Dai mondiali juniores di Tel Aviv stanno arrivando altre buone notizie dal settore velocità. Mattia Predomo ha conquistato la maglia iridata nel keirin e giusto pochissime ore fa anche l’oro nella velocità. Il bolzanino milita nella squadra di Matteo Bianchi, la Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino, che ha collezionato maglie europee ad Anadia tra gli under 23 e medaglie più un record italiano agli europei di Munich 2022. Sono primi segnali di un movimento che sta iniziando a muovere i primi passi, con il coordinamento azzurro di Ivan Quaranta.
Ritorno al passato
Giovani che riportano risultati in discipline in cui l’Italia iniziava a soffrire una nostalgia ancorata a nomi che hanno scritto la storia della velocità. Gli anni Novanta per il nostro movimento sono stati forse l’apice di un settore che oggi si sta riscoprendo e movimentando.
Federico Paris, Roberto Chiappa e Gianluca Capitano erano gli interpreti di un decennio costellato da titoli mondiali e vittorie in Coppa del mondo che hanno fatto sognare i tifosi italiani. Lo stesso Sir. Chris Hoy ci ha detto in una recente intervista. «A metà degli anni ’90 voi avevate gente come Roberto Chiappa e Federico Paris. Erano delle vere star. Noi britannici ci siamo ispirati a loro».
Ripercorriamo ciò che era e chiediamo un parere su ciò che è e potrà essere il movimento velocità in Italia proprio con Federico Paris. Attualmente ricopre il ruolo di Coordinatore dei Responsabili di strada e pista per la Lombardia.
Come funzionava negli anni Novanta il settore velocità, c’era una coordinazione federale presente?
La maggior parte di quel periodo è stata coordinata da Mario Valentini (al centro fra Paris e Capitano, nella foto in apertura, ndr). La Federazione seguiva il settore a 360 gradi con le prime prove della Coppa del mondo che in quegli anni cominciavano ad essere organizzate e i mondiali che rappresentavano il fulcro della stagione.
Che momento era per la pista italiana?
C’era un settore solido, la squadra era composta prevalentemente da noi tre ma anche da altri ragazzi. I primi anni che ho iniziato la mia attività su pista, non c’erano le prove di Coppa del mondo così come sono organizzate ora. C’erano ancora i gran premi internazionali, si disputavano principalmente in giro per l’Europa. Ancora oggi ne esiste qualcuno.
I gruppi sportivi erano importanti per realizzazione di una carriera in questo settore?
Facendo riferimento a noi tre, quindi il sottoscritto più Roberto Chiappa e Gianluca Capitano, facevamo parte tutti e tre di Corpi di Polizia. Io e Roberto alla Forestale e Gianluca nelle Fiamme Azzurre. Per cui sicuramente la cooperazione tra CONI e Corpi di Polizia allora come oggi veniva sfruttata e questo consentiva a noi di fare questa attività con una tranquillità economica.
Che differenze vedi con l’attività attuale?
A livello nazionale c’era una buona attività. Forse oggi manca un po. Negli anni Novanta c’era un bel calendario fitto per i velocisti, fatto di gare nazionali e internazionali. Oggi soffriamo sul nostro territorio. Ma è come un circolo vizioso, senza puntare il dito, oggi ci sono meno praticanti e anche meno gare. La concorrenza in quegli anni era tanta.
La velocità sembra aver ritrovato nuovo entusiasmo…
Quest’anno sono stati fatti sicuramente dei risultati più importanti rispetto agli anni passati. Senza guardare i numeri e vedendo il momento. Quando ho smesso di correre in bici ho seguito per un po’ di anni il settore della velocità sia nella categoria junior che in quelle maggiori. Quando non l’ho seguito più, ho notato che sono mancati i riferimenti. Si è verificato un appiattimento non tanto di risultati ma di praticanti. Il fatto che oggi Ivan Quaranta, una persona con una passione smisurata, segua esclusivamente il settore può dare dei risultati sicuramente importanti. Una sorta di ripotenziamento del settore.
Le infrastrutture sono determinanti per il movimento?
Assolutamente si. Le strutture come il nostro Montichiari, un velodromo da 250 metri coperto, è uno strumento indispensabile per lavorare e fare risultati in pista. Soprattutto per il settore veloce che ha bisogno della pista dodici mesi all’anno. E con un velodromo scoperto non è difficile da capire che sia una cosa impossibile. Pe questo molti atleti migravano in altre strutture. Ce ne fossero di più, è facile da dire, ma sarebbe un passaggio determinante.
Voi come Regione Lombardia vi state muovendo per scovare talenti della velocità?
A livello regionale è difficile occuparsi in maniera specifica di un settore. Un occhio di riguardo per la velocità ce l’ho avendola praticata per tanto tempo. Anche Roberto Chiappa collabora con il comitato regionale attraverso il velodromo di Dalmine e anche con il responsabile tecnico della pista regionale. E’ chiaro che avendo queste caratteristiche c’è una predisposizione immediata. Se in Lomabardia ci accorgessimo di ragazzi motivati, appassionati o attratti dalla velocità quello che possiamo assicurare è un sostegno e un supporto immediato.
Le squadre sono importanti per la crescita in questa direzione?
Gli atleti crescono all’interno di società. Per cui quando trovano al suo interno un appoggio e un sostegno per fare questo tipo di attività riescono a fare un certo tipo di percorso. Bisogna tener presente che il ciclismo in Italia per tradizione è il ciclismo su strada. Quello su pista ad alti livelli si allontana sempre di più da quello tradizionale stradista.
Un esempio che sta facendo scuola è la Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino…
Non a caso il diesse è proprio Alessandro Coden. E’ un direttore sportivo che ha un’esperienza in questo settore specifico, ha fatto europei, mondiali e ha corso in pista da protagonista. La passione è l’elemento fondamentale per queste specialità. La velocità è un settore molto difficile, per tante ragioni. Per poterlo seguire ma anche per praticarlo serve una grande passione. Coden e Quaranta hanno recentemente raccolto risultati con i propri ragazzi ed entrambi hanno un background da interpreti di questo sport e non è un caso.
Le discipline veloci sono differenti da quelle endurance anche come approccio?
La prestazione finale non è solo la realizzazione di un allenamento. Somministrare tabelle e tirare una riga come magari può essere per le discipline endurance che si avvicinano di più ad una scienza esatta, una causa effetto parzialmente prevedibile. Nella velocità c’è un aspetto psicologico che determina tanto ed è molto stressante. Se non c’è passione e dedizione questo non è possibile. Ritengo che Ivan Quaranta su questo possa fare molto bene.
Chris Hoy vi ha citati come star e come esempi da emulare. Credi che oggi i risultati possano servire anche a creare interesse anche per atleti di altre discipline?
I risultati sono importanti per creare interesse, e farlo una specialità come questa è fondamentale. Noi nei primi anni novanta eravamo molto competitivi. La Gran Bretagna stava muovendo i primi passi. In quel periodo ha gettato le basi per il futuro diventato presente con risultati prestigiosi e un movimento che detta legge.