Dal podio di Roubaix, viaggio a ritroso alle origini di Borghesi

24.04.2025
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Settima ad Almeria, sesta al Fiandre, seconda alla Roubaix. La crescita di Letizia Borghesi è parsa inizialmente sorprendente, ma è bastato parlarle dopo la corsa del pavé e guardarla negli occhi per capire che di casuale probabilmente ci fosse molto poco. Una frase soprattutto ha continuato a risuonarci nella testa fino a ieri. Quando le chiedemmo se si sentisse un po’ fuori posto fra Lotte Kopecky e Lorena Wiebes, con grande serenità la trentina ci rispose di essersi sentita più spesso a disagio occupando posizioni inadeguate rispetto alle sue aspettative. Perciò abbiamo preso il telefono e chiamato Matteo Ferrari, il diesse che l’ha avuta giovanissima al Vaiano quando a 21 anni vinse una tappa al Giro d’Italia e nessuno quasi sapeva chi fosse.

«Stiamo preparando il viaggio per il GP Liberazione – spiega il tecnico dell’Aromitalia 3T Vaiano, 40 anni – anche se inizialmente abbiamo avuto paura che il programma di Roma venisse rivisto dopo la morte di Papa Francesco. Invece si svolgerà tutto come da programma, per cui finiamo di caricare e si parte».

Nel 2021, Letizia Borghesi si è laureata in Scienze Motorie (immagine Instagram)
Nel 2021, Letizia Borghesi si è laureata in Scienze Motorie (immagine Instagram)
Ti stupisce la frase di Letizia Borghesi?

In realtà no. E’ sempre stata una ragazza che lasciava intravedere una buona base. Nel 2019, il primo anno con noi, fece un settimo posto alla Freccia del Brabante, da sola alle spalle del gruppetto che si era giocato la corsa. Capimmo che ci fosse qualcosa su cui lavorare. Dalla sua parte ha sempre avuto una determinazione fuori dalla norma, una marcia in più. Fa fede più di quella della tappa vinta al Giro che, in tutta onestà, nacque anche da circostanze fortunate. Ma si vedeva che non ci pensava proprio a farsi battere.

Non fece in tempo a dare seguito a quei piazzamenti, dato che nel 2020 ci fu lo stop per il Covid.

Eppure ricordo che andò forte nella Strade Bianche che fu la corsa in cui si ripartì. Per cui capisco le sue parole. E negli ultimi due anni ha dato continuità ai risultati perché ha fatto le sue tappe. Anche se il secondo posto alla Roubaix è davvero tanta roba.

Hai parlato di grande determinazione…

A livello di carattere e dedizione, era concentrata sul ciclismo. Faceva già a 21 anni la vita da atleta al 100 per cento, che le ha permesso di sopperire qualche lacuna fisica che ormai è sparita grazie alla sua maturazione fisica.

Anche in maglia Vaiano, Letizia Borghesi ha sempre corso nel cross durante l’inverno (foto Billiani)
Anche in maglia Vaiano, Letizia Borghesi ha sempre corso nel cross durante l’inverno (foto Billiani)
Sembra molto riservata…

Ha bisogno dei suoi tempi per aprirsi. Il giorno del Fiandre eravamo in Belgio, ma non abbiamo corso. Così siamo andati a trovarla e si è visto che il rapporto con lei, sua sorella e la famiglia è ancora molto buono. Con i genitori non abbiamo mai avuto problemi, vivono il ciclismo nel modo giusto. Quello che le hanno trasmesso è l’amore per lo sport e la necessità di fare dei sacrifici.

Faceva ciclocross anche in quegli anni?

Sì, certo. Approfittava delle festività natalizie per trasferirsi in Belgio e fare le sue gare. Il nostro meccanico è stato ancora con lei lo scorso inverno per le gare che ha fatto, compreso il campionato italiano quando ha conquistato il podio.

Riassumendo, pensi che continuerà a migliorare sul fronte delle classiche?

Direi di sì. Letizia va forte con il freddo e la pioggia, anche se già da allora si lavorò tanto per andare bene con il caldo. Per cui la vedo bene ancora al Nord per le classiche più importanti, ma anche nelle tappe di qualche Giro in cui possa prendere una fuga e giocarsi la corsa.