Dai professionisti, agli juniores. E’ la storia di Luca Scinto che dopo un anno di stop è risalito in ammiraglia, quella del Team Franco Ballerini. L’ex corridore toscano è stato tra i fondatori di questa società, tuttavia ci tiene subito a chiarire che a tenere le redini della squadra non è lui, ma Andrea Bardelli. «E’ lui che conosce i corridori e la categoria», dice.
Il discorso però non verte sul team, ma sulla categoria. Scinto può essere un bel paragone tra questi due mondi, appunto quello dei pro’ e quello degli juniores, che tra l’altro sono sempre più vicini.
Luca, appunto, juniores categoria importante e delicata. Partiamo dall’inizio: quanto è diversa rispetto ai tuoi tempi?
Quanto è diversa? E’ cambiata come da zero a cento. E’ un altro ciclismo. Quando ero io tra gli juniores iniziavano ad arrivare i primi cardio, ma non sapevamo praticamente nulla di battiti cardiaci. E infatti non lo guardavamo. Eravamo “grassi”, muscolati come bambini normali. Iniziavamo ad andare in bici dopo la Befana. Ma che dico, a fine gennaio. Semmai prima si andava un po’ a correre a piedi.
E oggi?
Oggi sono dei pro’ e infatti a 20 anni raggiungono il top, mentre prima la maturazione era molto più lenta e s’iniziava ad andare forte a 24-25 anni. Prima era davvero una categoria giovanile. Bartoli ed io il sabato andavamo a giocare a pallone e la domenica andavamo a correre. Io giocavo nell’Altopascio, okay facevo il portiere, ma per dire che approccio ci poteva essere. Proprio io e Michele, credo siamo stati i primi ad utilizzare la Mtb d’inverno, a fare il ciclocross, ma già eravamo più grandicelli. E ancora l’impostazione in bici. Prima ti prendevano la misura del cavallo e via in sella. Adesso i ragazzi passano per più di una visita biomeccanica.
Cosa ti piace di questo mondo così diverso però?
Sto imparando a conoscerlo. Prima andavo solo a vedere qualche corsa ogni tanto, ora ci sono più dentro e mi diverto. Devo imparare ad entrare nella mente di questi ragazzi di nuova generazione. Però la cosa che più mi piace è come ti guardano quando gli parli. Ancora ti ascoltano. Ti stanno a sentire. Ed è bello, fa piacere.
Beh, fino a pochi mesi fa trattavi con i pro’: il metro di paragone è ancora fresco…
So che vanno a documentarsi su internet. Chi era Scinto, cosa ha fatto da corridore, diesse, con chi gareggiava… Più che altro devi stare attento ai genitori, tra mamme troppo premurose e alcuni papà che pensano che il loro figlio sia un campione. Ma questo è un discorso generale, non della mia squadra. La cosa invece che mi piace è che, almeno guardando i miei, ho trovato ragazzi di personalità. E anche che c’è una netta differenza fra stranieri e italiani.
In che senso?
I nostri ragazzi, stando a casa, sono più viziati, meno autosufficienti. Mentre vedo il canadese, Leonard, che a 17 anni vive da solo, lava, si fa da mangiare… E mi chiedo: uno dei nostri sarebbe in grado di vivere da solo non dico in Canada, che è dall’altra parte del mondo, ma in Belgio? Ci riuscirebbero i suoi genitori?
E invece una cosa che ti piace meno?
Che rispetto ai miei tempi non so se questi ragazzi arriveranno a 35-37 anni. Di fatto si salta il dilettantismo. Anche le squadre dei pro’ vogliono tutto e subito e questo credo che alla lunga ammazzerà il mondo under 23 e continental. Magari per alcuni va bene, ma per altri ragazzi che hanno bisogno di più tempo per maturare no. Uno Scinto corridore non ci sarebbe, o ancora di più un Ballan. Non credo che vedremo più un Nibali che a 37 anni lotta per entrare nei cinque al Giro d’Italia.
E invece quando si va alle corse: cosa è cambiato?
