Alla Vuelta le imprese della Realini hanno fatto passare un po’ in sott’ordine, in chiave italiana, la prestazione di Erika Magnaldi. L’ex granfondista ha confermato la sua grande propensione per le corse a tappe, chiudendo all’ottavo posto dopo essere stata per tutta la settimana a diretto contatto con le migliori.
La sua prestazione assume maggior valore pensando che le cose sarebbero potute andare anche meglio, se la classifica della Magnaldi non fosse stata resa difficile dall’esordio.
«Nella cronosquadre – racconta la ragazza del Uae Team Adq – non siamo andate benissimo, siamo finite fuori dalle prime 10 e abbiamo accumulato un distacco superiore ai 40” che di fatto ha pesato non poco sulla classifica. E’ stato un peccato perché poi non abbiamo sbagliato nulla, siamo sempre rimaste all’avanguardia e la mia posizione finale lo dimostra».
Nella tappa dei ventagli che è costata un grande ritardo alla Realini, tu eri l’unica italiana nel primo gruppo…
Non è stata fortuna, sapevamo che sarebbe stata una tappa difficile e l’avevamo studiata alla vigilia, evidenziando i punti delicati in caso di vento. Ci sarebbe stata battaglia, era chiaro che i team principali si sarebbero fatti la guerra e dovevamo rimanere davanti. Non siamo rimaste sorprese al momento dei ventagli, tanto è vero che alla fine nel primo gruppo eravamo in 3. Devo dire grazie alla squadra perché io patisco molto il vento. Devo dire che quel giorno ho provato una grande soddisfazione.
Com’eri arrivata alla corsa a tappe spagnola?
Ero in una buona forma, ma non al massimo. La ripresa dall’operazione all’arteria iliaca a ottobre è stata lunga e difficile, i dottori mi hanno detto che prima di giugno non avrei potuto ottenere il 100 per cento dal mio rendimento, quindi la mia Vuelta è stata davvero buona e questo mi fa ben sperare per i prossimi impegni.
Che dovrebbero prevedere sia Giro che Tour…
Non è ancora ufficiale chi verrà portato alle altre grandi corse a tappe – specifica la Magnaldi – si aspetta di sapere nei particolari come sarà il percorso del Giro d’Italia donne. La cosa comunque non mi spaventa e non sarebbe per me la prima volta, so che le capacità di recupero sono una mia prerogativa.
A tal proposito molto si è discusso sull’anticipo della Vuelta in primavera. Tu sei d’accordo?
Secondo me è stata una buona scelta. Parlo anche per interessi personali, nella collocazione precedente c’era ancora troppo caldo e a me non piace molto, anche se anche questa volta qualche giornata simil estiva l’abbiamo trovata. Il problema è che la Vuelta si è andata a inserire in un mese molto denso, che prevede tante prove a tappe anche in Spagna e infatti non farò tutto. E’ una fase delicata, bisogna lavorare in funzione del Giro, per arrivarci al meglio.
La tua preparazione, proprio in virtù della tua operazione, è cambiata?
Non tanto, ma il lavoro è stato molto delicato soprattutto perché ho dovuto completamente cambiare la mia posizione in bici, per non sollecitare troppo la zona interessata dall’arteria. Sono cambiati gli angoli di spinta e ho dovuto fare molto lavoro muscolare. L’inverno è stato difficile, ho potuto allenarmi poco e per questo, prima del periodo delle Ardenne, siamo stati tre settimane e mezzo in altura dove ho accumulato quei lavori e quei chilometri che non avevo potuto fare nei mesi precedenti.
Chi ti allena?
Dario Giovine, il mio compagno, è il preparatore del Team Colpack e un triathleta ancora in attività, oltre a gestire la MenteCorpo Coaching che ha anche un team di mtb di primo piano. E’ stato bravissimo nello riuscire a tenermi a freno dopo l’operazione, io avrei subito ripreso a mille, mi ha fatto fare piccoli passi, facendomi capire che dalla pazienza sarebbero venuti i migliori risultati.
Il lavoro non dev’essere stato semplice dovendo cambiare l’impostazione della pedalata…
Avevo iniziato a farlo già prima dell’operazione, proprio in previsione di questa e devo dire grazie anche ai meccanici di Sport3D che mi hanno molto aiutato in questo. Su questo tema però vorrei dire qualcosa in più…
Prego…
Non è un caso se il 20 per cento dei ciclisti professionisti soffre per questa patologia. Io credo che si possa e si debba fare di più in tema di prevenzione prima di arrivare alla soluzione chirurgica. E’ un ambito non troppo conosciuto, ma ormai ci sono centri in Italia e all’estero che lavorano proprio su questo, per arrivare a una diagnosi precoce. Studiando approfonditamente l’influsso di ogni posizione sul corpo, sul lavoro delle varie parti fisiche si può prevenire il problema.
Tanti piazzamenti, anche quest’anno, ma sinceramente ti manca il sapore della vittoria?
Sì, l’annuso ormai da tempo ma ancora non sono riuscita a metterci le mani sopra. La costanza di rendimento è sempre stata un mio punto forte, ma per vincere serve sempre qualcosina in più e devo ancora trovarla. Io sono sempre più consapevole delle mie possibilità, devo ancora scalare quell’ultimo gradino, ma non manca molto.