Francesco Busatto, dopo un lungo inverno, ha fatto il suo esordio con la Intermarché Circus Wanty. Il giovane veneto è passato con la squadra development ma le prime gare le ha già corse con i grandi. L’ultima volta che lo avevamo sentito non aveva ancora avuto modo di incontrare la nuova squadra. Negli ultimi mesi ha passato tanto tempo con il team U23 e con la WorldTour, iniziando a prendere le misure con la nuova realtà belga.
Come è andato l’inverno?
Bene – esclama – ci siamo trovati con il development team i primi di dicembre in ritiro vicino a Calpe. Ne abbiamo approfittato per fare conoscenza e imparare a stare insieme, d’altronde prima di allora non avevo ancora conosciuto nessuno.
Pochi allenamenti e tanto team building?
Sì, la squadra ha pensato di farci fare tante attività più per conoscerci che per allenarci. Tanti giochi e molte attività per legare. Naturalmente si è pedalato e nelle pause bar parlavamo molto tra di noi: dalla preparazione ad argomenti di attualità.
Quando hai iniziato a spingere un po’ di più?
A gennaio, quando sono andato in ritiro con i ragazzi del WorldTour. Abbiamo fatto tanti lavori più spinti per avere la gamba pronta alle prime corse di stagione. Avere la possibilità di conoscere i professionisti è stato incredibile. Ero in camera con Petilli ed è stato gentilissimo con me. Condividere la stanza con un italiano e per di più professionista è stato bellissimo, Petilli mi ha spiegato tante cose.
Di cosa avete parlato?
Di tutto: degli allenamenti, dell’alimentazione e dei vari test che facevamo sui prodotti utilizzati. Abbiamo visto degli studi sull’alimentazione e ci hanno spiegato molte cose, siccome era tutto in inglese, Petilli mi hai aiutato a capire meglio le cose che mi sfuggivano.
Hai svolto altre attività con loro?
Degli studi con la bici da crono ad Amsterdam, poi dei test sul VO2Max ed altri dati in Belgio. A tutti questo si è aggiunto il classico bike fitting. Mi è capitato di fermarmi a pensare e mi sono detto che quella che ho è davvero un privilegio unico.
Insomma, si capisce che siete trattati come professionisti…
Assolutamente. E se devo essere sincero, non mi aspettavo così tanta fiducia. Puntano molto su di me per le gare del calendario U23, questo mi fa piacere perché vuol dire che hanno avuto delle buone impressioni.
Intanto hai già attaccato il numero e lo hai fatto con i grandi.
La prima gara è stata la Muscat Classic, con un quarto posto finale che nemmeno sognavo la mattina. Valerio Piva mi aveva detto di provare a stare davanti, il percorso era vicino alle mie caratteristiche. Gli ho risposto che sulla prima salita avrei capito la mia condizione e mi sarei regolato di conseguenza, sentivo di stare bene ma non credevo così tanto. Sono stato bene per tutta la corsa ed alla fine mi sono anche lanciato nella volata finale.
Nel frattempo hai corso anche il Tour of Oman.
Lì ho lavorato per i miei compagni, l’obiettivo era di fare classifica con Meintjes e Taaramae. Nella quarta tappa, sulla salita finale, ho provato a stare con i migliori, ci sono riuscito ma ho fatto troppa fatica e non sono riuscito a lanciarmi nella volata finale. Gareggiare con i ritmi dei professionisti mi ha fatto subito capire il loro livello, è davvero elevato! Il ritmo sull’ultima salita è stato infernale.
Correre con accanto Piva e Petilli è stato utile per “ammorbidire” il tuo esordio?
Sono persone che ho conosciuto in ritiro e con loro accanto mi ha fatto sentire tranquillo. Mi manca ancora correre con gli altri diesse, ma non vedo l’ora di farlo.
Che sensazioni hai provato ad avere accanto Meintjes e Taaramae, corridori che hanno vinto tappe nei Grandi Giri?
Fa un certo effetto ascoltare i loro consigli. Così come ritrovarsi in gruppo gomito a gomito con Cavendish, Merlier o Ulissi. Ma si tratta solamente di un passaggio intermedio rispetto al mio obiettivo di voler diventare professionista.
Arrivi da una vita completamente diversa, che sensazioni provi se ti guardi indietro?
Un po’ è strano. Ripenso a quando ero piccolo, quando prendevo la mountain bike e andavo nei campi dietro casa, mettevo la bandana e facevo finta di essere Pantani e vincere il Tour de France. Da bambino avevo anche una piccola fattoria, quella classica che tutti i nonni hanno dalle mie parti. Ora non c’è più, non c’è più molto tempo per curare tutto, ho solo qualche gallina e tanti gatti.