Ai piedi del palco del Gran Premio Liberazione di Roma, qualche minuto prima che la corsa partisse, Paolo Tiralongo si aggirava incuriosito in sella a una bicicletta bianca. Qualche minuto prima avevamo incrociato anche Leonardo Giordani, suo compagno nei dilettanti e poi alla Fassa Bortolo, che incontrando Olivano Locatelli, suo diesse dei primi tempi, gli aveva chiesto come mai non lo avesse mai portato alla corsa romana. Essendo lui di Roma. E Locatelli gli aveva risposto di non aver mai voluto rischiare che rimanesse coinvolto in qualche caduta. Stessa cosa per lo scalatore siciliano, che infatti ammetteva di essere sulle porte di un insolito debutto.
Palazzago di giovani
Classe 1977, professionista dal 2000 al 2017, tre tappe vinte al Giro e poi preparatore e diesse di Aru fino al 2020, dallo scorso anno Paolo guida il Team Palazzago in cui crebbe da under 23 prima di spiccare il volo. Erano certamente altri tempi, la squadra aveva altre ambizioni, mentre oggi è ripartita da un gruppo molto giovane.
«Ragazzi giovani – precisa Tiralongo – tutti o buona parte del Sud Italia. Primi e secondi anni, abbiamo soltanto un quarto anno e un elite. Un quarto anno che è un ragazzo marocchino: vive in una comunità e ha fatto un cammino un po’ particolare. Mi ha ispirato fiducia, l’ho preso e ha fatto solo poche corse, perché adesso è fermo con la broncopolmonite.
Come mai questa scelta di ripartire da ragazzi del Sud?
Perché in tanti mi chiamano. Principalmente primi anni cui non danno la possibilità di andare avanti e magari tra questi, chissà, potrebbe esserci un nuovo Nibali o un buon corridore. Non è giusto che tutti questi ragazzi vengano portati alla categoria juniores e poi lasciati senza un futuro. Bisogna dargli la possibilità di provarci davvero.
Per una squadra così fortemente bergamasca è una scelta nuova.
Io penso che quando parliamo di ciclismo, non si debba pensare al bergamasco o al siciliano. Siamo tutti uguali e se si vanno a prendere i corridori stranieri, nel 2022 bisogna ancora farsi problemi a prendere ragazzi del Sud?
Secondo Scinto, i corridori giovani sono gli unici ormai ad ascoltare il direttore sportivo.
Un direttore sportivo dovrebbe avere qualcosa da insegnare e i ragazzi hanno certamente qualcosa da imparare. Devono anche imparare ad ascoltare. Non sempre si possono indovinare le cose, ma l’esperienza non manca e chi ascolta va avanti. Quelli che fanno di testa loro, non imparano dagli sbagli e alla fine si perdono per strada.
Abbiamo visto una foto di Aru in ritiro con voi.
A Fabio mi lega per prima cosa una grandissima amicizia, che c’è stata dall’inizio alla fine. Lui ha seguito il suo cammino, ognuno di noi ha deciso e fatto la sua carriera, ma l’amicizia è superiore a tutto questo.
E Tiralongo a che punto è della sua carriera?
Per me è una passione che cerco di trasmettere ai ragazzi più giovani, perché mi piace lavorare con loro. E magari chissà, in un futuro troverò un campioncino. Però bisogna pazientare e metterci sempre la passione.
Pazienza, la parola magica…
Non ce l’hanno in molti. Si passa troppo presto, ma io ci sono stato tanti anni di là, ormai è difficile anche stare in gruppo. Penso a Romano. E’ passato a 21 anni (alla Bardiani, ndr) e Dio sa quante volte gli abbiamo suggerito di aspettare. Non è andato bene ed è tornato con noi. Ha vinto quattro corse, s’è piazzato per 16 volte nei dieci, ma non lo hanno più voluto e alla fine ha smesso. Ne è valsa la pena?
Di cosa hanno bisogno i ragazzi del Sud rispetto al Tiralongo dei primi tempi?
Sicuramente di assistenza e gare, perché al Sud di gare non se ne fanno. Hanno bisogno di ritiri. Hanno bisogno delle montagne, perché in Puglia montagne vere non ci sono e io ho dei pugliesi che per allenarsi vanno a Matera o sul Gargano. E hanno bisogno di persone che creino un movimento anche al Sud, perché giù si possono fare tutte le gare che vogliamo. Si va a correre in Olanda, in Belgio, in Germania e in Francia e non si viene a correre al Sud?
Li tieni in ritiro a Bergamo?
Li tengo in ritiro. Ho anche l’appoggio di un grandissimo amico a Sorrento e andiamo spesso al suo Hotel Residence Le Terrazze, così ho modo di raggrupparli tutti. E poi abbiamo un ritiro fisso a Bergamo, grazie al presidente Ezio Tironi, colonna portante del Team Palazzago, che ci sostiene da sempre.
Ragazzi giovani significa che vanno ancora a scuola?
Esatto. E io sono uno che dà priorità alla scuola, perché è giusto che maturino bene. Adesso è obbligatoria fino a 16 anni, ai miei tempi era diverso. Perciò prima la scuola e poi da giugno fino a ottobre, se hai la testa puoi fare il corridore al 100 per cento. E se hai i mezzi puoi venire fuori.