Al Giro d’Italia Women l’abbiamo vista un po’ diversa dal solito e fra poche ore riattaccherà il numero sulla schiena dopo un mese. A mezzogiorno di oggi scatta il Tour de France Femmes dove Erica Magnaldi cercherà di mettere in pratica un nuovo modo di approcciare le gare (in apertura con la nuova maglia).
La trentunenne dottoressa della UAE Team ADQ ha sempre disputato la Grande Boucle migliorando la propria classifica ed anche stavolta vorrà fare altrettanto. Magnaldi non è una sprovveduta, sa che non sarà semplice, però la versione di lei vista a luglio sulle strade italiane non pone limiti a buone prestazioni. Ecco cosa ci ha detto proprio alla vigilia del Tour.
Com’è stato l’avvicinamento?
E’ andato tutto bene. Dopo il Giro Women sono stata tre settimane in altura a Tignes assieme alle compagne con cui farò il Tour (Bertizzolo, Swinkels, Harvey e Holden, ndr) ed abbiamo fatto davvero un ritiro molto proficuo. Poi ho fatto qualche giorno a casa a Cuneo dove ho proseguito con gli allenamenti, nonostante il grande caldo.
Anche lo stesso Giro Women faceva parte della preparazione?
Diciamo di sì. Ad inizio stagione avevamo stabilito che il Tour sarebbe stato un obiettivo più concreto da perseguire, però poi bisognava vedere come andava al Giro. Infatti abbiamo dovuto rivedere in corsa i programmi. Dopo il quinto posto finale dell’anno scorso, mi sono resa conto che non avevo ancora la condizione per curare la generale. A quel punto ho preferito concentrarmi sulle tappe più adatte a me, alternandomi con Persico. E alla fine sono contenta perché ho trovato il modo di correre in maniera più aggressiva, abbastanza differente dal mio modo classico.
Nella frazione di Chieti sei stata protagonista chiudendo con un bel terzo posto che forse meritava qualcosa in più.
Quella è stata una bella giornata, nella quale mi sono sentita molto bene. Sì, forse ho un po’ di rammarico, ma riflettendoci sono soddisfatta. Nel finale ho capito che non potevamo guardarci troppo in faccia altrimenti saremmo state riprese. Così sull’ultima salita ho sempre tirato io con un’andatura alta. Poi sul viale d’arrivo hanno prevalso la freschezza e le caratteristiche veloci di Lippert che ha vinto. Ma l’ho detto subito, meglio arrivare terza che undicesima dopo essere stata tutto il giorno in fuga come era successo due giorni prima ad Urbino. Non volevo che si ripetesse.
Cosa hai appreso da quel giorno?
Sicuramente che sono capace di correre in modo diverso. Ho preso maggiore consapevolezza di tanti aspetti. Ad esempio che so vedere la corsa e centrare la fuga giusta. Poi vi confesso che mi è piaciuto molto correre in avanscoperta per giocarmi la tappa. E’ vero che è dispendioso, ma dipende da come ti approcci. Ho capito che devo provare a rischiare qualcosa in più del solito.
Quindi al Tour, tappe o classifica?
Se devo dare una risposta secca, dico classifica. L’obiettivo è quello di entrare nella top ten (diciottesima nel 2022, tredicesima e prima italiana l’anno scorso, ndr). Tuttavia con la squadra sono stata molto onesta. Vediamo quello che ragionevolmente posso fare. Curare la generale ti limita molto, però vorrei trovare il giusto compromesso di correre. Puntare alle tappe senza perdere di vista il piazzamento della classifica.
Ad oggi quanto ti senti vicina a questa soluzione?
Realisticamente so che non posso tenere in salita il passo di Vollering o Longo Borghini anche se non ci sarà, però mi sono resa conto che adesso posso anticipare i momenti decisivi nelle tappe più dure o più lunghe. Naturalmente poi dipende dalla condizione di ognuna di noi. Ora ci sono sempre più ragazze che possono competere per una top ten. Per farvi capire, al Giro Women sul primo passaggio sul Blockhaus, che abbiamo fatto forte, eravamo comunque in venticinque.
Chi possono essere le tue avversarie più dirette per la classifica?
A parte Vollering che è favorita, credo che molte di noi siano sullo stesso piano, come dicevo prima. Così, giusto per fare dei nomi, i primi che mi vengono in mente sono Niewiadoma, Muzic e Labous. Vedrete che loro saranno là davanti, ma la lista è certamente più lunga.
Come giudichi il tracciato del Tour Femmes?
Non è così semplice come qualcuno può pensare. E’ un percorso che presenta tanti ostacoli da non sottovalutare. Partiamo da Rotterdam e il vento che ci può essere a quelle latitudini non è proprio nelle mie corde. Le tappe olandesi e belghe sono sempre piene di insidie. Già in quelle non bisognerà perdere contatto.
Erica Magnaldi ha già messo un circolino su qualche tappa?
Guardando il percorso, devo dire che mi piace molto la settima, quella che arriva a Le Grand-Bornard. E’ una tappa di quasi 170 chilometri senza pianura che arriva dopo tanti giorni di fatica. Però anche il terzo giorno con la tappa di Liegi è particolarmente stuzzicante, anche se forse è ancora presto. E pure la sesta frazione è molto incline alle mie caratteristiche. Diciamo che le mie carte me le potrei giocare più verso la fine del Tour, ma è ovvio che se si presentasse un’occasione prima non mi tirerei certamente indietro.
A livello tattico che Tour potremmo vedere?
Sia il Giro Women che le Olimpiadi possono condizionare l’economia della gara. In realtà erano compatibili entrambi, ma le gare di Parigi potrebbero aver lasciato qualche scoria più mentale che fisica alle atlete che hanno partecipato. Vedremo come andrà, di sicura bisognerà stare molto attenti.