Alessandro Covi sta vivendo la sua personale corsa nella corsa, per riallacciare il filo col corridore capace di domare il Fedaia e non quello che negli ultimi due anni ha avuto ogni genere di problema fisico. Per questo, aver corso con Hirschi e Wellens in occasione delle loro ultime vittorie e aver fatto la sua parte per il risultato di squadra è l’indicazione che le cose si stanno allineando per il verso giusto. Correre in una squadra forte come il UAE Team Emirates impone delle regole di buon senso, come quella di mettersi a disposizione dei tanti campioni presenti, in attesa di essere in grado semmai di dire la propria.
«Le ultime tre gare che ho fatto – dice da casa dei genitori a Taino – le abbiamo vinte con Hirschi e Wellens e contribuire è sempre bello. Adesso sono qui a casa e domattina (oggi, ndr) partiamo con i mezzi della squadra per le corse italiane. Si comincia domenica a Larciano e poi le facciamo tutte. Non so se potrò provare a fare risultato per me, questo è da vedere. Però la condizione sembrerebbe che stia crescendo dopo tutti i problemi che ho avuto. Finalmente ho fatto due mesi giusti, quindi tocco ferro. E magari se dimostro di andare bene, può arrivare un’occasione anche per me».
Pensavi meglio?
Pensavo meno rogne. Più che altro dopo l’anno scorso, che è stata un’annata davvero difficile per la mononucleosi, mi aspettavo che il peggio fosse passato. Invece probabilmente non ero pronto per ripartire oppure per altri motivi che non so, il mio fisico non ha retto e sono venuti fuori dei problemi ai tendini, che sono stati la rogna più grande. Mi sono portato dietro il dolore per due mesi. Risolti quelli, sono venuti fuori due problemini che fanno parte della vita di ogni corridore. Il Covid, che ormai ce l’hanno tutti. E poi sono caduto e ho preso una botta alla testa con tanto di trauma cranico. Sono cose che succedono, anche se avrei preferito farne a meno.
Anche per te nessun Grande Giro quest’anno per l’idea di fare punti in giro per il mondo?
Se l’idea era far punti anche con me, è andata male, perché non ne ho. Però alla fine la salute conta tanto e soprattutto in una squadra così forte mi sono ritrovato tante volte a lavorare e anche giustamente. Con tutti i campioni che ci sono e che ti assicurano la vittoria, mettersi a disposizione è giusto. Io non potrei fare come loro, a questi livelli finalizzare il lavoro della squadra è una grande responsabilità: non stiamo parlando di gare juniores. Siamo nel professionismo e penso che alcune scelte da professionista siano anche queste. Alla squadra interessa il massimo risultato, non il decimo posto che eventualmente potrei garantire io adesso. Per vincere devo essere al 110 per cento, per cui se ho dei problemi, è meglio che mi metta a disposizione e dia tutto per cercare di far vincere un mio compagno.
Intanto però la vittoria manca dal Giro del 2022: è una sensazione pesante?
Alla fine è una cosa talmente lontana, che adesso penso più a sistemare me stesso che alla vittoria o ai risultati. Magari l’anno scorso ho cominciato pensando di vincere, ma con un virus così era impossibile e magari ho sofferto tanto. Ci andavo vicino, ma non riuscivo a vincere. Quindi l’obiettivo è sistemare me stesso, poi se arriva la vittoria è un bel plus. Sarebbe la fine di un incubo, ma sarà possibile soltanto recuperando la salute e di conseguenza le motivazioni.
La squadra si va rimescolando, vanno via Hirschi e va via anche Ulissi, che effetto fa?
Alla fine di italiani in squadra siamo sempre meno e Diego, sin da quando sono arrivato, era il faro della squadra e soprattutto del gruppo italiano. In tutte le gare importanti che ho fatto, c’è sempre stato presente lui. Penso che me ne renderò conto dal prossimo anno. Ieri eravamo assieme in bici quindi non lo vedo ancora come un ex compagno di squadra. Sono certo che il prossimo anno sarà strano.
Si dice tanto che i giovani fanno sempre più fatica ad ascoltare i consigli dei più esperti. Tu non sei più giovanissimo, pensi di aver ascoltato quel che diceva Ulissi?
Io penso che ogni persona debba imparare ad ascoltare e poi agire come si sente di farlo. E’ importante sapere ascoltare e prendere qualcosa dalle persone giuste. Diego secondo me è una persona da cui si può imparare e mi ha fatto piacere ascoltare i suoi insegnamenti e prendere qualcosa anche da lui.
Quanto è importante allenarsi anche ogni giorno con campioni come Pogacar?
Diciamo che gli allenamenti sono tutti personalizzati, quindi probabilmente se io uscissi tutti i giorni con Tadej, avrei un effetto opposto, perché abbiamo dei valori completamente differenti. Per me sarebbe come fare un Grande Giro lungo un anno intero. Però sicuramente, vivendo a Monaco, capita che usciamo fra i compagni di squadra. Capita spesso di vedere Tadej oppure Wellens e sicuramente così si crea anche il gruppo. Proprio allenandomi con Tim, ho capito quanto ci tenesse al Renewi Tour e ho dato il 110 per cento perché potesse vincerlo.
C’è un obiettivo ragionevole che ti sei dato per questo finale di stagione?
Non un risultato preciso, voglio migliorare, continuare senza grossi problemi e fare un bel finale di stagione. Magari se arriva l’occasione, riesco a coglierla bene. Però non voglio stare lì a inseguire un risultato, che poi magari non viene e ci rimango male. Penso a migliorare me stesso e aiutare la squadra quando c’è da aiutare. Perciò adesso si comincia da Larciano e poi seguo tutto il programma italiano fino al Gran Piemonte. Poi, finita la stagione, devo operarmi al naso e quindi dovrò decidere con la squadra quando fare questa operazione.
Giusto per non farsi mancare niente?
Ho scoperto di doverlo fare quando sono caduto e ho picchiato la testa e il dottore mi ha detto che dovrò operarmi al naso. Lo ruppi quando ero piccolo, quindi sono abituato da sempre a respirare così. Se non fossi caduto e non avessi picchiato la testa, non lo avrei saputo neanche. Chissà, magari con il naso stappato, andrò davvero più forte?