Alla fine questa parte è quella che resta più semplice. Oggi la tecnologia aiuta e con una chat di squadra è più facile comunicare, purché non se ne abusi. Io faccio riferimento agli orari per partire, agli appuntamenti, alle soste in autogrill… Per il resto anche la riunione dei diesse è sempre quella. L’altro giorno ero ad una corsa il cui finale era in sterrato e stretto. Le macchine non potevano starci. Nessuno ha parlato e io ho chiesto al giudice se potevamo andare avanti e metterci ad assistere i corridori da terra. Chiaramente se tutti fossero stati d’accordo. Da che non parlava nessuno, mi sono venuti tutti a ruota. Ma io sono così. Anche con Rcs al Giro se dovevo parlare, parlavo. Semmai vorrei che ci fosse più preparazione nei giudici regionali.
Cioè?
Noto che spesso sono impreparati e con poca esperienza. Il giudice non deve solo punire, ma deve essere anche una figura di dialogo. In una gara hanno squalificato un mio corridore per un rifornimento a 5 chilometri dal traguardo. Okay, non si fa, ma fammi un’ammenda, perché squalificare il ragazzo? Mi ricordo per esempio della Francesca Mannori. Lei si vedeva che era brava, che aveva personalità. E infatti adesso è al Tour de France. Come i corridori, anche i giudici bravi si vedono subito.
Lo Scinto diesse cosa diceva ad un pro’ prima di una gara e cosa dice ad uno juniores?
Partiamo dal fatto che per i primi è un lavoro. Quindi che devono dare il massimo per fare bene. Agli junior dico di mettercela tutta, ma anche di stare attenti, di comportarsi bene in gruppo, di non fare scenate dopo l’arrivo. Anche in virtù della maglia che portiamo in giro. Per noi il nome Franco Ballerini è orgoglio e soddisfazione. Oppure che non devono innervosirsi se c’è un guasto meccanico o di non abbattersi se una corsa va male. Questa categoria è davvero particolare. E’ un insegnamento di vita. E’ quella in cui capisci se del ciclismo puoi farne il tuo lavoro oppure no.
E invece i ragazzi cosa ti chiedono?
Più che chiedere si parla e si affrontano le situazioni. C’era un ragazzo che veniva dalla frattura del polso. Diceva che sentiva dolore e così gli ho fatto una fasciatura, un taping. Era poca cosa, però è servito a renderlo più tranquillo. Oppure un altro mi ha detto: quando arrivo in fondo alla discesa e poi c’è lo strappo le gambe mi fanno male, non girano. Allora gli ho chiesto: e ti bruciano anche? E lui: sì, sì… Ecco, ho ribattuto, è li che devi insistere, perché come bruciano a te, bruciano anche agli altri. Tante volte si molla venti metri prima degli altri. Solo che a quel punto hai perso il treno. E lui mi è sembrato aver capito.
Riporti mai qualche aneddoto?
Sì, proprio su questo discorso gli dissi come in un Giro del Lazio mi stavo quasi per ritirare, volevo mollare dopo una salita. In fondo alla discesa, complice anche un rallentamento, sono rientrato. E così prima dell’Appia, su quel bel ciottolato mi sono detto: visto che non vado, anticipo. Cavolo, volavo! Finii secondo. In generale cerco di raccontargli più delle mie esperienze da diesse, dei tanti momenti con Visconti, che quelle da corridore.
Però dai, parli con passione. Alla fine il ciclismo, il nocciolo, è sempre quello…
Guardate, ho vinto con radioline e senza radioline, con il tablet in ammiraglia e senza… non sono contro la tecnologia, ma alla fine il ciclismo è sempre quello – ammonisce Scinto – E quando mi dicono che sono vecchio, che il ciclismo è cambiato, rispondo che il ciclismo di una volta è più bello di quello attuale. I fondamentali sono cambiano. Non esiste che si facciano le tattiche per e-mail tre giorni prima della corsa. E succede nei pro’, credetemi. Ci sono tante cose poi che andrebbero chiarite anche tra gli juniores, come per esempio il motivo per cui da noi non si possono utilizzare i rapporti liberi, ma solo il 52×14, e al tempo stesso si mandano i ragazzi a fare la pressa in palestra. Sì, dai: mi piace questa categoria e mi piacerebbe continuare.