La presenza di Giacomo Fantoni nel torneo olimpico di Bmx a Tokyo è l’ultimo capitolo di una storia frastagliata, quella dell’Italia in una specialità che finora non è mai riuscita veramente ad attecchire da noi. Eppure i trascorsi sono lontani ed anzi gli inizi erano stati molto promettenti: il Trofeo Topolino attirava sempre grandi numeri di ragazzini appassionati delle due ruote, molti di loro hanno sviluppato proprio grazie alla kermesse intitolata al personaggio Disney la propria passione ciclistica, che poi ha preso altre strade. E’ il caso ad esempio di Gianluca Bonanomi, uno dei primissimi campioni del mondo della specialità.
Il corridore lombardo, oggi 53enne direttore commerciale di Merida Italia, prese spunto dal Bmx per sviluppare la sua carriera: «Ricordo che le finali si disputavano al Motor Show di Bologna, davanti a tantissimi spettatori. Erano gli inizi degli anni Ottanta, poi passai al motocross, ma mi ruppi il ginocchio e ripresi a pedalare. La passione per le specialità adrenaliniche però non mi aveva lasciato, così mi dedicai alla downhill». Con grande profitto, considerando che vanta 5 titoli italiani e un bronzo europeo.
La mancanza delle grandi città
Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti, ma la Bmx ha faticato a ritrovare quei fasti una volta che l’iniziativa del Trofeo Topolino è venuta meno: «L’Italia paga la scarsità di impianti, racchiusi tutti nel Nord Italia, ma soprattutto il fatto che non ci siano impianti nelle grandi città. E’ questo il vero controsenso: si spendono cifre astronomiche per riempire le città di stadi di calcio, possibile che non si trovino spazi e fondi per gli impianti di Bmx che non occupano così tanto spazio?».
Bonanomi, che gestisce l’impianto di Garlate («Abbiamo avuto il via libera per i fondi regionali per ampliare la pista e portare la partenza a 8 metri come per le principali gare internazionali») ha indirizzato anche i suoi figli Andrea e Riccardo verso la Bmx, da cui poi sono “emigrati” verso la downhill: «Io dico che il futuro della Bmx è comunque roseo, dietro Fantoni abbiamo 4-5 ragazzi che sono ai vertici internazionali nelle categorie giovanili, se lavoreranno bene, già a Parigi 2024 avremo delle soddisfazioni».
De Vecchi, il primo olimpico italiano di Bmx
Se si parla di Bmx in Italia non si può prescindere da Manuel De Vecchi, l’uomo che rappresentò l’Italia agli esordi della specialità alle Olimpiadi, a Pechino nel 2008 e lo fece anche in maniera importante, arrivando alle semifinali e non finendo lontano dall’ingresso nei fantastici 8. De Vecchi, presente anche nel 2012 a Londra, chiuse proprio con la seconda presenza olimpica la sua carriera: «Il bello è che già dall’anno dopo lo sviluppo della struttura italiana fu deciso, con un impianto stabile a Verona invidiatoci in tutto il mondo».
Anche De Vecchi, che oggi continua a lavorare alla sua azienda di famiglia LS-Logistica Sanitaria («veniamo da mesi terribili, di lavoro duro e psicologicamente molto sofferto») pensa che finalmente qualcosa si stia muovendo anche a livello culturale: «Abbiamo bisogno di un numero maggiore di impianti per richiamare le famiglie: per i ragazzi pedalare in Bmx è molto più sicuro che andare su strada e si possono avere risultati importanti. Io grazie al Bmx ho girato tutto il mondo…».
Ora comanda l’Europa
Rispetto ai suoi tempi, la geografia della specialità è cambiata? «Relativamente: l’epicentro ormai si è spostato in Europa dove Francia e Olanda sono le scuole di riferimento, ma l’attività principale, il “business” è sempre negli Usa. La presenza di Fantoni a Tokyo è comunque importantissima, la dimostrazione che anche in Italia si possono fare le cose per bene».
Che cosa rappresenta gareggiare alle Olimpiadi? «E’ qualcosa di unico, io neanche lo speravo perché quando iniziai la mia attività non si pensava nemmeno che la Bmx entrasse nel programma olimpico. Essere nello stesso Villaggio con tutti i campioni sportivi è qualcosa che ricorderò sempre. Mi sono sentito profondamente italiano, con gli altri atleti che tifavano per me, un’esperienza unica».
Anche i figli di De Vecchi fanno Bmx, «ma non li alleno io perché sono sempre stato contrario ai genitori che interferiscono. E poi mio figlio non mi ascolta… Però cresce bene e se vorrà continuare avrà il mio appoggio».