Dall’iride alla gavetta, la strana storia di Alessia Missiaggia

02.09.2022
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Appena finito di parlare con Alessia Missiaggia, vai a rivedere la sua scheda e ti pare davvero incredibile aver appena interloquito con una ragazza di 23 anni, tale è la sua maturità ma soprattutto il suo vissuto sportivo. E’ giovanissima, eppure ha una storia che sembra lunghissima alle sue spalle. Una storia anche originale perché non ci sono nel mondo cicliste su strada che possono vantare un titolo mondiale di downhill, la specialità più spericolata della mountain bike.

Alessia viene da quel mondo, ma non è una novizia su strada. Aveva iniziato proprio da lì, poi era stata folgorata dal fascino della downhill, quel concentrato di adrenalina in pochissimi minuti nei quali ti giochi tutto e devi mettere a nudo tutto il tuo coraggio. Con quel pizzico d’incoscienza tipico dell’adolescenza la bolzanina si è buttata e in poco tempo ha dimostrato di avere talento da vendere.

Missiaggia Mendelspeck
Alessia Missiaggia è nata il 29 gennaio 1999 a Bolzano. Da quest’anno è al Team Mendelspeck
Missiaggia Mendelspeck
Alessia Missiaggia è nata il 29 gennaio 1999 a Bolzano. Da quest’anno è al Team Mendelspeck

L’arrivo da una dimensione parallela

Talmente tanto talento da arrivare al titolo mondiale junior, a vestire la maglia iridata che da tanti anni mancava in Italia. Era l’11 settembre 2016, a 17 anni Alessia era in cima al mondo. Ora, quando ne parla, sembrano tempi lontanissimi, di un’altra era: «Non rinnego il mio passato, ci mancherebbe e so che può sembrare strano essere qui provenendo quasi da una dimensione parallela. Non avrei mai pensato di arrivare a correre fra le elite su strada, invece eccomi qua».

Raccontaci questo clamoroso viaggio…

Fino alla categoria junior era andato tutto bene, ho continuato a cogliere podi in Coppa del Mondo e vittorie in Coppa Europa, ero approdata in un grande team multinazionale come la GT. Anche nella downhill, come su strada, non c’è una categoria di mezzo fra le junior e le elite e il passaggio di categoria è duro. Io comunque continuavo a migliorare, ho anche vinto in Coppa Europa fra le più grandi. Avevo iniziato bene anche la stagione 2020, poi è arrivato il Covid e si è rotto qualcosa…

Missiaggia iridata 2016
L’azzurra sul podio in Val di Sole. E’ il 2016 e l’Italia torna a vestire l’iride nella downhill (foto Michal Cerveny)
Missiaggia iridata 2016
L’azzurra sul podio in Val di Sole. E’ il 2016 e l’Italia torna a vestire l’iride nella downhill (foto Michal Cerveny)
Che cosa è successo?

Tutte le gare erano state annullate e rinviate almeno da settembre in poi. Ma quella mancanza di stimoli agonistici ha messo a nudo la mia crisi: non me la sentivo più di rischiare, era scattato qualcosa nella mia testa. Non avevo più interesse né motivazioni, mentre dall’altro lato il richiamo del ciclismo su strada ricominciava a farsi sentire, mi allenavo con più piacere. Ho trovato un team che ha creduto in me, i miei genitori sono pienamente coinvolti e mi sono vicino. E’ iniziata una seconda vita sportiva.

Tu venivi da un grande team. E’ stato, dal punto di vista economico, un passo indietro?

Non ci ho rimesso tantissimo. Bisogna capire che nella mtb l’organizzazione è molto minore. Io facevo sì parte di una multinazionale, ma dovevo gestirmi in proprio, organizzarmi le trasferte, arrangiarmi praticamente in tutto. Su strada non è così, il supporto del team è reale e completo anche se il Team Mendelspeck non è una formazione WorldTour e non ha un budget enorme. Considerando tutto questo posso garantire che non sarei rimasta neanche se alla GT mi avessero garantito uno stipendio altissimo.

Il titolo mondiale le portò l’ingaggio alla Gt, uno dei maggiori team di Mtb
Il titolo mondiale le portò l’ingaggio alla Gt, uno dei maggiori team di Mtb
Che cosa ti è rimasto di quell’esperienza?

Ora posso dire che non me la sentirei più di buttarmi come facevo prima, ma non posso negare che un pezzetto di cuore è rimasto lì. Sabato, appena finita la tappa del Giro di Toscana, mi sono collegata con il mio smartphone e mentre mangiavo in furgone mi sono rivista i mondiali di Les Gets.

Parliamo proprio del Giro di Toscana, dove finalmente si è cominciato a vedere qualcosa della Missiaggia stradista, con un 15° posto in una tappa…

Sapevo dall’inizio che ci sarebbe voluto tempo per arrivare, io ho cominciato praticamente da zero. Ogni uscita, ogni gara mi insegnano qualcosa, mi danno qualcosa in più, ma rispetto a chi corre da molti anni ho naturalmente un handicap da colmare. Quel piccolo risultato è stato per me molto importante, una spinta per andare avanti, ma era stato importantissimo anche partecipare al Giro d’Italia, andare in fuga alla terza tappa. Vedo che sto crescendo, poco alla volta.

Missiaggia Toscana
In fuga al Giro, piazzata in volata al Giro di Toscana, l’altoatesina prosegue la sua crescita
Missiaggia Toscana
In fuga al Giro, piazzata in volata al Giro di Toscana, l’altoatesina prosegue la sua crescita
Su strada chi è Alessia Missiaggia?

Una ragazza che deve ancora conoscersi. Sono in costruzione, mi muovo bene in gruppo, sono abbastanza veloce e in volata non ho paura, spesso provo ad andare in fuga. In salita per ora soffro, ma spero di migliorare anche lì.

Quando sei in discesa riassapori vecchie sensazioni?

Non è certamente la stessa cosa, ma quel che ho imparato nella downhill mi viene utile, soprattutto nella guida e nel colpo d’occhio. Spesso riesco a recuperare quel che magari ho perso salendo.

Qual è il tuo sogno riguardante la strada?

Vorrei partecipare alla Parigi-Roubaix, mi ha sempre affascinato e il fatto che ora possa essere aperta alle donne è grandioso. Diciamo che gareggiare sul pavé, per chi come me viene dall’offroad, sarebbe come la chiusura di un cerchio.