In un periodo decisamente ricco di classiche per gli under 23, la vittoria di Lorenzo Nespoli alla Coppa Caduti di Reda ha un valore particolare per molti aspetti: innanzitutto perché è uno dei primi segni positivi per il nuovo gruppo della Colpack Ballan, profondamente rinnovato proprio per dare nuova linfa al team. Poi perché la concorrenza non era certamente trascurabile: basti pensare che secondo è arrivato il russo Roman Ermakov, oggi al team sloveno Meblo Jogi Pro-Concrete ma fino allo scorso anno punta di diamante del Cannibal Team, una delle multinazionali più accreditate nel panorama juniores.
Nespoli è la perfetta immagine del nuovo Team Colpack. Lombardo classe 2004, si è subito ritagliato uno spazio importante nel gruppo: «Ma più che di un gruppo parlerei di famiglia, perché è questa che si è creata fra noi e non parlo solo dei ragazzi, ma con lo staff tecnico, i meccanici. Ci capiamo subito e ogni trasferta è un vero piacere».
Il gruppo si è formato subito?
Sì, a novembre abbiamo effettuato un primo ritiro per conoscerci, ma poi nella preparazione svolta in Spagna abbiamo subito legato. Non siamo solo compagni di squadra, è nata un’amicizia fra noi che si traduce anche in grande collaborazione in gara fra tutti.
Il team ha avuto molti nuovi innesti, ma resta anche uno zoccolo duro di corridori più grandi…
Loro fanno un po’ da “chioccia”, i vari Persico, Della Lunga, Romele non sono solo le punte della squadra, quelli per i quali spesso lavoriamo ma anche coloro che ci guidano, che ci spiegano come comportarci in gara. Ci aiutano ad assuefarci alla nuova categoria, il salto non è di poco conto.
Che differenze hai riscontrato?
Si va più forte, questo è certo. Soprattutto in salita sono tutti a un alto livello, non credevo che ci sarebbe stato un tale cambio. Anche in pianura si va più forte, ma la differenza principale è che c’è più organizzazione, qualcosa di più vicino a quello che si vede fra i professionisti.
E personalmente hai riscontrato cambiamenti?
Diciamo che sono riuscito ad adeguarmi abbastanza presto. Mi sento più a mio agio, soprattutto in pianura, sul passo. Le mie prestazioni sono già salite di livello e non era scontato in così poco tempo. Anche in salita vado più forte e credo che la vittoria di Reda sia un po’ la summa di tutti questi cambiamenti.
Veniamo proprio alla gara vinta…
E’ stata dura, devo ammetterlo. Erano 147 chilometri con ben sette strappi, ma la prima e l’ultima parte erano in pianura e si è subito fatto gran ritmo. Molte strade erano strette, le salite erano diverse ma più erano corte, più avevano pendenze pronunciate, anche superiori al 10 per cento. Fino alla penultima salita c’è stato un certo ordine, si procedeva abbastanza compatti tenendo a bada le fughe di giornata, io tenevo sempre le prime posizioni, poi Faresin ed Ermakov hanno guadagnato terreno, sull’ultima salita io e Ansaloni siamo andati all’inseguimento riagganciandoli a 4 chilometri dall’arrivo e in volata l’ho avuta vinta.
Sei veloce?
A dir la verità non molto. Lì ho vinto perché eravamo tutti stanchi, non contava più chi era il velocista più forte, ha vinto chi ne aveva di più. Io preferisco arrivare da solo, fare la differenza, lo scorso anno ad esempio non ho mai vinto.
Questo successo quindi è la dimostrazione che qualcosa è cambiato…
Sto imparando, è dalle piccole cose che si vede il miglioramento. Ad esempio seguo molto di più le tattiche che si sviluppano in corsa, cerco di non sprecare energie, di rimanere in gruppo e sfruttare anche il lavoro dei compagni che a Reda sono stati eccezionali. Quel capitale di energie è stato decisivo per vincere.
Hai mai gareggiato all’estero?
Finora no e la cosa mi incuriosisce alquanto, perché è in quelle occasioni che capisci qual è il tuo reale valore. Non so ancora quando capiterà, il programma viene sviluppato piano piano proprio perché nello staff vogliono farci crescere con calma e io mi fido pienamente di loro.
Secondo te c’è davvero così tanta differenza con gli stranieri come si è visto lo scorso anno? In occasione della tua vittoria c’erano tre squadre di notevole livello, come l’AG2R U23…
Dipende molto dal modo di correre, ma per dare un giudizio dovrei affrontare gare all’estero. So però che squadre come quella francese sono diretta evoluzione del team WorldTour e si allenano come i professionisti, questo la differenza la fa. Ma io sono convinto che anche noi siamo forti e possiamo giocarcela. Batterli non è impossibile, io l’ho dimostrato.