Derek Gee è alto e a differenza di tanti altri scalatori la sua fisionomia è ben più possente, o comunque dà l’idea di esserlo. Gli occhi stanchi con qualche ruga che li piega all’ingiù, accentuando la sensazione di essere davanti a un corridore provato da tante fatiche. Qualche capello grigio, tagliato corto, si fa largo da sotto al casco. Il canadese della Israel Premier Tech sembra molto più vecchio di quanto sembri, in realtà ha ventisette anni e tanto ancora da fare.
Lo scorso anno il corridore di Ottawa ha preso parte al Tour de France mettendosi alla prova nella corsa a tappe più importante al mondo. Nonostante l’età nel 2024 Derek Gee, a Firenze, aveva iniziato il secondo Grande Giro in carriera. Il risultato non è stato affatto da poco, nono in classifica generale. La top 10 l’ha conquistata grazie alla fuga della tappa numero nove e l’ha consolidata man mano, affermandosi anche nella cronometro finale di Nizza.


Direzione Grandi Giri
Il 2025 è iniziato in maniera altrettanto solida. Con il Gran Camino Gee ha fatto sua la prima corsa a tappe della carriera. Non un parterre di prim’ordine, ma ha vinto appena arrivato in gruppo e questa non è cosa da poco. Il passo successivo è arrivato alla Tirreno-Adriatico, nella Corsa dei Due Mari ha mostrato a tutti le sue doti da cronoman. Sesto nella prova contro il tempo a Lido di Camaiore, a soli cinque secondi da Tiberi e otto secondi da Ayuso.
«Gran parte di questo cambiamento – racconta – è dovuto alla preparazione, alla maggiore attenzione per la classifica generale. Ovviamente devo ancora capire come raggiungere la forma migliore in determinati momenti».


Com’è andata la preparazione verso il Giro?
Sicuramente speravo che le gambe andassero un po’ meglio, soprattutto al Tour of the Alps. Non mi sono sentito male in bicicletta, mi è mancata solamente dell’intensità, che però è arrivata con il passare dei giorni. Il podio finale mi fa capire di aver lavorato bene.
Sei stato in ritiro prima?
Sono andato per la prima volta in carriera a Tenerife. E’ un posto bellissimo per andare in bicicletta. Mi avevano promesso un tempo soleggiato e invece ha piovuto più di quanto sperassi (dice con una risata, ndr). Ma a parte questo penso che il training camp sia andato bene.
Com’è vivere in cima al Teide?
E’ piuttosto desolato lassù, ma è davvero fantastico. Si sta bene. Prima andavo ugualmente in Spagna ma in altre parti, come Sierra Nevada.


La cosa che ha impressionato è la tua forza a cronometro.
Ci abbiamo lavorato molto, anzi moltissimo sia l’anno scorso al Tour de France e questo inverno. E credo che abbia dato i suoi frutti, ho fatto un buona prova sia al Gran Camino che alla Tirreno-Adriatico.
Pensi di essere pronto per vincere un Grande Giro?
E’ molto più importante essere attivi ogni giorno. Quando ho fatto la mia prima grande corsa a tappe due anni fa (il Giro d’Italia, ndr) puntavo alle tappe. Era molto meno stressante ed ero molto più concentrato su giornate specifiche. Mentre se guardi alla classifica finale non puoi prenderti un giorno di riposo, nemmeno in una tappa pianeggiante. Per vincere credo serva un altro step, è un processo lungo. Non si tratta solo di ottenere la giusta forma fisica, ma anche di fare esperienza e non commettere errori. Insomma migliorare fisicamente e tatticamente.


Negli anni passati cosa hai imparato per essere un corridore da classifica?
Tantissimo. Non pensavo di diventare un corridore da Grandi Giri a inizio carriera. Ho imparato tutto man mano, prima non sapevo nulla. Non sono entrato nel ciclismo con quell’obiettivo. La squadra mi ha aiutato tanto, soprattutto i miei compagni più esperti come Froome o Fuglsang. Ragazzi che hanno ottenuto risultati ai massimi livelli. Ho apprezzato ogni minimo consiglio e sento di stare ancora imparando.
Quali consigli hai chiesto?
Ci siamo parlati tanto lo scorso anno al Giro del Delfinato. Era la mia prima volta che lottavo concretamente per la classifica generale. Ho chiesto a Froome e Fuglsang ogni genere di domanda su come correre, in particolar modo tatticamente. All’inizio ero un po’ perso, ma sono molto fortunato ad avere questi ragazzi al mio fianco.


Arrivi dal Canada, come ti sei avvicinato al ciclismo?
Non è uno sport così famoso da noi. Tuttavia c’è un bacino di grandi appassionati e da quando sono professionista sento tanto il loro supporto quando torno a casa. Io vengo da Ottawa, che ha un’ottima scena ciclistica, ma nel complesso non è così grande.
Con quali gare ti sei appassionato?
Il Tour de France è l’unica corsa che ho seguito quando ero più giovane, ma è anche l’unica che conoscono in Canada. Nel 2012 Hesjedal ha vinto il Giro e il ciclismo canadese è apparso sulla mappa.