Se è vero che dal 2012 la spedizione italiana su pista (allora ridotta al solo Elia Viviani impegnato nell’Omnium e finito 6°) è andata espandendosi, continua a latitare nel settore velocità: una grande parte delle gare di Tokyo 2020 ci vedranno semplici spettatori ed è così da molto tempo, praticamente da quando Roberto Chiappa ha appeso la bici al chiodo.
Miriam Vece ci ha provato ed è indubbio che in questi 5 anni sia cresciuta a dismisura, fino ad arrivare sul podio mondiale nei 500 metri da fermo. Peccato però che la gara non faccia parte del programma olimpico e che nelle altre prove (velocità e keirin) ci siano ancora dei passi da fare per arrivare nell’elite planetaria. Intanto però la portacolori dell’Esercito continua ad allenarsi e intanto vive la sua attesa olimpica, come ogni altro appassionato sportivo.
Come stai vivendo da spettatrice l’attesa per questi Giochi Olimpici e quant’è il rammarico per non essere potuta entrare nel gruppo delle partecipanti?
Sinceramente la sto vivendo bene, so che mancano pochi giorni ormai e non vedo l’ora di vedere le mie compagne di nazionale e i ragazzi con cui mi alleno correre e far vedere quanto valgano. Certo non posso negare che ho dentro di me un forte disappunto per non esserci anch’io: a volte penso che non accenderò la TV finché le Olimpiadi non saranno finite, altre penso che è andata così e da qui posso solo imparare e migliorare.
Riguardando indietro, pensi che ci fosse davvero la possibilità di qualificarti o sei conscia che il processo di maturazione è più orientato verso Parigi 2024?
Non so onestamente come sarebbe andata se avessi iniziato ad allenarmi solo da velocista e cosi seriamente magari un anno prima. Nella velocità ci vuole tanta esperienza e tattica, cosa in cui sto migliorando di gara in gara, ma purtroppo con i se e i ma non si va da nessuna parte e la qualifica per Tokyo 2020/1 non è arrivata. Ora sicuramente il mio obiettivo più grande sarà Parigi 2024 e posso assicurare che ci sto già lavorando.
Tu sei giovanissima, ma eri bambina quando l’Italia presentò l’ultimo azzurro nella velocità (Roberto Chiappa nel 2008) mentre al femminile non siamo mai stati presenti: secondo te negli ultimi anni sono stati fatti progressi nel settore o siamo ancora molto indietro?
Sicuramente il nostro livello non è paragonabile al livello delle nazionali Top come Olanda, Gran Bretagna e altre, ma sono convinta che pian piano l’Italia si stia facendo rivedere. Penso che le due medaglie di bronzo vinte da me nel 2020 han fatto vedere che l’Italia si sta dando da fare e spero che questo possa rappresentare solo l’inizio. Allenandomi a Montichiari ho visto un gruppetto di 3 junior allenarsi da velociste, spero non mollino e vadano avanti, anche se essere velocista su pista vuol dire mollare completamente la strada e so che ad alcuni diesse la cosa non va molto giù…
Si parla spesso delle differenze fisiche prima ancora che tecniche tra i nostri specialisti e quelli delle nazioni più in voga (Olanda, Australia, Paesi orientali): è davvero tutta questione di muscoli?
La palestra fa una gran parte del lavoro, ma non tutto. Ci sono velociste come Voinova, la Welte e altre ragazze che hanno muscoli, ma non sono enormi eppure vanno fortissimo. Spingere i rapporti lunghi è la base al giorno d’oggi, che si allena sia in pista che in palestra e la tattica/tecnica fa la sua bella parte in gara, puoi essere veloce e forte quanto vuoi ma se non sai correre non vai lontano, parlo anche per esperienza personale: mi è capitato un paio di volte di essere quella col tempo migliore tra le due in batteria e poi ho perso la gara…
Tu che le atlete più forti le hai conosciute ed affrontate, chi vedi favorite per il podio olimpico nelle tre specialità (velocità individuale e a squadre e keirin)?
Ci sono tante ragazze che vanno forte ed è da un po’ che non ci sono gare internazionali e non le vedo correre, quindi non saprei. Ma sul podio della sfida per team sicuro metto Germania, Russia e credo Cina. Anche nella velocità e keirin sul podio vedo le tedesche; Sara Lee da Hong Kong penso sia un’altra delle favorite come può esserlo l’inglese Marchant , già medaglia olimpica a Rio. Nel keirin sul podio penso che ci sarà anche la coreana Lee. Poi in gara tutto può succedere, anche le russe, le olandesi e la francese Gros nelle specialità individuali non sono da sottovalutare.
Quanto inciderà l’assenza di eventi da oltre un anno per alcuni Paesi e pochissimi per altri (gli Europei disputati solo nel 2020 e a ranghi ridotti, annullati nel 2021, Mondiali disputati appena prima dello scoppio della pandemia)?
Il non correre per così tanto inciderà: l’adrenalina, l’ansia e la tensione prima di gare così importanti non si può vivere in allenamento, a differenza magari di un 200 metri lanciato che lo si può provare esattamente come si farebbe in gara.
Secondo te anche le condizioni particolari della rassegna olimpica, con gare senza pubblico, influiranno sugli esiti delle prove?
Se fosse una domanda personale per me ti direi sì. Sentire il pubblico urlare, applaudire e incitare mi dà sempre quella carica in più, poi va da persona a persona ma sono convinta che tanti atleti la pensano come me.
In campo maschile, considerando sempre le tre prove del settore, quali saranno i corridori e le scuole che si metteranno maggiormente in luce?
In campo maschile sul podio del TS mi aspetto olandesi e inglesi, sarà sicuramente una bellissima battaglia tra di loro come credo anche nella velocità e nel keirin. Gli olandesi sono campioni del mondo da anni e sicuramente faranno di tutto per vincere l’oro. Nelle specialità individuali penso che diranno la loro anche i giapponesi e australiani, poi penso che anche Nico Paul da Trinidad and Tobago che detiene il record nel mondo nei 200 metri possa fare molto bene nella velocità.
Tre soli anni per arrivare a Parigi: secondo te è un tempo ridotto per rimescolare le carte dopo Tokyo e quindi pensare a un contingente italiano più corposo e completo?
Penso che l’Italia, almeno in campo femminile, a Parigi avrà più esperienza e sono quasi certa che per alcune di loro sarà la seconda Olimpiade, sono tutte giovani e c’è ancora margine per migliorare. In campo velocità speriamo che tre anni siano abbastanza per arrivare dove vogliamo.
Che cosa significherebbe per te qualificarti per allora?
Qualificarmi per Parigi sarebbe il sogno di una vita, sarebbe scrivere la storia della velocità femminile in Italia ed è qualcosa che voglio e spero di riuscire a fare.