E’ un periodo di novità importanti per Arianna Fidanza e si sa quanto possano fare bene per rilanciarsi. Testa e fisico devono andare di comune accordo per ottenere il massimo e lo sa bene la 29enne bergamasca che nell’arco di qualche giorno ha tagliato due nuovi traguardi. Prima il certificato di mental coach, poi la firma di un biennale alla Laboral Kutxa-Fondacion Euskadi.
Parlando con Arianna traspare tutta la sua soddisfazione. Le due stagioni con la Ceratizit-WNT hanno avuto un bilancio comunque positivo, ma lei sentiva il bisogno di ampliare la sua carriera di atleta con nuove motivazioni dopo un 2024 che le ha riservato più noie che gioie. Ora si sta godendo gli ultimi giorni di stacco, poi fra qualche settimana inizierà la nuova avventura con la formazione spagnola. Ci ha raccontato tutto.
Arianna sei diventata una mental coach qualificata. Da dove nasce questa volontà?
Alle superiori ho fatto il liceo socio-pedagogico e mi sono sempre piaciute le materie di scienze sociali. Mi sarebbe piaciuto studiare psicologia, ma per i tanti motivi legati alla mia attività non sono riuscita a fare l’università. Era da un po’ di tempo che volevo prendere questo diploma, poi ho deciso di farlo soprattutto dopo questa stagione in cui non ho passato bei momenti. Perché la testa aiuta. Lo sapevo e l’ho capito una volta di più.
Com’è stato il percorso per questo diploma?
Ho fatto un corso di 6 mesi sostenendo l’esame finale a Milano a fine ottobre. In questo periodo ho dovuto fare un tirocinio lavorando con tre persone. Era compito mio trovarle chiedendo la loro disponibilità di essere seguite da me. Con ognuna di esse abbiamo fatto cinque sessioni, facendo dei faccia a faccia e trattando tanti temi. Naturalmente mi è servito tutto per l’esame e conseguire la qualifica.
Ti sei creata un’opportunità in più per il futuro, giusto?
Esattamente. Mi piacerebbe un giorno poter aiutare gli altri, magari consigliando i giovani atleti portando la mia esperienza. Credo che sia importante per loro. A gennaio farò trent’anni e non penso di essere vecchia, ma da quando ero juniores io il ciclismo è cambiato tantissimo. In questi anni ho visto tante ragazze forti che hanno abbandonato perché non avevano quel necessario supporto mentale. Adesso la figura del mental coach è presente in ogni team professionistico e solo nelle squadre giovanili più attrezzate. Anche la Federciclismo è andata avanti molto con il suo ruolo.
Possiamo dire che è un bene che ci sia questa figura e dall’altra un male perché sono sempre più crescenti i problemi di stress creati dalla società in cui viviamo?
La vita di tutti i giorni purtroppo è sempre più frenetica. Siamo sempre sotto pressione per qualsiasi cosa, mentre nei ragazzi è sempre più frequente il deficit di attenzione. Sono tutti temi che per forza di cose dobbiamo affrontare. Dipende da persona a persona, ma credo che possa essere un bene il mental coach se una persona riesce a collaborare. Non è facile o scontato perché uno deve mettere a nudo le proprie debolezze. Ci vogliono pazienza e fiducia. Il discorso vale anche nel ciclismo tra atleta e mental coach. Possiamo dire che questo rapporto funziona se lo vediamo come risorsa anziché come impegno o forzatura.
Nel frattempo hai lasciato la Ceratizit e forse in tanti non se lo aspettavano. Come mai?
Ci sono dietro una serie di motivi, sia fisici che tecnici. Avevo iniziato il 2023 molto bene (vincendo subito ad Almeria, ndr), ma le tante cadute si sono fatte sentire col passare del tempo e quest’anno le ho pagate tutte, con valori molto bassi. Anche quest’anno ero partita bene, nel mentre in squadra erano cambiate tante cose e tanti equilibri. Per dire, andiamo via in otto ragazze, compresa mia sorella che ha accettato una bella offerta della Visma | Lease a Bike. Le difficoltà principali sono legate ai cambi di programmi e alla mia gestione. Col mio allenatore diventava difficile programmare un’altura o la preparare alcune gare. Ad esempio tra maggio e giugno ho fatto il blocco delle corse in Spagna che non sono adatte alle mie caratteristiche. Tuttavia ho sempre dato il meglio di me, impegnandomi al massimo. Ho scelto quindi di cambiare aria.
Ed è arrivata la Laboral. Com’è nato il contatto con loro?
Prima dell’estate mi sono sentita col diesse Ion Lazkano. Avevo più opzioni, ma loro mi sono piaciuti molto per l’approccio. Abbiamo fatto una videochiamata dove hanno manifestato l’interesse per me, confidando nel mio rilancio e nelle mie potenzialità. Prima di decidere ho sentito Ane Santesteban con cui ho corso nella Jayco e naturalmente tutte le italiane che corrono lì, anche la stessa Quagliotto che va alla Cofidis. Tutte mi hanno dato un riscontro positivo. Ad inizio ottobre ho avuto una nuova chiamata e abbiamo trovato l’accordo. Hanno un bel progetto, molto stimolante. Anzi vi anticipo già una risposta.
Quale?
In tanti mi hanno detto che scendo di categoria e so che magari in tanti non condividono questa mia scelta. Non penso assolutamente di fare un passo indietro perché la Laboral è una formazione ambiziosa. Quest’anno hanno corso anche il Tour Femmes da protagonista con Tonetti in maglia a pois. Vogliono diventare WorldTour, per il quale avevano fatto richiesta per quest’anno, ma intanto nel 2025 prenderanno la licenza Professional se passerà veramente la riforma dell’UCI. Come dicevo prima, ho scelto il loro progetto. E fra poco partiremo per un training camp di cinque giorni nei Paesi Baschi senza bici per conoscerci meglio.
Che obiettivi si è data Arianna Fidanza per il 2025?
Ho già cerchiato in rosso qualche gara del calendario, quelle con i percorsi mossi e inclini a me. Vorrei riprendere la costanza di prestazioni e risultati come qualche anno fa, ma soprattutto vorrei ritrovare la gioia di andare alle gare. Perché la testa e le motivazioni possono fare la differenza