Oltre alla sua competenza, quello che faceva funzionare la gestione Salvoldi fra le donne è che Dino aveva in mano la strada e la pista, per cui l’impegno trasversale, oltre che richiesto, faceva parte di un patto (non sempre semplice da onorare) fra il tecnico e le atlete. Quando i due… poteri sono stati sdoppiati, con Sangalli alla strada e Villa alla pista, è successo qualcosa che si poteva prevedere e che il tecnico milanese ha fatto notare nel velodromo di Glasgow dopo aver toccato con mano il calo di rendimento delle azzurre.
Un calo di tensione
Facciamo una premessa: il professionismo è arrivato fra le donne con la velocità e la forza di un tornado. Il solo calendario che conti è quello WorldTour, per cui le ragazze più rappresentative corrono senza soluzione di continuità. La programmazione c’è, ma avendo organici all’osso, è frequente che salti. Non è facile gestirsi e gestire il proprio tempo, quando si gira come trottole. Soprattutto se a richiedere la tua presenza in pista c’è un tecnico come Villa, che non impone regole rigide, ma si affida al buon senso e al professionismo dei suoi atleti.
Forse lo scorso anno, conquistate dai suoi metodi e dalla novità di lavorare con i ragazzi, le azzurre hanno mantenuto alta l’asticella vincendo titoli in abbondanza. Quest’anno invece, con il prevalere dell’impegno su strada, alcune hanno subito un calo di tensione, limando laddove nessuno le chiamava a rendere conto: la pista. A ciò si aggiunga che l’anno pre-olimpico per chi fa la doppia attività è sempre un trabocchetto, soprattutto al confronto con chi invece punta sulla specializzazione ed è già in tabella per i Giochi, come Villa ha sottolineato con chiarezza.
Il metodo Villa
Le parole pronunciate a Glasgow dal tecnico della pista subito dopo l’oro di Ganna sono state infatti chiarissime, ma molto pacate come nel suo stile.
«Le donne hanno un calendario che conoscono poco – ha detto Villa – lo stanno testando con mano da un paio d’anni. In più è capitato un Tour a ridosso del mondiale e per chi fa pista non è stato il massimo, però siamo lì. Le ragazze del quartetto francese non hanno fatto il Tour, eppure hanno vinto per 2 decimi su di noi. Loro hanno fatto una preparazione mirata, noi da italiani siamo andati a fare il Tour perché le squadre l’hanno voluto. Lungi da me dire di non andare alle gare su strada, perché sono il primo a cercarle per definire la condizione in vista di un mondiale. Però quello che un po’ manca è il sistema e gliel’ho spiegato.
«Devono cercare di venire in pista quando sono a casa libere. Fare il sacrificio di venire almeno una volta alla settimana per fare i richiami. Quindi dipende più da loro che dalle squadre. Non è che le sto rimproverando, sto chiedendo di mettere in atto il sistema di allenamento che con gli uomini ha dato ottimi frutti senza compromettere nulla dell’attività su strada. Chiedo questo, perché ho notato che la partecipazione è un po’ calata rispetto all’anno scorso, con l’aggiunta degli infortuni di Balsamo e Guazzini».
Patto Villa-Sangalli
E’ una chiamata alla responsabilità dopo aver riscontrato che a fronte di messaggi diretti e decisi, alcune ragazze non hanno risposto come Villa e Masotti si aspettavano. Ad esempio dopo il Giro d’Italia, Consonni è rientrata dalla Sardegna per andare a Montichiari, trovando Balsamo e Guazzini scesa di proposito da Livigno, mentre altre (pur contattate) sono rimaste sulla spiaggia.
Quando si tratterà di giocarsi le medaglie olimpiche, serviranno una presa di coscienza da parte delle ragazze e un patto di ferro fra Villa e Sangalli – nel parlare con le società e nel programmare con rispetto la stagione delle atlete – perché si possano varare meccanismi più efficaci, traendo reciproci vantaggi. Anche perché il gruppo di riferimento è pressoché identico su entrambi i terreni. E troviamo rischioso continuare a spremere le atlete a sei mani, senza curarsi del rischio di esaurirne troppo presto la vena.