La prima parte di stagione, quelle della classiche se così possiamo dire, si è conclusa anche per gli under 23. Molti dei ragazzi della Green Project-Bardiani sono in ritiro in quota per preparare i grandi appuntamenti dell’estate, su tutti il Giro d’Italia U23 o Giro Next Gen come è stato ribattezzato da Rcs Sport.
Con Mirko Rossato, il loro diesse, facciamo un punto della situazione: risultati, modo di correre… Un bilancio che il tecnico veneto giudica in modo positivo. Anche se è mancata la vittoria.
«Non abbiamo vinto, e me ne dispiace, ma posso dire che abbiamo fatto un notevole salto di qualità. Quest’anno teniamo testa alle giovanili delle WorldTour e questo mi fa piacere».
Salto di qualità
Quando Rossato parla di salto di qualità non si riferisce solo alle prestazioni, che tra l’altro con una grande rotazione dei ragazzi – visto che stiamo parlando di under 23 – sono molto variabili di anno in anno, quanto piuttosto al tipo di attività, al modo d’interpretare le gare…
«Facciamo corse importanti – spiega – per il nostro livello chiaramente, contro squadre importanti. Ci manca qualcosa in termini di esperienza ma ho creato un bel gruppo e di questo ne sono orgoglioso. Ricordo che noi facciamo un’attività legata alla crescita. Ci manca qualcosa per essere alla pari degli altri ma ci si arriva con una cosa: lavoro, lavoro e ancora lavoro».
In effetti da questo gruppo sono andati via “senatori” come Tolio e Marcellusi e Martinelli fa la spola con i grandi.
«Loro non ci sono, ma non posso dire che manchino – va avanti Rossato – il salto degli altri è stato veloce, soprattutto da parte di Pinarello e Pellizzari. E non nascondo che anche gli altri siano cresciuti parecchio. Scalco, Paletti e Conforti si sono integrati alla grande. Li ho sentiti subito presenti. Ho grande fiducia in loro».
Sul modo di correre
Una squadra giovane, i ragazzi di Rossato sono per la maggior parte di primo e secondo anno. Eppure visti da fuori i Green Project corrono in modo molto più da pro’. Restano più compatti, aspettano “l’uno contro uno” nel finale. Si gestiscono come fossero una WorldTour. Il che può anche starci, visto che questo gruppo è mirato ad una formazione per il futuro, ad alimentare la prima squadra… Ma va bene per la categoria U23? Un’osservazione che poniamo a Rossato.
«Io – dice Mirko – cerco di mentalizzarli per vincere. Quando partono, partono con l’obiettivo della vittoria: questo è sicuro. Corriamo uniti, vero, ma questo è importante per il risultato. Nel ciclismo vince il singolo, ma è la squadra che fa la corsa. Poi okay, nell’uno contro uno, contro squadre importanti delle WorldTour come Jumbo-Visma, Groupama-Fdj, Ag2R… può anche starci che perdi e che emerga il più forte, ma l’impostazione della corsa è quella.
«E poi bisogna valutare anche le caratteristiche dei miei corridori, che sono quasi tutti scalatori. A noi servono le corse dure».
L’ultima frase ci riporta a questo inverno. Già in tempi non sospetti Rossato ci aveva detto che aveva voluto un certo tipo di corridori per il tipo di attività che avrebbero fatto. Un’attività di livello infatti imponeva quasi gioco-forza l’esigenza di atleti che tenessero benone in salita. Visto che ormai, come spesso diciamo, anche le corse più veloci prevedono un bel po’ di dislivello. In più voleva certi uomini proprio per poter correre all’attacco e non sulla difensiva.
Sbagliando s’impara
«Io dico che corriamo bene. Vedo che siamo presenti in tutti gli arrivi. Siamo under 23 e non possiamo correre come i pro’, ma appunto dobbiamo cercare di essere più aggressivi possibile».
«Sempre riguardo al modo di correre – va avanti con passione Rossato – Non avendo la radio ed essendo giovani ed inesperti i ragazzi sbagliano spesso. Ho trenta anni di esperienza e gli avrei potuto dare le indicazioni per non commettere certi errori… E avremmo vinto di più. Ma fa parte del gioco. E va bene così».
Va bene così perché Rossato stesso non è poi così favorevole alle radio in questa categoria. Se ai ragazzi si dice tutto, magari vincono, non commettono l’errore, ma non capiscono fino in fondo il perché di quella mossa. Non incamerano esperienza.
«Non capiscono perché avrebbero sbagliato e di conseguenza non se lo ricordano. Invece se sbagliano, poi se ne discute tutti insieme.
«A questa età, i corridori devono fare anche di testa loro. Devono usare la fantasia… se poi perdono la corsa perché hanno osato nessuno li mette alla gogna. Ma resto del parere che bisogna correre aggressivi».