I fiori di Valdobbiadene, Filippo li ha regalati a sua madre. Niente di strano. Chi lo ha ascoltato bene, da Imola a Palermo, lo ha sentito dedicare ogni vittoria alla famiglia. Quei fiori Daniela li ha ancora tra le braccia e li stringe come si fa con un bambino. La tappa di Piancavallo è partita da pochi minuti. I genitori di Ganna sono venuti al via per salutare il figlio e ora riprenderanno la via di casa, dove la figlia Carlotta si è fermata per studiare e badare ai cani di famiglia.
Cento all’ora
Daniela sorride sotto la mascherina. Ci incontrammo per la prima volta da loro, a Vignone, dopo il primo mondiale dell’inseguimento e il ricordo del calore di casa è ancora vivo.
«Siamo molto legati come famiglia – conferma – quindi a me emoziona molto questa cosa. Vedere come lui vuole bene a sua sorella, il rapporto che hanno loro due… Dico che abbiamo lavorato bene noi genitori».
Ma le mamme si preoccupano. E se abbiamo tremato noi vedendo Pippo scendere da Monreale a velocità folle sulla bici da crono, figurarsi lei. Che lo sottolinea con una risata argentina.
«Ho maledetto il cronista che diceva che stava andando a cento all’ora. Mi dicevo: non pensate alle mamme preoccupate per i loro figlioli? Ogni gara la vivo un po’ in ansia. Penso che per ogni mamma il ciclismo sia un bellissimo sport, con i suoi rischi, però non mi sono ancora abituata all’ansia e alla paura. Cerco di conviverci. Vedo Filippo sereno, convinto ed entusiasta di quello che fa e automaticamente anche io lo divento».
Il sogno Sky
Lo disse Filippo per primo: la squadra dei suoi sogni sarebbe stata la Sky. Poi passò alla Uae, ma il momento in cui Lombardi gli procurò un posto con Brailsford viene ancora festeggiato.
«E’ cresciuto tantissimo – ora è suo padre che parla – soprattutto da quando ha cambiato squadra. Lui ha bisogno di tranquillità. Con Villa è arrivato ai vertici della pista e qua con Cioni, che gli permette di lavorare senza pressione, è diventato grande. Ha inciso tantissimo anche la crono al mondiale dell’anno scorso, perché ha preso molta consapevolezza dei suoi mezzi. Quest’anno ha sempre lavorato bene e i risultati si vedono».
Fiducia al top
Marco Ganna è andato alle Olimpiadi di Los Angeles con la canoa. E’ lui che spesso segue il figlio negli allenamenti e lo ha visto crescere.
«Prima del mondiale era tranquillo – dice – anche se arrivava da una crono favolosa come quella della Tirreno, dopo sei giorni a tirare per Thomas. Questo vuol dire che è cresciuto di testa. Sentirgli dedicare le vittorie alla famiglia è stato un’emozione e un orgoglio. Ci conosci, siamo molto uniti. Quando è partito per il Giro mai avremmo pensato, essendo la prima volta, che vincesse tre tappe. Per ora. Anche quando è partito per il mondiale… Io che lo seguo in allenamento lo vedevo che era migliorato nei suoi tempi, sulle nostre salite e sui nostri strappi, ma fra migliorare e vincere un mondiale ce ne passa».
L’arrivo in salita
E poi c’è il giorno Camigliatello Silano. Quello in cui il gigante vince in salita, aprendo la porta sul seguito di una carriera che potrebbe essere ancor più inatteso.
«Tutti dicevano che in quella fuga lavorava per Puccio – dice – e ho pensato: sì, perfetto, va bene. Poi quando c’è stato lo strappo più duro e mancavano ancora un po’ di chilometri, ho detto: fa una gara come quando era allievo o juniores, non guarda in faccia nessuno. E dopo i due scatti di Carrettero, gli hanno fatto girare le scatole. Ha messo la testa bassa e ha cominciato a menare. A quel punto ho pensato che sarebbe arrivato. L’hanno inquadrato in faccia, l’ho visto che stava bene, aveva una bella faccia».
Dire se avrà un futuro nelle corse a tappe è qualcosa che forse non vale neppure la pena indagare.
«Se lui cresce – dice – nessuno sa dove potrà arrivare. Se anche non diventerà uno da grandi Giri, si toglierà delle grosse soddisfazioni tra cronometro e classiche. Ricordiamoci che quest’anno sulla Cipressa, dopo quasi 300 chilometri, ha scollinato per secondo.
Ora i Ganna ripartono. Il viaggio fino a Vignone è lungo, ma l’ultima battuta è per la mamma.
«Già da un po’ vive ad Ascona – dice – che però è vicina. Se vogliamo vederlo, prendiamo la macchina e andiamo. Di una cosa potete essere certi: non si libererà molto facilmente della sua famiglia».