Wiggins, l’oro e l’eredità. La confessione del figlio d’arte

09.09.2023
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Dire che le medaglie e i titoli sono la miglior medicina per sciogliere la tensione di un ciclista può sembrare cosa scontata, ma basterebbe avere vissuto l’ultimo mese sull’ottovolante di Ben Wiggins per capire che cosa significa, soprattutto quando sulle spalle ti porti un peso come quel cognome. Dopo l’oro conquistato nella madison ai mondiali juniores, tutto è sembrato più leggero, tanto che si è sentito libero di aprirsi di più.

Appena tornato dalla Colombia, Wiggins ha rilasciato un’intervista a Global Cycling Network nella quale emerge molto del carattere del 18enne figlio dell’ex vincitore del Tour de France. Anche perché quell’oro conquistato con il neodetentore del record del mondo dell’inseguimento, Matthew Brennan, lo associa fortemente al ricordo di quanto fece Bradley, iridato due volte nella specialità insieme a Cavendish.

Per il britannico un bellissimo argento a cronometro a Glasgow, a 25″ dall’australiano Chamberlain
Per il britannico un bellissimo argento a cronometro a Glasgow, a 25″ dall’australiano Chamberlain

Un oro contro la depressione

«Era un mio sogno da sempre – ha esordito il giovane Wiggins – non riesco quasi a descrivere quello che ha rappresentato per me, mi sembrava di vivere in un’atmosfera surreale. Avevo chiuso 8° l’omnium e 4° nell’individuale a punti dove avevo mancato l’ultimo sprint vedendo sfumare la medaglia. Ero molto depresso, mi sembrava che tutto quel che avevo fatto non aveva avuto alcun senso».

Si parlava all’inizio di un “ottovolante” e il britannico spiega bene che cosa si intende: «E’ stato molto difficile rimanere sul pezzo, finire la crono di Glasgow al secondo posto e il giorno dopo già lavorare in funzione di Cali. La sequenza di eventi mi ha un po’ frastornato, era dura restare concentrati. Diciamo che l’oro nella madison ha salvato il mio mondiale e svoltato in positivo tutta la mia stagione.

«Se guardo all’indietro, a quello che mi prefiggevo a inizio anno, posso dire di aver centrato tutti gli obiettivi salvo la Roubaix, ma quello è un terno al lotto, fallire devi metterlo in conto… Volevo vincere una corsa a tappe e l’ho fatto (il Trophée Centre Morbihan, ndr), volevo una medaglia su strada e l’ho presa, volevo diventare campione del mondo su pista e ci sono riuscito. Sono contento per questo e perché mi sento ora molto più ciclista di quanto ho iniziato da junior».

Bradley Wiggins ha appena vinto il Tour 2012, il piccolo Ben lo segue sulla sua bici (foto Getty Images)
Una foto d’epoca, Bradley Wiggins ha appena vinto il Tour 2012, il piccolo Ben lo segue sulla sua bici (foto Getty Images)

L’approdo all’Hagens Berman Axeon

In questo suo cammino, Ben Wiggins ha trovato vari mentori: «Giles Pidcock innanzitutto, che ha avuto un ruolo importante, ma anche il mio allenatore Stuart Blunt che ha seguito tutta la mia crescita negli ultimi due anni al Fensham Howes-Mas Design, il mio team. Ora però è tempo di cambiare».

Ben il prossimo anno correrà con l’Hagens Berman Axeon di Axel Merckx. Una scelta sull’onda di altri giovani di grande avvenire come Herzog e Morgado, ma nel suo caso, considerando anche le offerte arrivategli da svariati team Devo del WorldTour, un po’ stupisce.

«Per me correre su strada e su pista è una priorità – ha ammonito Wiggins con parole che dovrebbero risuonare nella mente a tanti ragazzi, ma soprattutto a tanti diesse italiani – con Axel parlo da oltre un anno, ma crescendo la cosa è diventata più seria. Loro hanno avuto dozzine di corridori approdati nel WorldTour, per me è il miglior team di sviluppo, ma poi è contato il suo background».

Ben Wiggins con il padre nei box di Glasgow. Bradley si tiene lontano dall’attività del figlio, non vuole influenzarlo
Ben Wiggins con il padre nei box di Glasgow. Bradley si tiene lontano dall’attività del figlio, non vuole influenzarlo

Il peso di un cognome

E’ qui che Wiggins riserva alcuni concetti per certi versi sorprendenti, che risuonano come una sua totale messa a nudo: «Con il padre che aveva, ha vissuto tutte le pressioni che vivo io, ma amplificate perché suo padre era “the greatest”. Chi meglio di lui può guidarmi? Non volevo un team Devo, non volevo entrare in una squadra come un semplice ingranaggio, cambiando tutto nella mia vita, andando a vivere chissà dove. L’Axeon è più flessibile, è il team giusto per me».

E’ chiaro che a questo punto il tema del rapporto con il padre Bradley emerge in maniera prepotente: «Il nome è qualcosa di difficile da portare addosso quando tuo padre ha vinto tutto quello che ha vinto il mio – ammette Wiggins – so che cambiando categoria, l’anno prossimo si tornerà al punto di partenza, a nuove sfide, a nuovi raffronti. Mio padre è molto esplicito nel volerne stare fuori, la gente mi chiede che consigli mi dà, ma la verità è che non lo fa e per questo gli sono grato. So che è orgoglioso di me e questo mi basta. Io voglio farmi un nome con le mie forze, magari un giorno non diranno che sono il “figlio di”, ma diranno che lui è il padre di…».

Il podio della madison agli europei juniores 2023. Wiggins e Brennan sono d’argento, si rifaranno a Cali
Il podio della madison agli europei juniores 2023. Wiggins e Brennan sono d’argento, si rifaranno a Cali

Alla Ineos da vincitore

Ben Wiggins ha le idee chiare sul prossimo anno: «Ammetto che mi piacerebbe se già alla fine della prima stagione da U23 arrivasse una chiamata da un team WT, ma altrimenti un altro anno non potrebbe che farmi bene. So che sta tutto a me, a quel che farò per meritarlo. Io ho segnato nella mia agenda il Giro Next Gen e il Tour of Britain come cardini del nuovo anno, solo questi perché non voglio mettermi troppa pressione addosso».

Giustamente il collega della testata britannica ha chiesto alla fine perché Ben non ha scelto di passare direttamente dalla Ineos, seguendo le orme del padre: «Per ogni ciclista britannico Ineos è qualcosa di particolare, quasi una nazionale – ha risposto Wiggins – anche per me vista l’esperienza di mio padre, ma molto è cambiato da allora. Io vivevo nell’autobus della Sky da ragazzino, nessuno più di me conosce quell’ambiente. A me però interessa un team dove possa farmi un nome. Se andrò alla Ineos lo farò da vincitore, non come uno qualsiasi. D’altronde Axeon ha un legame anche con Jayco AlUla, dove il diesse è Matt White che lo era anche per mio padre. Staremo a vedere».