Le giornate di Dino Salvoldi, queste giornate primaverili sono pressanti di impegni, forse anche più di quando si doveva occupare dell’intero settore femminile. La sua scoperta del mondo juniores va avanti, ma se agli inizi della sua avventura, nelle prime prove internazionali, doveva necessariamente basarsi soprattutto su quanto fatto lo scorso anno, ora si basa sulle sue considerazioni e sta mettendo in atto un piano che va maturando di settimana in settimana.
Il tecnico azzurro è reduce dalla trasferta alla Corsa della Pace, la gara più importante fra quelle a tappe del calendario junior, tappa della Nations Cup dove la nazionale italiana è tornata a casa con il bellissimo sigillo di tappa di Federico Savino. A dimostrazione che le sue scelte erano state indovinate.
«Sapevo che questo era un passaggio fondamentale nella stagione – dice – e ho ragionato sapendo che avremmo trovato al via il meglio della categoria internazionale. Oltretutto affrontavamo percorsi molto impegnativi, decisamente più che nelle prove italiane di questo periodo stagionale. Quindi ho deciso di optare per atleti tutti al secondo anno considerando che quelli di primo anno non hanno mai fatto corse a tappe ed era assurdo iniziare subito dalla prova più importante e difficile».
Come ti sei regolato con le convocazioni?
Mi sono basato molto non solo sulle gare, ma anche sui lavori che svolgiamo su pista. Ho quindi portato quegli elementi sui quali sto puntando in ottica quartetto, più un paio come Bozzola e Arrighetti più adatti a quel tipo di gara. Tra l’altro è lo stesso sistema messo in atto dalla Francia. Penso di fare lo stesso anche per le prossime tappe, salvo che per il Tour du Pays de Vaud che richiede maggiori attitudini per la salita. Nella prossima gara però farò un’inversione e chiamerò ragazzi tutti al primo anno.
Come giudichi la trasferta?
Quando abbiamo fatto la riunione con i ragazzi prima del via, ho spiegato loro che non avevamo una squadra adatta per puntare alla classifica, perché è evidente che in questo momento anche a livello giovanile non abbiamo specialisti delle corse a tappe. E’ una fase, dobbiamo prenderne atto. Quindi volevo una squadra che interpretasse ogni tappa come una corsa in linea, correndo in maniera coraggiosa. La crono non ci è stata favorevole, anche la tappa clou che doveva definire la classifica non è stata fortunata ma nelle altre ci siamo messi sempre in evidenza e la vittoria di Savino è stata la perla della settimana.
Che corridore è?
Sto imparando a conoscerlo, agli inizi su pista faticava, ma è cresciuto tantissimo e in pochissimo tempo. Ha una caratteristica peculiare: è consapevole che per fare risultato devi attaccare. In Italia abbiamo troppo la tendenza a puntare al piazzamento, per questo non si rischia per vincere. Lui ha cambiato questo atteggiamento, ci prova e questo mi piace. Tecnicamente è ancora molto grezzo, ma io penso che possa crescere molto dappertutto, soprattutto nelle prove contro il tempo su pista e su strada.
Ti sei fatto un’idea del nostro valore in confronto ai movimenti degli altri Paesi?
Sì e siamo indietro, questo è sicuro. Per questo dico che dobbiamo avere pazienza nel giudicare i ragazzi e le loro trasferte, non dobbiamo chiedere loro la luna. C’è differenza contro buona parte del gruppo e questa è data dai tipi di gare che si affrontano. Io sono convinto che da giugno in poi le cose cambieranno. Noi abbiamo a che fare con la scuola che occupa molto spazio e molto tempo, anche mentalmente e per certi versi il nostro calendario lo contempla, proponendo gare più performanti nell’estate. Per questo le prove di questo periodo sono importanti, ma secondo me dicono poco in ottica gare titolate, europei e mondiali che siano.
Sembra di capire però che sulla doppia attività strada+pista sei molto esigente, tieni che un numero sempre maggiore di ragazzi provi questa opportunità per poi fare la sua scelta preferenziale più avanti…
Non solo con la pista, anche con la Mtb. Lo avete visto con le prime convocazioni, con Mattio e Milesi. Coinvolgeremo sempre più biker tenendo presente che i calendari si accavallano e non è assolutamente facile abbinare le varie discipline. In un processo formativo come il loro è però fondamentale, per sviluppare le proprie attitudini. Su un concetto però batto molto: chi fa pista non deve sentirsi penalizzato per la strada. E su questo serve soprattutto la collaborazione delle società.
Si parla spesso del passaggio sempre più precoce di ragazzi al professionismo e da più parti si vagheggia l’allargamento della categoria a 3 anni come una delle soluzioni: saresti d’accordo?
Sarebbe una scelta intelligente, considerando che in Italia c’è un sistema scolastico diverso da molti altri Paesi, con i ragazzi che a 18-19 anni devono effettuare la maturità che è un passaggio importante nella propria vita. Ci sarebbe modo di sviluppare il talento dei ragazzi con più calma e consentire alle società di sviluppare una vera filiera. Considerando che a ben guardare, da quando passano di categoria a quando devono fare l’ulteriore salto, hanno i ragazzi a disposizione per meno di due stagioni. Perché ciò avvenga però serve un accordo regolamentare internazionale, non possiamo farlo noi autonomamente.
Quali saranno i prossimi impegni?
Avremo il 21 e 22 maggio il Trophée Centro Morbihan in Francia, dal 26 al 29 il Tour du Pays de Vaud in Svizzera e dal 9 al 12 giugno il trofeo Saarland in Germania. Saranno tutte esperienze utilissime per i ragazzi, ma intanto si continua con gli appuntamenti settimanali a Montichiari, da quelli non si prescinde…