nell’ambiente. Già adesso provo a fare la mia parte, parlando con i più giovani, ma sanno già tutto. Alcuni ascoltano, però certe volte sembra davvero di gettare parole al vento.
Poco fa hai parlato di famiglia, ricordiamo la dedica dopo la tappa di Arezzo alle tue “due bambine…”.
Asia ha ormai 4 anni e mezzo e sono felicissimo. Il post allenamento è più impegnativo dell’allenamento, perché rientri e hai da giocare per altre due ore. La fatica inizia lì, ma non me la perderei per nulla al mondo. Con lei c’è sempre Cristina, la mia ragazza, ma quando ci sono cerco di essere un padre presente. Per fortuna il lockdown l’abbiamo passato in Italia, altrimenti in appartamento saremmo impazziti.
A proposito di lockdown, nonostante tu abbia 33 anni, sei fra i pochi usciti bene da quel periodo…
Ho fatto il giusto, non troppo. Sui rulli al massimo un’ora al mattino e una il pomeriggio. Non avevamo neppure un obiettivo, non serviva fare di più. Non è stato un bel periodo. Ne ho approfittato per togliere una ciste che mi ha fatto perdere 10 giorni prima di andare al primo ritiro a San Pellegrino. Ho ripreso a correre un po’ indietro, ma dalla Tirreno ero a posto. Non so come abbiano fatto gli altri ad avere la testa per stare tutto quel tempo sui rulli…