Tre settimane di gare a tappe nel ciclismo femminile? Se ne può fare a meno sia ora che in futuro. Questo è il verdetto espresso da diverse atlete, prendendo spunto da quello che ci aveva detto Van Vleuten. Per l’olandese campionessa del mondo si arriverà certamente a disputare Tour Femmes, Giro Donne o Vuelta su venti giorni come per i maschi, mentre stando alla voce del gruppo al momento il format da dieci giorni sarebbe la soluzione ideale.
A margine dell’argomento c’è anche il tema legato alla crescente lunghezza delle tappe (al Tour ce ne sarà una da 177 chilometri), di alcune classiche o del mondiale. Un conto è l’eccezione, un altro invece sarebbe la regola perché cambierebbero tanti contesti. Andiamo a vedere quindi le motivazioni che hanno addotto Bertizzolo, Cecchini, Longo Borghini, Alzini, Barbieri e Cavalli. Noterete come le sei azzurre si trovino sulla stessa lunghezza d’onda.
Dieci giorni per Bertizzolo
«Penso che 10 tappe come succede al Giro – spiega la 25enne vicentina della UAE Team ADQ – sia un bel blocco per sviluppare le varie classifiche. Penso alle maglie che possono passare da un’atleta all’altra con un po’ di battaglia. Correre su due weekend, dal venerdì alla domenica della settimana successiva, con in mezzo il giorno di riposo, per me è la formula migliore.
«Bisogna considerare poi che noi ragazze corriamo in 6 mentre gli uomini in 8, quindi sarebbe più difficile gestire tutto. Nel 2018 avevo corso il Giro con quattro persone dello staff, l’anno scorso ce ne erano dodici. Per dire come fisiologicamente sia cambiato tutto in poco tempo».
«Sono d’accordo col concetto di Marta (Cavalli, ndr) – termina Bertizzolo – che ha detto di non copiare gli uomini. Non credo che il nostro movimento ci arriverà o che ne abbia bisogno. C’è anche l’aspetto televisivo.
«E’ vero che ora nel ciclismo maschile fenomeni assoluti come Pogacar, Van Aert o Van der Poel possono attaccare molto lontano dal traguardo, però lo spettatore medio guarda il ciclismo solo nel finale. E comunque il nostro è un modo di correre diverso dal loro. Teniamoci quindi le nostre gare come sono ora e la qualità che sappiamo esprimere in quei 130/150 chilometri».
Calendario fitto per Cecchini
«Il nostro calendario – commenta Elena Cecchini, classe ’92 della SD Worx dopo un lungo allenamento nei dintorni di Montecarlo – sta diventando sempre più fitto e sarebbe complicato gestire gare con una durata maggiore di quelle attuali. Penso alle atlete che dovrebbero raddoppiare. Uguale lo staff in ogni figura con, chiaramente, un impegno maggiore a livello economico da parte della squadra.
«Penso alla preparazione che già adesso è estremizzata. Agli organizzatori che andrebbero ulteriormente in difficoltà. Su VeloViewer, la piattaforma di Strava su cui noi guardiamo i dettagli come direzione del vento, curve, fondo stradale e altro, spesso non troviamo caricate in tempo utile le tracce gpx delle gare. Figurarsi con altre tappe in più».
«Magari – finisce Cecchini – avremo una gara a tappe da tre settimane, ma dovrebbero cambiare tante cose. Anch’io penso all’aspetto mediatico. Con noi appena ti colleghi sai che vedrai una bella gara. Ecco, magari mi piacerebbe vedere una Milano-Sanremo per donne. Non lunga come gli uomini, ma di 200 chilometri. Una gara che restasse unica nel calendario. Per il resto penso che corse di massimo quattro ore siano già più che sufficienti».
Le nuove classiche di Longo Borghini
«Personalmente penso che a livello fisico – ci dice la trentunenne scalatrice della Trek-Segafredo dal ritiro in altura sul Teide – saremmo in grado di sopportare tre settimane di gara, ma il nostro movimento non è ancora pronto. Adesso il ciclismo femminile è in una fase in cui le ragazze giovani stanno crescendo e gli investimenti stanno dando i loro frutti. Non dobbiamo bruciare le tappe di questo processo.
