Per un ex pro’ non è mai facile ridisegnare la propria vita una volta scesi dalla bici da strada, su cui si è passata gran parte del proprio tempo tra sacrifici e successi. Diego Rosa lo avevamo lasciato nel 2022 conscio che la sua carriera da stradista sarebbe finita per dare inizio a quella da biker. Lo abbiamo ritrovato sette mesi dopo campione italiano nella specialità marathon.
Un risultato importante che ripaga una scelta voluta, ma forse un po’ anticipata. Il tricolore sul petto e il nono posto conquistato una settimana fa ai mondiali di Glasgow (foto FCI in apertura), però hanno il sapore di rivincita e sono una molla per continuare a pedalare fuoristrada proprio come agli inizi della sua carriera.
Diego, sei campione italiano marathon. Riavvolgiamo il nastro e raccontaci come sta andando questa “prima” stagione offroad…
A inizio anno ho fatto Gran Fondo e assaggiato alcune gare a tappe, per prendere un po’ confidenza con con gli avversari che poi avrei trovato alle marathon. Tante gare che mi servivano per fare esperienza. Sono partito meglio di quello che mi sarei aspettato. Sono arrivato nella seconda metà senza essermi ancora rotto nessun osso, quindi il bilancio è più che positivo (ride, ndr), già solo quello mi bastava, non mi sarei aspettato niente.
Tutto liscio quindi?
Nella prima parte della stagione ho vinto una Gran Fondo, ho visto che più o meno ero sempre davanti, però mancavano un po’ i confronti nelle gare internazionali. Ecco invece che nella seconda parte di stagione, sono arrivati. Sportivamente diciamo che la seconda parte invece è stata anche un po’ dolce/amara, è iniziata con la Coppa del mondo ed ero andato in altura a prepararmi per quel blocco di gare compreso l’europeo e la Hero. Però a Finale mi sono rotto due costole e all’europeo ho bucato, ma in ogni caso non ero nelle migliori condizioni. Poi ho fatto una bella gara all’italiano e un bel mondiale. Morale alto, visto che mi rivedo davanti e son contento di dove sono adesso.
A livello di ritmo è stato facile oppure difficile entrare nell’ottica di queste gare marathon, venendo da stagioni su strada?
In realtà la parte dove pensavo di patire di più era la partenza e la prima parte di gara. Però già nelle Gran Fondo e nelle prime gare dell’anno avevo visto che grandi problemi in partenza non ne avevo. Sui percorsi più brevi, più da crosscountristi fatico di più. Invece in quei percorsi dove serve più il fondo posso dire la mia. Ho visto che nel finale di gara riesco sempre ad avere qualcosa di più anche se il mio punto debole rimangono le salite brevi.
La bici da strada l’hai appesa al chiodo o ti alleni ancora sulle ruote strette?
La uso tantissimo, faccio blocchi da due o tre giorni di lavoro e su ogni blocco di lavoro esco una volta sola in MTB. Alterno periodi in cui uso di più la mountain a momenti in cui la uso un po’ di meno, dipende anche un po’ dalla logistica. Adesso per esempio sono al mare e sono venuto giù con la MTB. Quindi diciamo 70% strada e 30% mountain bike.
Una percentuale a dir poco sbilanciata…
So di non essere tanto abituato quando esco con la mountain e quindi vado a sovraccaricare e ad avere dei dolorini dappertutto. Sono un po’ costretto ogni tanto ad alternarla di più perchè la parte alta è stata ferma per anni.
Dal punto di vista tecnico invece ci avevi detto che dovevi un po’ ritornare a conoscere quello che è questa nuova generazione di mountain bike, settaggi e dettagli. Come ti stai trovando?
Ma sicuramente molto bene, da novembre ad oggi ho già cambiato tre bici. Sono passato dalla Specialized Epic da 100, a quella da 120 e adesso uso la World Cup, quindi ho avuto anche la possibilità di capire le diversità fra una bici e l’altra. Le 120 ti permettono molto di più, sono molto più stabili. Adesso con la World Cup probabilmente mi diverto di più, è un po’ uno stile di guida che torna al vecchio “frontino”, una via di mezzo. Sinceramente avessi dovuto fare questo passaggio alla mountain bike con le bici che utilizzavo 10 anni fa, sarebbe stato tutto molto, molto più complicato. Abbiamo corso un mondiale su un percorso davvero tecnico, con tanto fango. Le mie capacità di guida non sono di quel livello, però ho finito il mondiale, non sono caduto e non ho bucato, sicuramente la bici mi ha aiutato tantissimo.
E invece dal punto di vista della squadra come ti stai trovando?
Benissimo. Siamo una squadra di ex corridori su strada. La Taddei Factory Team ora, con me e Riccardo Chiarini, prima c’erano Failli e Casagrande, ha sempre avuto una certa mentalità. Andiamo a correre tutti per uno. Io a inizio stagione mi son messo a disposizione di Failli e Chiaro in diverse corse e adesso loro sapevano che quando sarebbe arrivato il mio turno mi avrebbero aiutato come all’italiano. Ci piace correre da squadra e mi trovo davvero bene. Loro hanno fatto lo stesso passaggio, mi aiutano con consigli che hanno già provato sulla loro pelle. E poi il modo di correre è quello un po’ da stradisti.
Arrivando al risultato dell’italiano. Cosa vuol dire per te? È un po’ una conferma di questa scelta…
Sì, è stata una rivincita che mi ripaga degli sforzi fatti e delle decisioni. Dire alla famiglia che smetti di correre e poi ti ritrovi ad andare via, in altura e alle gare tutti i fine settimana non è facile. La maglia tricolore l’ho inseguita per anni, sono molto contento di indossarla. E’ una di quelle maglie che tutte le domeniche ricordi a tutti e a te stesso che hai vinto quella gara. Ha un sapore speciale.
Per chiudere il il mondiale, questo nono posto che cosa ti ha dimostrato?
Questo mondiale ha avuto due facce. Nella prima parte ho perso quattro minuti. Era un percorso molto tecnico e soprattutto c’erano discese difficili che finivano prima dei tratti di pianura, quindi io perdevo in discesa e poi rimanevo al vento. La seconda parte era più da pedalare con discese più scorrevoli e nelle ultime due ore ho perso solo 20 secondi dal vincitore. Quindi son più contento di quello. Nella seconda parte ho pedalato più forte di chi ha vinto ma in discesa ho perso. So che c’è ancora margine. Guardo sempre il bicchiere mezzo pieno.
E adesso come si sviluppa la tua stagione?
Adesso sono al mare qualche giorno con la famiglia, perché se lo meritano assolutamente e anch’io ne ho bisogno. E poi tornerò a correre alla Kronplatz, poi la Mythos e due prove di coppa del mondo.
Hai messo una data al finale di stagione?
Non lo sappiamo ancora, abbiamo preparato, le trasferte in Francia per la Coppa del Mondo e in America e poi dopo da lì vedremo. Poi avendo la maglia da campione Italiano, più si corre meglio è, bisogna sfoggiarla (ride,ndr).