Del Pellizotti corridore si è sempre detto un gran bene, eppure fra un po’ il buon nome del Pellizotti direttore sportivo potrebbe prendere il sopravvento. Un fatto di sensazioni, parole spese fra corridori, un fatto forse di affinità. Del resto se hai corso fino a poco tempo prima, hai ancora tutto nella testa ed è più semplice entrare in empatia con i ragazzi che devi guidare.
Da Lecce a Valencia
Franco è appena rientrato dal ritiro spagnolo del Team Bahrain Victorious, rimarrà a casa per qualche giorno, cambierà la valigia e partirà di nuovo per la Vuelta Valenciana (3-7 febbraio). Nel suo inizio di 2021 c’è stato anche il lungo viaggio fino a Lecce, per i tricolori di ciclocross in cui sua figlia Giorgia ha conquistato il podio fra le esordienti.
«Siamo andati giù col furgone – sorride Pellizotti – facendo tappa a Porto Sant’Elpidio per l’ultima tappa del Giro d’Italia ciclocross. Giorgia faceva già mountain bike. Quest’anno è passata fra gli esordienti e potendo fare il campionato italiano, non ha voluto rinunciarci. E’ stato un lungo viaggio, nove ore di autostrada, anche se noi del ciclismo abbiamo una diversa percezione delle ore al volante. Abbiamo aspettato che corresse anche un’allieva della squadra e siamo ripartiti».
Provi a descrivere il ciclismo che vedi intorno a te?
Non c’è più il gruppo di prima, ci sono tanti filtri, probabilmente troppi. E questo si ripercuote anche nel vivere delle squadre. Si perdono corridori ancora giovani, perché è diventato uno sport che richiede tanto soprattutto psicologicamente. A volte sembra che gli atleti siano numeri, da sfruttare e poi lasciare indietro.
Perché si parla così bene del Pellizotti direttore?
Mi comporto come mi piaceva che si comportassero con me e come di fatto si sono comportati, perché ho avuto sempre direttori in gamba. Tutti i filtri di cui dicevamo e il fatto che al centro di tutto sia stata messa la performance fa dimenticare che la cosa più importante è il dialogo con i ragazzi. E’ il modo che conosco per tirare fuori da loro il meglio, non solo sul piano del rendimento sportivo. Un ragazzo può avere problemi personali, a casa, con la moglie. Ma se non gli diamo importanza, se non gli si permette di parlarne, alla fine lui si tiene tutto dentro e poi sbotta. A volte di questi aspetti parlo con Tosatto…
Perché proprio con Toso?
Perché più o meno siamo della stessa generazione. Ci confrontiamo sul fatto che abbiamo corso in un ciclismo all’antica che iniziava ad affacciarsi sulla modernità. E questo fa la differenza. Nelle squadre ci sono i coach che li portano perfetti alle gare. Il diesse allora non deve limitarsi a fare la tattica, ma deve andare nelle camere a parlare di ciclismo e anche di altro. E se alla fine in corsa fanno quello che gli dici, è perché si fidano. Devi creare empatia ed è questo il bello. Qui da noi si riesce a farlo molto bene, quest’anno anche di più. Abbiamo un dialogo che va anche oltre l’aspetto sportivo.
Quest’anno di più: che cosa significa?
Con Rod Ellingworth l’anno scorso ci siamo dati una linea veramente eccezionale, ma forse veniva a mancare il rapporto umano. Alla Ineos c’è tanto personale e qui non si poteva pretendere di fare lo stesso. Mi trovavo bene con Rod, abbiamo parlato tanto e mi è servito per crescere. E’ sempre sul pezzo, non gli sfugge niente. Alla base dei successi del gruppo Ineos c’è proprio quel tipo di approccio. Quest’anno, pur avendo mantenuto la sua linea di organizzazione, siamo tornati a un livello un po’ più… romantico.
Come va il giovane Milan?
Da noi non ci sono gruppi di atleti con un direttore di riferimento, ma io lavorerò con lui nelle prime corse, a partire dalla Valenciana assieme a Poels, Haig e Mohoric… gente esperta. Gli è stato assegnato Paolo Artuso come preparatore, che è in contatto con Villa. Lo vedo bene. In ritiro avevamo diviso la squadra in tre gruppi in base all’attività che faranno e lui era nel gruppo uno, quello della Valenciana. Si è mosso bene, quasi fosse con loro da sempre. Conoscendo i friulani, pensavo fosse più chiuso, ma forse frequentando il mondo della pista, ha vissuto situazioni importanti e si è aperto. L’ho visto anche andando ai tricolori di cross, che mi hanno stupito. I corridori stanno tutti insieme, sempre a contatto e imparano a gestire la tensione.
La preoccupazione di Bressan, che lo ha avuto al Ct Friuli, è che sia troppo giovane per passare.
Jonathan me l’ha detto. Diciamo che si è inserito benissimo e ha numeri impressionanti. Ma tornando ai discorsi iniziali, mi sono accorto di qualche sfumatura su cui lavorare. Abbiamo fatto un test a crono, con il traffico aperto e quasi tutte le curve a destra, per evitare problemi. Ma a un certo punto a lui è uscito un camion, che l’ha costretto a rallentare. Dovevate vedere quanto era arrabbiato per non aver vinto la prova.
Un’altra volta era in salita con Pello Bilbao, Poels, Mohoric e Theuns, che l’hanno staccato. Anche lì l’ha presa male, tanto che ho dovuto parlargli. «Johnny – gli ho detto – non sei più fra i dilettanti! Quelli che ti hanno staccato sono uno che ha fatto 5° al Giro, uno che distruggeva il gruppo del Tour tirando per Froome, un altro che è arrivato quarto alla Liegi e Theuns che ha vinto alla Planche des belles Filles. Devi capire che qui il livello è molto più alto di te». Per contro, tuttavia…
Per contro?
Se siamo bravi a incanalarle, questa euforia e la sua voglia di fare sono il segno della mentalità vincente. Ma stiamo cercando anche di fargli capire che deve fare un passo alla volta. Alla Valenciana ci sarà la crono e così pure allo Uae Tour. Per lui saranno test per capire su cosa lavorare.
Al Giro tutti per Landa, compresi Caruso e Colbrelli?
Italiani e spagnoli hanno la stessa mentalità, a differenza di italiani e inglesi. Loro tre si sono trovati bene, sono andati in ritiro alle Canarie e dopo il bel Tour del 2020, si è deciso di puntare su Giro. In Francia ci saranno due crono piatte, in cui Mikel sarebbe troppo svantaggiato.
Lo vedi come un vero leader?
Ognuno lo è a suo modo. E’ un ragazzo veramente eccezionale e se uno come Caruso decide spontaneamente di aiutarlo, vuol dire che gli ha riconosciuto un valore oggettivo.
Sempre in attesa di capire come sarà fatto il Giro…
In effetti non deve essere facile organizzare e qualcosa ci è stato indicato, ma per le squadre così non è facile impostare la stagione dei leader. Febbraio è tanto avanti, la preparazione è iniziata. Noi partiamo dal Giro, che sarà duro. Siamo già al lavoro.