L’Aquila e il Giro d’Italia. Ricordi e ferite. Oggi la corsa riparte da qui, dalla stessa città che nel 2005 salutò la splendida volata di Danilo Di Luca e che cinque anni più tardi, appena un anno dopo il terremoto, fu il teatro di una delle fughe più pazzesche della storia della corsa rosa. E proprio a quel giorno vogliamo riportarvi.
Schock a Montalcino
Il 19 maggio 2010 è un mercoledì. Il Giro d’Italia ha già alle spalle la tappa del fango a Montalcino vinta da Evans con Vinokourov in maglia rosa e l’arrivo di Terminillo, che ha consolidato il primato del kazako. L’11ª tappa parte da Lucera e arriva all’Aquila, con un profilo altimetrico che ricorda la frazione di ieri. Solo il finale non è in salita e forse per questo nessuno può immaginare lo sconquasso che sta per accadere.
«Nessuno lo pensava – sorride Alex Sans Vega, oggi direttore sportivo del Team Qhubeka Assos – ma ci si mise di mezzo un meteo pazzesco. Partimmo col sole, era una bella giornata. Io al tempo ero sull’ammiraglia del Team Cervélo, il nostro capitano era Carlos Sastre. Nel giorno di Montalcino avevamo perso troppo tempo, per cui il piano era di entrare nelle fughe per recuperare terreno».
Dopo la galleria
La salita dopo lo svincolo di Volturara Appula ha in cima una galleria. Mancano più di 200 chilometri al traguardo, è già partita una fuga e nel gruppo proprio Sastre racconterà di essersi accorto di una strana elettricità.
«La salita era lunga – ricorda Sans Vega – ma non era dura. Così i corridori entrarono nella galleria con il sole e quando uscirono dall’altra parte pioveva da matti. Dalla primavera all’inverno in un colpo solo. Il gruppo era già mezzo rotto, ma appena arrivarono di là dalla galleria, si fermarono quasi tutti per chiamare le ammiraglie e chiedere le mantelline. Noi non ci fermammo. Quando all’uscita del tunnel vidi che stava succedendo qualcosa di strano, dissi ai ragazzi di tirare dritto. Serviva tutta la squadra davanti e ci trovammo con Sastre, Xavi Tondo e inizialmente anche Gustov. Andammo avanti nel diluvio per 10 chilometri senza tirare il fiato. E quando arrivammo sui primi con l’ammiraglia per portargli le mantelline, la corsa era già spaccata. Vinokourov e tutta la Liquigas erano indietro anni luce…».
Blackout radio
Con i primi c’è anche Wiggins, che non ha ancora vinto il Tour (nella foto di apertura, il britannico ha a ruota Gustov). E il Team Cervelo fa un capolavoro. In più, la tecnologia si mette di mezzo. Con i corridori tutti intabarrati, fradici e coperti dalle mantelline, radio corsa non riesce a dare tempestivamente i numeri dei corridori che si vanno aggiungendo alla fuga.
«Per cui quando hanno detto chi c’era davanti – sorride lo spagnolo – era già tardi. Vinokourov, Basso ed Evans si misero a litigare per decidere chi avrebbe dovuto tirare. Ricordo che nella fuga c’erano dei loro compagni di squadra, che vennero fermati per aiutare. Ricordo che avevamo iniziato la tappa con Tondo a 6 minuti e Sastre a 10. La sera nell’hotel sul mare Adriatico, Tondo era risalito al 4° posto, mentre Sastre all’8°, con la maglia rosa sulle spalle di Richie Porte».
La terza ammiraglia
Oggi tutto questo non sarebbe possibile, perché proprio da allora le squadre analizzarono quanto accaduto e si inventarono di mandare ogni giorno un’ammiraglia in avanscoperta, che riferisse al gruppo le condizioni del vento e del meteo.
«Oggi questa situazione l’avremmo prevista – ammette il tecnico spagnolo – grazie alle ammiraglie e alle varie app che permettono di prevedere il meteo nel dettaglio, chilometro dopo chilometro. Però quelle zone sono adattissime per certe azioni. Nel 2019 facemmo una tappa simile, nella stessa zona, sempre con arrivo all’Aquila e vinse Pello Bilbao, lasciandosi indietro tutti gli uomini di classifica».
Basso taglia il traguardo a 12’45” nel gruppo degli uomini di classifica Evans, l’eroe di Montalcino, non sta bene, ha avuto tutto il giorno mal di stomaco
Un giorno pazzesco
Il commento di Sastre a fine tappe rende perfettamente la misura della giornata che lancerà lo spagnolo Arroyo – uno degli eroi dell’Aquila – verso il secondo posto finale, costringendo la Liquigas di Basso e Nibali agli straordinari sulle grandi montagne.
«E’ stato uno spettacolo impressionante – dice lo spagnolo – più di tremila metri di dislivello a 41 di media. Ho passato tutto il giorno a chiedermi cosa facessero dietro, ma non è un mio problema capire che cosa abbiano fatto. Quel che conta è aver scardinato una situazione che sembrava compromessa. E’ un Giro matto, domani potrei crollare io, ma ora preferisco non pensarci».
Quel Giro lo vincerà Ivan Basso, su Arroyo e Nibali. Quarto Scarponi, mentre Sastre finirà ottavo. Accadeva 11 anni fa. Oggi L’Aquila ha meno macerie e accoglie Egan Bernal in maglia rosa. va proprio riconosciuto: da queste parti il ciclismo non è mai stato banale.