ALTEA (Spagna) – Andrea Pasqualon scherza sull’eta che avanza. «Quattordici stagioni da pro’: ormai tutti mi dicono che sono vecchio! Forse anche per questo mi piace il sole della Spagna». Il bordo piscina dell’Hotel Cap Negret, dove è in ritiro la Bahrain-Victorious, è un invito al relax, alla siesta.
In effetti il tepore è gradevole. Parlare di ciclismo con i campioni è un piacere. E probabilmente lo è anche per loro. Allenamenti non troppo tirati, gare lontane, clima easy… gli ingredienti per raccontare e farsi raccontare ci sono tutti.
Ma quindi sei vecchio?
Gli anni passano però, e dico la verità, mi sento più tranquillo ora che in passato. Forse perché sono talmente abituato a questa vita che la pressione non la sento più e questa credo sia una grande cosa. Partire senza pressioni appunto, senza assilli o senza dover dimostrare nulla ritengo sia un bel vantaggio, qualcosa che possa fare la differenza.
Anche se sei arrivato solo lo scorso anno, sei un riferimento per la squadra. Prendiamo, per esempio, il traguardo volante del Polonia, che ha consentito a Mohoric di portarsi a casa la corsa. Sappiamo che hai gestito te quel treno e tutta la situazione…
Eh, me lo ricordo anche io! Ho saltato un mondiale per quella volata, pensate un po’. Forse Bennati è ancora un po’ arrabbiato con me per la decisione di restare al Polonia. Però alla fine quando si fa parte di un team e si decide che la priorità deve essere quella, è giusto aver fatto una scelta del genere. E di conseguenza io ho accettato quella di Bennati di mettermi riserva. Certo, ho un po’ di rammarico, perché il mondiale mi sarebbe piaciuto correrlo, ma è andata così. Benna voleva che arrivassi al mondiale fresco come una rosa per dare il massimo e, giustamente, anche lui avrà pensato che facendo tutto il Polonia fossi spremuto. Giusto così dunque: sia da una parte che dall’altra.
Hai toccato il tasto della nazionale. Il percorso olimpico è buono per te, ci pensi?
E parecchio. Vi dico la verità: l’ho guardato più volte, anche se solo su Veloviewer per ora. Ho osservato questi strappi sparsi qua e là. E’ un percorso bello, per corridori da classiche. Ma per esserci bisogna dimostrare di andar forte. Io penso che un corridore come me, se riesce a fare una primavera fatta bene con Fiandre, Roubaix, Sanremo può sognare di partecipare alle prossime Olimpiadi. E’ una corsa per corridori come Ganna. Pippo dovrà essere il punto di riferimento. Bisognerà costruire una squadra, che poi squadra non è perché ci saranno solo tre uomini, ma dovranno essere tre ragazzi uniti e tutti molto forti.
Tre leader?
No, tre corridori uniti al massimo per una persona sola. E’ inutile portare tre leader, bisogna avere un leader e due uomini che sanno veramente sacrificarsi al massimo per portare a casa il massimo risultato possibile.
Avevi un ruolo particolare, quello di guidare Milan nella volate. Ora Jonathan se ne è andato. Avrai più spazio?
E chi lo sa! Mi è dispiaciuto che Jonny sia andato via, perché avevo lavorato molto con lui e sono sicuro che insieme avremo ancora costruito qualcosa di importante. Ma questa è stata la sua scelta e non ci possiamo fare nulla. Vedremo se avrò più spazio, probabilmente sì. Però il mio compito è proprio quello di prendere per mano i giovani e portarli ad uno scalino superiore. In questo periodo, per esempio, sono molto vicino a Dusan Rajovic, giovane talentuoso. Credo che messo a punto qualcosa di testa, sia molto forte. Ha un bel futuro. Per far crescere i giovani ci servono anche gli esperti, come possiamo essere io o Damiano (Caruso, ndr). E si è visto al Giro: un buon giovane affiancato da un esperto può fare grandi cose.
I quattro secondi posti di Milan al Giro, potevano essere due vittorie e due poi, insomma…
Esatto, poi magari per ottenere ancora di più bisognava impostare un’altra squadra. Una squadra su di lui, ma noi volevamo anche far classifica con Caruso, quindi era difficile portare anche qualche altra persona per il treno. Capisco le scelte di Vladimir (Miholjević, ndr). E infatti abbiamo portato a casa la maglia ciclamino, una vittoria, un quarto posto nella generale, con Damiano che è stato il primo degli umani) e anche la classifica a squadre.
Torniamo a parlare di te. Pasqualon è ancora un velocista, ammesso che tu ti sia mai sentito un velocista?
Bella domanda. Mi sto ancora scoprendo. Negli ultimi anni mi sono sentito più che altro uomo da classiche. Sulle lunghe distanze riesco a dare il meglio di me. Sono un uomo da corse dure, in cui si arriva col gruppetto ristretto. Un velocista puro non mi sento di dirlo. Stiamo parlando di gente che ormai sviluppa 2.000 watt, tanti ne servono per vincere le volate di gruppo. E io i 2.000 watt nelle gambe non li ho. Peso 70 chili, ma questo mi consente di sopravvivere in salita. Di restare attaccato quando ne restano 50 o forse anche 40.
E lo sprinter da 2.000 watt lì non ci resta…
Appunto. Io però nel finale di una Sanremo ci sono, come abbiamo visto quest’anno del resto. Sono stato il primo a prendere il Poggio. Dovevo essere lì: al punto giusto nel momento giusto. E, credetemi, non è facile. Altri 150 corridori vogliono essere lì in quel momento. Però con le giuste tempistiche, con la giusta esperienza ce l’ho fatta. Ma ci sono voluti anni per arrivare a questo. Ora però sono contento. Mi sono ricavato anche io un ruolo in questo ciclismo di altissimo livello.
Andrea, hai fatto e rifatto praticamente tutte le gare che offre il calendario mondiale. Ebbene, qual è la corsa o la tappa perfetta per te? E perché?
La corsa che più mi si addice è la Omloop Het Nieuwsblad – replica secco Pasqualon – perché siamo a inizio anno. E’ l’apertura del calendario belga e a me il Belgio è sempre piaciuto.
Ci hai anche corso parecchio, ai tempi della Intermarché…
Quelle corse lassù negli ultimi anni le ho sempre fatte. La Het Nieuwsblad in particolare mi piace perché c’è un po’ di tutto: il pavé, gli strappi, strade e stradine, e soprattutto perché c’è questo arrivo che tira, in cui non si sa mai chi vince. E’ la prima dell’anno, nessuno conosce i valori in campo. C’è grande incertezza sul risultato. Serve una volata di grande potenza, ma al tempo stesso di resistenza. E poi, ragazzi, c’è il Muur… una salita simbolo.
Descrizione perfetta, che sia che sia di buon auspicio per il 2024…
Speriamo!