DENIA (Spagna) – E’ sufficiente osservarlo muoversi tra i bus o nelle sale dell’hotel, parlare con i tecnici, confrontarsi con i compagni. Nel ritiro invernale della Lidl-Trek a Denia, Mads Pedersen è un leader naturale, riconosciuto e seguito, e come tale si comporta. Non alza mai la voce, ma ogni gesto trasmette direzione. Lo staff lo ascolta, i corridori lo seguono. E’ uno di quei “super motori” del ciclismo moderno, capaci di stare al vertice in epoche diverse, adattandosi a un contesto che cambia in continuazione (in apertura foto Lidl-Trek).
A 30 anni appena compiuti, il danese ha già vinto un mondiale, tappe e maglie nei Grandi Giri, classiche di primo piano, ma non ancora una Monumento. Sembra incredibile, ma è così… Corridore straniero sì, ma amato anche in Italia. Il suo status è cresciuto enormemente dopo l’ultimo Giro d’Italia, corso da protagonista assoluto: quattro vittorie di tappa, maglia rosa il primo giorno e maglia ciclamino portata fino a Roma. Un leader, dentro e fuori dalla corsa.


Prima le classiche…
E’ parlando delle classiche che Pedersen accende davvero lo sguardo. «Quest’anno voglio una Monumento». Il 2026, nei suoi pensieri, ruota attorno a quel blocco di gare che da sempre definiscono la carriera di un corridore come lui. Sanremo, Fiandre, Roubaix sono un progetto complessivo. E la squadra è totalmente con lui e per lui ai fini di questo obiettivo.
«Sono convinto – dice Mads – che il margine di miglioramento esista ancora, anche a questi livelli. Si parla spesso di quel famoso “uno o due per cento” che può fare la differenza tra arrivare sul podio e vincere una Monumento. Sono disposto anche a rinunciare a qualcosa, anche ad una parte della velocità nello sprint puro, pur di diventare un corridore ancora più completo. Con i rivali che ci sono adesso… devi per forza cambiare qualcosa, alzare il livello».
Cambiare qualcosa significa anche lavorare sui materiali. Non solo Pogacar è già andato in avanscoperta sulle pietre della Roubaix, anche la Lidl-Trek non è stata ferma. «Abbiamo lavorato molto sugli pneumatici – ha detto Pedersen – testando anche un sistema per regolare le pressioni. Ma è un sistema che potremmo anche non usare se si rivelasse una cavolata». Il danese non ha usato il termine cavolata, ma vi assicuriamo che ha reso bene il concetto!


I grandi rivali
Il confronto con i dominatori di questa epoca è inevitabile. Pedersen sembra quasi un “Matthews 2.0“. Anche l’australiano è un talento formidabile, ha una costanza fuori dal comune ed è competitivo su tanti terreni, ma nel suo cammino si è ritrovato: prima Gilbert, poi il miglior Sagan, quindi il miglior Alaphilippe e ora Pogacar. Per Pedersen da una parte c’è Tadej Pogacar, e come trasforma il modo di correre anche le classiche più veloci come la Sanremo, e dall’altra Mathieu Van der Poel, con lui è un vero scontro tra chi ha più watt. Pedersen li rispetta, li studia, ma non li subisce.
«Hanno più talento di me, è vero – va avanti Pedersen – ma resto dell’idea che si possono battere. Nessuno è imbattibile. Provare a vincere queste gare è il motivo per cui sono qui, per cui la squadra mi paga. Alla Roubaix, la corsa dei miei sogni, la loro rivalità può diventare un vantaggio tattico per gli altri, ma gare di questo tipo non sono mai scritte in anticipo. Ci sono milioni di variabili, imprevisti e avversari di altissimo livello come Wout Van Aert o Filippo Ganna, non solo Mathieu o Tadej.
«Un po’ meglio alla Sanremo: la sensazione è di avere le carte giuste. Mi dovrò adattare alle varie situazioni tattiche. Per esempio so che devo migliorare nello sforzo da 10 minuti, quello che è richiesto per fare la Cipressa. Quando ho visto cosa ha fatto Filippo Ganna l’anno scorso, ho pensato che posso farlo anch’io. Se non credessi di potercela fare, perché dovrebbe crederlo la Lidl-Trek?».


Il patto con Milan
Ma il 2026 per Pedersen sarà anche l’anno del Tour de France e un altro obiettivo dichiarato: la maglia verde. L’ex iridato non lo nasconde e lo dice con grande lucidità. Nei Grandi Giri, però, nulla è semplice quando in squadra ci sono altri corridori di altissimo livello che più o meno vogliono le tue stesse cose. Il riferimento, inevitabile, è a Jonathan Milan.
«Con Milan – dice il danese – abbiamo fatto un patto. Quest’anno sarò io a tornare in Francia e lui al Giro. Jonathan è un vero talento. Lui sì che è un vero sprinter, io faccio fatica a battere gente come Merlier o Philipsen. In più – breve pausa – lui è andato, giustamente, al Tour con un treno…». E qui sembra filtrare un velo polemico. Magari è stata solo una nostra sensazione…
Chiaro che con Ayuso che punta alla generale, il progetto maglia verde potrebbe rivelarsi più complicato del previsto. Non è detto che Mads possa avere degli uomini che possano aiutarlo, mentre Milan quest’anno aveva appunto un team tutto per sé. Tuttavia Pedersen ha accettato la cosa e ne è ben consapevole. Ricordiamoci che due anni fa si mise a disposizione di Ciccone per aiutarlo nella conquista della maglia a pois. Questo per dire che lui un certo spirito di squadra ce l’ha e si aspetta altrettanto.
In tal senso ha parlato molto del giovane Mathias Vacek, gregario di lusso anche in ottica futura, e dell’amico e connazionale Soren Kragh Andersen, il quale ad un collega danese ha detto che si sente più pronto ad aiutare Mads nelle classiche e nelle frazioni ondulate, che negli sprint di gruppo. E un altro danese è arrivato alla sua corte: Mattias Norsgaard, fortemente voluto proprio da Pedersen.


La squadra e l’arrivo di Ayuso
Mads Pedersen leader dicevamo in apertura. E’ molto interessante quel che ci ha detto il capo dei coach della Lidl-Trek, Josu Larrazabal: «In tanti anni, ne abbiamo avuti di leader e grandi capitani e posso dire che Pedersen è uno di loro. Nel mini ritiro che abbiamo fatto in Germania qualche settimana fa, Mads è stato il primo ad accogliere Juan Ayuso. Lo ha letteralmente preso sottobraccio. Un gesto simbolico, che racconta più di tante parole. Pedersen non ha paura dei talenti forti, anzi li vuole al suo fianco. Sa che una squadra cresce solo se i leader si assumono la responsabilità di integrare, non di dividere».
Parole sacrosante quelle del tecnico basco, ma perché non si rivelino un boomerang serve un leader con personalità e carisma. E queste qualità ormai Pedersen le ha. Gli sono riconosciute. «In Lidl-Trek ormai ci sono grandi visioni – ancora Mads – grandi sogni, grandi obiettivi con Ayuso possiamo vincere i Grandi Giri e abbiamo uomini per gli sprint, per le classiche, le corse a tappe più brevi. Siamo completi. Ayuso è un talento che ci potrà dare tanto».
L’arrivo di corridori esperti come Mattias Norsgaard serve a dare solidità immediata, mentre giovani come Vacek rappresentano il futuro, da guidare e proteggere. «Se devo vincere quelle corse – conclude Mads – devo avere vicino gente che quelle corse le conosce, che ha esperienza e questo non potevamo chiederlo a Vacek».