Cronoman quasi per forza. Nell’ultimo campionato italiano contro il tempo riservato alla categoria under 23, alle spalle del bravo Davide Piganzoli, si è piazzato Matteo Montefiori della #inEmiliaRomagna.
Matteo è un passistone puro: 186 centimetri per 80 chili. Per uno come lui la bici da crono dovrebbe quasi essere una “protuberanza” naturale. In realtà non è esattamente così.
Se Montefiori è salito sul podio tricolore, una grossa fetta del merito è del suo preparatore Alessandro Malaguti, che lo scorso anno si è impuntato per fargli avere una specialissima da tempo. E della sua squadra che lo ha accontentato.
Questa storia va approfondita perché in qualche modo non è solo relativa al corridore imolese, che resta una “mosca bianca”. Riguarda tutto il sistema italiano, sempre molto avaro quando si parla di crono giovanile.
Matteo, sei vicecampione italiano contro il tempo…
Abbiamo faticato un po’, ma alla fine la bici da crono è arrivata. Ci abbiamo lavorato tanto ed è andata bene con quel secondo posto. Resta un po’ di rammarico per quei 5”.
Come è nato tutto?
Dall’italiano dell’anno scorso, concluso al 14° posto senza prepararlo. Avevamo visto valori discreti ottenuti con una bici decisamente meno performante. Da quest’anno quindi, anche grazie alla squadra, ho potuto iniziare a lavorarci di più. In particolare da fine marzo-aprile, da quando è arrivata la bici da crono.
Un bel cambio di passo…
Sì, anche per la strada. Ho visto che lavorando per la crono ho avuto benefici anche su strada. Finalmente è arrivato qualche buon risultato anche lì.
Questa piazza d’onore è stata una sorpresa per te?
Forse lo è stato di più il piazzamento dello scorso anno. Malaguti fu meno sorpreso di me. Vide in me un cronoman.
Avevi mai fatto le crono?
Qualcuna sì, sia da juniores che da allievo, ma senza mai prepararle in modo specifico.
Come avete lavorato?
Nell’ultimo periodo ho usato tanto, tanto la bici da crono. In primavera uscivo due volte a settimana con la bici da tempo, poi vicino all’italiano anche quattro volte. Ci ho fatto ore di sella e anche lavori specifici. E’ importante stare parecchio tempo in quella posizione per esprimere gli stessi watt.
Perché, è più difficile esprimerli?
Se ti abitui alla posizione no, altrimenti sì. Per questo è importante usarla con continuità. A quel punto diventa un gesto più naturale e a parità di watt vai più forte.
Come hai lavorato dunque sulla posizione?
Con Malaguti, presso il suo centro Relab, a Forlì. Siamo arrivati alla posizione finale dopo un periodo di adattamento. Più abbiamo “stravolto” e più abbiamo guadagnato, ma lo abbiamo fatto nel tempo, con tre-quattro interventi, soprattutto sul manubrio. Il manubrio da crono di Pinarello è abbastanza adattabile. E credo che alla fine abbiamo individuato una discreta posizione.
E sui rapporti siete intervenuti?
Per quest’anno no. Abbiamo lasciato il 53×11. Lo stesso che uso su strada perché siamo arrivati un po’ tardi per iniziare a lavorare con il 54-56. Ma in futuro bisognerà farlo.
Matteo, cos’è per te la crono?
E’ qualcosa che mi piace. Sei in sfida da solo con te stesso. E’ molto una questione di testa. Ed è dura. Quando pedalo penso a spingere forte e a stare in tabella.
Per tabella intendi i tuoi valori, i tuoi watt?
Sì, si stabilisce un livello di watt da mantenere. Soprattutto all’italiano, la crono era lunga: 35 chilometri. Il rischio di saltare era tanto e così guardavo costantemente il potenziometro. Credo che senza questo strumento sia davvero difficile sapersi regolare. Però io ascolto molto anche le sensazioni. E infatti nel finale ne avevo ed è saltata la tabella. Ho spinto al massimo.
Chi è il tuo idolo? Il tuo cronoman preferito?
Sarà scontato dirlo, ma è Filippo Ganna.
Sei consapevole che tra gli U23 italiani siete in pochissimi a lavorare sulla crono?
Pochissimi direi di no. Soprattutto quelli della mia annata (il 2002, ndr).
Però, come dicevamo all’inizio, è stato soprattutto grazie alla perseveranza del tuo preparatore se ora sei qui. Non è stato qualcosa di naturale…
Vero, un po’ abbiamo lottato, però per quel che mi riguarda si tratta anche di una crescita generale, mia e della squadra. La #inEmiliaRomagna non è tantissimo che c’è e siamo in crescita come team. Anche il presidente Gianni Carapia e il diesse Coppolillo mi hanno dato spazio e hanno creduto sul discorso della crono. Il primo anno l’obiettivo era finire la scuola e la squadra mi ha lasciato molto libero. Anche adesso non abbiamo pressioni, ma possiamo lavorare meglio.