«La peculiarità del ciclismo femminile è essere scoppiettante. Avere una media di 120 chilometri sarebbe il massimo per vedere dello spettacolo. Aumentare la distanza e i giorni significherebbe sostenere allenamenti adeguati. Far incastrare tutto sarebbe assai complicato».
«Anche se non tocca a me dirlo – conclude Longo Borghini – andrebbe fatta un’analisi strategica di mercato e capire se ne valga la pena avere gare da tre settimane o corse con chilometraggi maggiori. Magari l’interesse potrebbe calare. Piuttosto proverei ad organizzare quelle classiche che mancano al nostro programma. Sapete il mio desiderio di vedere il Giro di Lombardia femminile. Sarebbe la gara dei miei sogni. E anch’io vedrei bene la Sanremo per noi, con tutte le proporzioni del caso».
Alzini e la spettacolarità
«Forse – racconta la 25enne della Cofidis – potrebbe essere un discorso generazionale considerando il pensiero di Van Vleuten e il parere di Luperini che propone gare a tappe di due settimane come ai suoi tempi. Io sono d’accordo con Marta quando dice di non scimmiottare gli uomini. Il ciclismo femminile è esaltante così com’è al giorno d’oggi. Anzi, mi sento di dire che la lunghezza di certe corse del WorldTour sia già al limite perché si rischierebbe di cadere nel noioso.
«Ritengo – chiude Alzini – che il pensiero generale sia questo. Se negli ultimi anni è aumentato il numero degli appassionati alle nostre gare è perché le abbiamo rese più spettacolari con azioni e tattiche ben definite. Oppure come i treni ben organizzati nelle volate. Noi ragazze ci stiamo impegnando tanto affinché il ciclismo femminile risulti interessante con il livello che c’è adesso. Che è alto e già particolarmente faticoso per mantenerlo tale».
Nessun cambiamento per Barbieri
«Forse sarò di parte – risponde al telefono dalla Catalogna la velocista della Liv Racing TeqFind – ma non amo fare troppi chilometri in bicicletta (sorride, ndr). Penso che dieci giorni o al massimo due settimane siano già un buon periodo per le gare a tappe. Andare oltre sarebbe esagerato. Così come penso che 130-140 chilometri siano già abbastanza per noi, visto che ci guardiamo poco in faccia».
«La gente – completa il suo pensiero Barbieri – si sta appassionando alle nostre gare e non dobbiamo stravolgere ancora. Credo che il pensiero di Annemiek sia molto singolare. Lei ha dimostrato che può fare la differenza in gare più corte e con pochissime tappe. E’ vero quello che dicono le mie colleghe. Il calendario è pieno, si allungherebbero alcuni momenti delicati come i massaggi. Servirebbero tante atlete in più. A livello economico non lo vedo sostenibile. Il nostro ciclismo ha fatto enormi progressi in poco tempo. Non dobbiamo farlo implodere su se stesso».
Più tappe per Cavalli
«Secondo me – spiega la 24enne cremonese in ritiro a Calpe con la sua Fdj-Suez – si arriverà ad aumentare il numero delle tappe perché il livello del ciclismo femminile si alzerà sempre di più. Pertanto sarà sempre più necessario avere più gare ed una preparazione sempre più importante per permettere alle atlete di emergere. Tuttavia non penso che avremo gare a tappe da tre settimane, che sarebbero troppe».
«Anche le tappe che hanno allungato il proprio chilometraggio – conclude il concetto Cavalli – sono cadute nell’immobilismo iniziale. Succede come negli uomini dove si fa una fase di studio molto più prolungata e poi la corsa esplode sempre più vicino al traguardo. Da una parte è un bene perché permette alle atlete più resistenti di emergere, ma contemporaneamente chi non ha queste doti è portata a risparmiare più energie possibili. Quindi la gara si ovatta senza nulla di eclatante. Quando più atlete saranno allo stesso livello su percorsi brevi, si andrà per forza su tracciati più lunghi».