ALTEA (Spagna) – Il secondo posto alla Arctic Race of Norway brucia ancora. Sarebbe bastato che nell’ultima tappa la squadra avesse lavorato per lui e con l’abbuono il corridore bresciano si sarebbe portato a casa la classifica. Sarebbe stata la ciliegina sulla torta dopo i piazzamenti e la vittoria di Gazzoli. Invece Scaroni è finito sesto, con la netta sensazione tuttavia che qualcosa non abbia funzionato.
«Sicuramente ho voltato pagina – racconta Christian – ma quell’episodio mi ha fatto scattare il clic nella testa. L’anno prossimo, come dice Mazzoleni, vedremo uno “Scaro 2.0”. Quella corsa fa parte del passato, peccato non averla vinta».
Comincia il secondo anno nel WorldTour, a che punto siamo?
Il percorso di crescita sta andando bene. Ora manca soltanto vincere. Quest’anno ho raccolto tanti piazzamenti, probabilmente troppi. Cerchiamo di aggiustare la mira per il prossimo anno.
Che cosa ti è mancato?
Sicuramente un piccolo gradino. Mi sono trovato spesso a giocarmi le corse in gruppetti ristretti, ma per svariati motivi non ce l’ho fatta. Così ora stiamo lavorando sullo spunto veloce, senza però perdere i valori in salita. Questa è sempre stata la mia paura, però sto facendo un buon lavoro e fra poco parlerà la strada.
In che modo si migliora in volata?
Lavorando sulla forza esplosiva. Abbiamo inserito più palestra rispetto allo scorso anno. E poi, tramite il potenziometro, che utilizziamo per verificare se ci sono miglioramenti, abbiamo visto che ho fatto dei passi avanti. Certamente in gara ci saranno tantissime variabili, ma il lavoro che stiamo facendo dà frutti positivi e in salita non ho perso niente.
Solo palestra?
Soprattutto palestra, poi lavori in bici. Parecchie partenze da fermo oppure lanciate. Seduto oppure in piedi. Abbiamo variato molto, ma sempre pensando alla forza esplosiva. Invece per tenere in salita, si fa tanta… salita. Quindi le Sfr e poi i lavori di soglia molto prima del solito, dato che inizio dall’Australia. In realtà l’ho saputo abbastanza tardi. Ero in vacanza, sono rientrato il 12 novembre e ho iniziato subito ad andare in bici. Magari sono un pelo in ritardo e all’inizio mancherà qualcosa, ma la stagione non finisce in Australia.
Hai fatto qualche volata con Cavendish, giusto per prendere qualche misura?
No, per fortuna Mark per tutto il ritiro è uscito in un altro gruppo (ride, ndr), altrimenti mi avrebbe fatto passare la voglia di fare volate. Ne ho fatta una con Lutsenko, che è veloce e ha la volata lunghissima. Nei primi 100 metri siamo stati affiancati e dopo mi ha sverniciato. Ora ci ridiamo sopra, però ci sono stati dei miglioramenti. Sono motivato, quando faccio le volate con corridori più forti di me, non parto battuto.
Che cosa possiamo aspettarci da questo “Scaro 2.0”?
Oltre che sugli sprint, stiamo lavorare anche sull’aspetto mentale. Parliamo molto e i direttori sportivi mi hanno detto che devo imparare ad assumermi di più le responsabilità, a essere più cattivo. Quest’anno mi sono accorto che in qualche frangente mi è mancata la cattiveria per essere più egoista e questo mi ha fatto perdere delle corse. Abbiamo capito che sono un buon corridore, ma devo provare a fare qualcosa di più. Non voglio essere ricordato come uno che fa solo piazzamenti.
Non sei un po’ troppo drastico?
No, voglio salire il gradino che manca, altrimenti sarò un incompiuto per tutta la carriera. E visto che adesso mi sto avvicinando agli anni più importanti in cui la maturazione fisica arriverà al massimo (l’anno prossimo ne avrò 27), voglio raccogliere qualcosa di importante.
Pensi che lo stop della Gazprom ti abbia tolto qualcosa?
Fisicamente no, mentalmente sì. Non dimenticherò mai i momenti passati insieme. Sento spesso Renat (Khamidouline, il team manager della Gazprom-RusVelo, ndr) che ancora adesso mi spiega il punto della causa con l’UCI. Per cui fisicamente ho voltato pagina, mentalmente tutti i corridori, lo staff e la parte dirigenziale sono parte della forza che riesco a ricavare ogni giorno. Da una storia negativa ho tratto qualcosa di positivo, quindi guardo avanti, ma non dimentico.
Programmi per il nuovo anno?
Farò il Giro d’Italia: dei tre è quello più freddo e a me il caldo non piace. Per cui debutterò in Australia, poi Algarve, Parigi-Nizza e un ritiro in altura. Quindi le classiche delle Ardenne e il Giro d’Italia. E’ un programma bello e impegnativo, corse facili non ce ne sono, però la squadra ha bisogno di corridori per le prove WorldTour e io non mi tiro indietro. E’ la mia occasione, se riesco a piazzare una vittoria, potrò dire di aver salito il gradino.
Tutta la pressione che ti metti è un peso da gestire?
Sono un po’ di anni che convivo con la pressione e diciamo che non l’ho mai sentita più di tanto. A volte anche Mazzoleni e Martinelli percepiscono che non sono tranquillo, però a 26 anni devo imparare a conviverci. Anche perché l’anno prossimo avrò un ruolo abbastanza importante, quindi se non imparo a gestirla adesso, quando ci riesco più?
Ti sei spiegato che cosa non abbia funzionato in Norvegia?
Ho smesso di pensarci, ci ho messo un po’, ma preferisco pensare che sia stata un’incomprensione. In gruppo ci sono tanti corridori, ma non tutti sono uguali. Però ragazzi, davvero preferisco non parlarne più.